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Se questo esempio, o esperimento sociale (lo si chiami come si voglia) condotto a Torino ha portato ad un rischio del genere, ovvio come qualcuno debba risponderne e pagarne la responsabilità. Perché tale esperimento non poteva, e non doveva, essere portato avanti senza avvertirne preventivamente i tifosi granata, che avevano il diritto di sapere tutto sulle intenzioni di forze dell’ordine e società Torino Calcio, quest’ultima con maggiore responsabilità. Perché, a differenza delle forze dell’ordine, dovrebbe ritenere i suoi tifosi come parte integrante del proprio progetto sportivo. Dovrebbe considerare lo “Stadio Olimpico Grande Torino” come la casa di tutti i tifosi del Toro, un luogo dove ci si ritrova, in tutta sicurezza, a contribuire al sostegno della squadra del cuore e a rinvigorire la memoria granata. Invece qualcuno(Cairo o chi?) ha deciso come questa casa possa essere frequentata anche da non “familiari” per dare il via ad un esempio positivo di convivenza pacifica tra tifoserie di fede opposta. Siamo, ancora una volta, davanti a qualcosa calata dall’alto da non si sa quale giudizio o potere, e in spregio a qualsiasi opinione o sentimento espresso dai tifosi. I quali potevano, e potrebbero, anche non essere d’accordo di ritrovarsi con tifosi avversari nello stesso settore dello stadio. E’ incredibile, da parte delle autorità sportive e politiche, come si tenti continuamente di ridurre lo sport del calcio ad un semplice fenomeno di spettacolo. E’ suicida, culturalmente e socialmente, aver fatto imboccare al calcio la via della decontestualizzazione dai propri valori costitutivi.
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Il calcio è dei tifosi, che non sono spettatori o clienti (intendi Andrea Agnelli?), ma bensì proprietari eterni del marchio e delle gesta della loro squadra del cuore. Sono i tifosi, e solo loro, a dover scegliere ciò che deve avvenire o non deve avvenire a casa loro. Ovviamente nel rispetto di tutte le leggi vigenti. Ma in Italia ormai è difficile veramente capire cosa i “padroni del vapore” vogliano realmente. Hanno voluto l’euro, senza preparare con adeguate riforme il Paese a subirne le conseguenze epocali a livello socio/economico, così come allo stesso modo hanno voluto una “Serie A” a modello mercantile inglese, senza aver imposto ai club un modello di libero mercato atto a far funzionare il calcio veramente come un’industria dello spettacolo. E la confusione regna sovrana, senza una visione progettuale degna della storia del calcio italiano.
Forse bisognerebbe abbracciare il modello tedesco, che vede i tifosi coinvolti, attraverso l’azionariato popolare, direttamente nella vita dei loro club. Il Bayern di Monaco, certamente non l’ultima squadra del mondo, ha più di centocinquantamila soci a decidere le sorti del club dalle giovanili alla prima squadra. Soci che hanno dato vita a strutture logistiche al servizio non solo dei tifosi, ma della città di Monaco. E questa è la condizione della quasi totalità dei club tedeschi. Senza il consenso dei tifosi, nessun esperimento sociale potrebbe essere condotto all’interno dell’Allianz Arena. Questo perché uno stato, e il suo potere politico e istituzionale, non può fare tutto, altrimenti si arriverebbe nella condizione di vivere in uno “stato etico”. Condizione tristemente già ben conosciuta in passato dai tedeschi. Una qualche reazione sarebbe dovuta arrivare dalla Federcalcio ma, al solito, Gabriele Gravina ha brillato per latitanza. La Federcalcio avrebbe dovuto almeno ricordare come un esperimento sociale dovrebbe avere anche un aspetto culturale, e quindi partire dalle scuole. Sono state fatte molte ipotesi sugli accadimenti di Torino-Inter, qualcuno è arrivato persino a teorizzare che si siano voluti creare presupposti per gli scontri tra ultras, per espellere dalla “Curva Primavera” i “Torino Hooligans”.
Ma al netto di queste ipotesi, credo che la società Torino Calcio abbia molto da farsi perdonare dai suoi tifosi, perché ciò che è accaduto in “Curva Primavera” è intollerabile. Consiglierei a Cairo e ai suoi collaboratori di ripartire, nel ricucire il “sentiment” con i tifosi, dal Filadelfia. In quello straordinario luogo c’è tutto quel che ci deve essere per tornare a costruire la visione granata del mondo. I tifosi, però, decidano anche di prendere in mano il loro destino chiedendo giustizia e accertamento di responsabilità. Tutti i tifosi lo decidano, (perché a Torino sono rimaste vittime anche i tifosi interisti “normali”). Prendano esempio dai francesi, che hanno bloccato Parigi per svariati giorni, per protestare contro l’innalzamento dell’età pensionabile. In quei giorni hanno rinunciato a tutto, trasporti e carburante compresi, e alla fine hanno fatto ritirare al loro governo il provvedimento. Ricordando a tutti i noi come i numeri, compresi quelli dei fatturati, siano nati per essere al servizio degli uomini, e non il contrario. In questa differenza, c’è tutto il mistero e il significato del mondo. Che è di tutti noi, nessuno escluso.
(ha collaborato Carmelo Pennisi)
Anthony Weatherhill, originario di Manchester e nipote dello storico coach Matt Busby, si occupa da tempo di politica sportiva. E’ il vero ideatore della Tessera del Tifoso, poi arrivata in Italia sulla base di tutt’altri presupposti e intendimenti.
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