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Guida consapevole per arrivare vivi al derby

Danilo Baccarani
Danilo Baccarani Columnist 
Torna l’appuntamento con Gran Torino, la rubrica a cura di Danilo Baccarani

Compendio semiserio di avvicinamento alla stracittadina, per tifosi granata.

Regola no.1 - Crederci sempre

Partiamo dal presupposto che crederci non costa nulla. Il problema è che in campo non ci vanno i tifosi che ci credono, bensì i nostri pedatori. E se non ci credono loro, la faccenda è più complicata che mai.

Regola no.2 - Il voodoo

Con loro, non funziona. Parlo di rituali di magia nera, di maledizioni a breve giro di posta, di invocazioni a dei più o meno noti…ragazzi, parliamoci chiaro, loro sono il Lato Oscuro della Forza e noi saremmo capaci di far diventare fenomeni per un giorno, emeriti carneadi.

Generalmente invocare sfighe su di loro, ci si ritorce contro.

Lasciamo stare.

Regola no.3 - La religione

Se siete credenti e volete pregare, ok. Ma non serve.

Dio è chiaramente juventino e le vostre (nostre) preghiere non le ascolta, anzi, si diverte pure.

Anche se gli tocca poi sentire tutta la valanga di imprecazioni da parte nostra e quindi tutto ‘sto divertimento, non deve essere.

Lasciate perdere i fioretti e le promesse da marinaio: non funzionano.

Regola no.4 - Alcol e droghe

Assumerne in proporzione smodata, prima del derby non è una cosa molto furba.

Risparmiate e investite tutti i vostri soldi nel durante e nel post.

Anestetizzati o euforici, soffrirete meno.

Regola no.5 - La legge dei grandi numeri

Con loro funziona perfettamente, quindi non vi aspettate che la tendenza si inverta così, di colpo.

Abbiamo vinto un derby negli ultimi diciannove anni. Uno.

Roba che Bernoulli, lassù, si stia facendo grasse risate.

Regola no.6 - Il passato

Rivangare il passato non vi servirà. È vero, abbiamo vinto partite epiche, lottando, soffrendo, quasi mai dominando, ma non è che se ogni tre per due parliamo del derby del 3-2 o di quello di Serena al 90’, o Poggi in Coppa Italia, le cose, di questi tempi migliorino.

Il passato è passato.

Se avete un caminetto, prendete vostro nipote o vostro figlio e raccontategli questi aneddoti ma non invocate, vi prego, lo spirito di uomini (e calciatori) che adesso non possono più venirci in soccorso.

Regola no.7 - Caricare l’ambiente

Sogno che si arrivi al derby senza foto sui social, senza post su Bruno e Policano, senza battute sui gobbi, senza interviste a nostri ex giocatori, lasciando che la settimana passi quasi nell’indifferenza generale.

Alle porte aperte al Fila e agli incitamenti ai quali, diciamocelo, crediamo solo noi, rispondo con le finestre di casa, sprangate.

Non voglio vedere la luce del sole per una settimana.

Quel  teatrino che rende irrequieti i tifosi e totalmente anestetizzati i nostri giocatori è un rituale già visto.

Sono passati troppi anni e troppi calciatori per non pensare che l’ambiente giochi un ruolo determinante, caricando di troppi significati una partita che non è più lontanamente simile a quelle del passato .

Anche meno, raga, anche meno.

Regola no.8 - Non sento, non vedo, non parlo

Lasciate stare. Lasciate perdere quotidiani regionali e soprattutto evitateli quando partono con i parallelismi tra i nostri e i loro giocatori.

Al bar fingete disinteresse. In ufficio non cadete nella trappola del pronostico. A casa quando qualcuno vi parla del derby, rifugiatevi nel più laconico dei no comment.

Regola no. 9 - Immaginare gli scenari

Alimentare la fantasia non aiuta, quindi siete autorizzati a tornare alla regola 4 con deroga per l’assunzione  di droghe e alcol.

In fondo si vive una volta sola.

Cercare di immaginare l’andamento della partita non è minimamente consigliato.

Come annullare Tizio o Caio, inaridire le fonti di gioco, segnare un gol.

Tutte cose che non vi servono e non contribuiscono a rasserenarvi.

Regola no.10 - Guardare il match con uno di loro

Dedicarsi alla lettura del libro di Toninelli o rivedere l’intera serie del Tg4 di Emilio Fede stagione 1993/94 fa sicuramente meno male che vedere il derby con uno di loro.

Che siate davanti ad una tv o allo stadio, cercate di evitare la visione del match con cognati, parenti e amici di sponda juventina.

Io l’ho fatto più di una volta e vi garantisco che si soffre troppo.

In caso foste impossibilitati, suggerisco capsula di cianuro sotto la lingua oppure fingere morte apparente se le cose dovessero mettersi male.

Regola no.11 - Il feticcio

I rituali da stadio, la maglia porta fortuna, i pantaloni, la sciarpa, le scarpe.

Basta, la scaramanzia ci rende ancora più provinciali.

Abbiamo bisogno di non aver bisogno di feticci.

Superiamo anche questa, vi prego.

Regola no. 12 - L’ultima volta

Era il 2015. L’ultima volta che ne abbiamo vinti due nella stessa stagione era il 1994/95 e non avevamo certo uno squadrone.

Dove eravate? Io allo stadio.

Se siete inguaribili romantici, ricordatevi di quei momenti.

Sarà un momento breve ma intenso.

Ps. L’autoerotismo è consentito ma non consigliato perché indebolisce e rende miopi.

Appendice.

Sogni, incubi, pensieri, emozioni, ansie, desideri.

La settimana del derby è tutto questo.

Stomaco chiuso, poca fame.

Chi vi dice che non è così, mente. Oppure è della Juve.

Cambiare approccio può essere utile per viverla con più leggerez…

Ma quale leggerezza, che ogni volta che c’è questa partita sono più nervoso di quando ho dato l’esame con Davico Bonino.

Evitate le frasi fatte tipo “Il derby sfugge ad ogni pronostico” o “Questa è la partita che non vorrei giocare mai.”

I luoghi comuni situati in uno stato che definiremo dell’impossibilità e dell’irrealtà.

“Mi piacerebbe vincere al 90’ su autogol di Bonucci (ok, Bonucci è al Fenerbahce però è l’esempio perfetto) viziato da un fallo in attacco” sottintendendo i consueti riferimenti all’arbitro e alla presunta sudditanza psicologica.

Ripensare agli striscioni e agli sfottò, meravigliosi, che hanno contraddistinto questa sfida, “Da benvenuti a Torino” a “Siete più brutti della Multipla”, una vasta letteratura ci ha consacrato come depositari di questa arte antica.

Dai, che manca poco e sabato alle venti circa, tutto sarà finito.

Per fortuna, purtroppo.


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