Il Tema

Boniperti, la storia del derby di Torino: fiero ma ammirato avversario degli Invincibili

Gianluca Sartori

Da giocatore fu degno avversario del Grande Torino, da presidente è stato il deus ex machina di quella Juventus che negli anni Settanta contendeva il trono del calcio italiano al Torino di Gigi Radice

“Il derby - aveva spiegato Giampiero Boniperti - mi consuma, amo troppo la Juve e ho così rispetto della Juve che non può essere altrimenti”. Con la scomparsa a quasi 93 anni di età del “presidentissimo” della Juventus se ne va un pezzo importante della storia del calcio torinese e dei derby. Boniperti è infatti stato un protagonista indiscusso della stracittadina torinese in tempi in cui tra Juventus e Torino non c’era lo squilibrio di oggi. Da giocatore fu degno avversario del Grande Torino, da presidente è stato il deus ex machina di quella Juventus che negli anni Settanta contendeva il trono del calcio italiano al Torino di Gigi Radice.

Boniperti, nonostante la sua marcatissima juventinità, è stato molto rispettato anche dalla sponda granata della città perché lui era il primo a rispettare il Torino, simbolo di una rivalità acerrima ma sempre incanalata nell’alveo del calcio più sano e più bello. La sua arcinota frase “Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta”, che è da tanti anni presa come motto bianconero, è quanto di più distante ci sia dalla filosofia del cosiddetto tremendismo granata, che pone l’accento più sul modo con cui si combatte che sul risultato raggiunto. E non c’è nulla di cui Boniperti fu più orgoglioso dei suoi 13 gol nel derby della Mole. Però Boniperti si è sempre guadagnato il rispetto della tifoseria granata per i comportamenti integerrimi e per come testimoniò l’epopea del Grande Torino, che lui visse da fiero ma ammirato avversario. “Lascerei da parte ogni retorica, campanilismo e rivalità - doveva Boniperti parlando degli Invincibili -. Il Grande Torino era una grandissima squadra. Io, quando giocavo nelle riserve della Juventus, spesso andavo a vederlo allo stadio perché era uno spettacolo eccezionale. Aveva un complesso di giocatori fenomenale che, secondo me, sarebbero stati grandissimi perfino oggi. Sì, oggi. Perché erano talmente formidabili che si sarebbero adattati a qualsiasi sistema o metodo di gioco. Erano un gruppo unito, un gruppo di amici che nella loro unione trovavano ulteriore forza. Io ho avuto modo di frequentare tanto alcuni di loro, il famoso Trio Nizza, ovvero Martelli, Bacigalupo e Rigamonti ai quali ero molto legato. Sì, sarebbero fortissimi anche oggi, lo dico con l’esperienza dei miei tanti anni di calcio. E Mazzola era l’anima di quella squadra, l’anima grande di un complesso grande. Era potente, di classe, aveva un grandissimo temperamento”. Il rispetto che Boniperti provava per quei fortissimi avversari fu testimoniato anche dal fatto che vestì la maglia del Torino Simbolo nell’amichevole giocata allo stadio Comunale di Torino il 26 maggio 1949 contro il River Plate. Quella partita fu organizzata per devolvere il ricavato della vendita dei biglietti alle famiglie dei campioni. Ecco perché Boniperti non è mai stato, per il Torino, un semplice avversario.