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Il granata della porta accanto

Derby: è mancato il coraggio oppure di più proprio non si poteva?

Alessandro Costantino

Un puledro che corre in avanti è meglio di un cavallo bolso che ciondola...

Non ci si può abituare a perdere un derby neppure se questo è il risultato statisticamente più probabile guardando alla storia della stracittadina negli ultimi 25 anni. E la rabbia e l'amarezza per l'ennesima beffa finale restano vive e pungenti anche il giorno dopo. Per la cronaca 25 anni sono un terzo della vita media di una persona italiana e rappresentano, idealmente, il lasso di tempo che separa un'intera generazione da quella successiva: si tratta quindi di un arco temporale non indifferente e l'aver perso di fatto più dell'80% dei derby di questo periodo non ha comunque scalfito la nostra speranza e la nostra voglia di vedere invertirsi questo trend. Sembra incredibile anche solo immaginarlo un quarto di secolo con un'unica vittoria, perché non è così comune nello sport assistere a strisce così lunghe di risultati negativi. La vita, la storia, l'esperienza, però, ci insegnano che nulla è eterno nelle vicende umane e che i cicli, negativi o positivi che siano, sono destinati ad interrompersi per forza prima o poi.

D'altronde non ci si abitua a perdere un derby perché non ci si può abituare all'idea che i Golia battano sempre i Davide o che i buoni soccombano sempre ai cattivi. Sebbene non esistano in Italia derby più squilibrati di quello di Torino, per i tifosi del Toro il derby ha da sempre rappresentato l'allegoria perfetta di ciò a cui la vita ci mette di fronte ogni giorno: la possibilità di riscattarsi e di sovvertire i pronostici per quanto penalizzanti essi siano. Ognuno di noi nella propria vita quotidiana ha delle "montagne da scalare" e spesso non ce la fa, ma poi impegnandosi, dando il meglio di sé stessi, a volte, non sempre sia chiaro, può ottenere ciò che ha inseguito. Il derby, in fondo, non è nient'altro che questo: traslare nel mondo del calcio ciò che viviamo nel mondo reale. Ci battiamo, soffriamo e aneliamo tutti i giorni a raggiungere i nostri piccoli e grandi obbiettivi, ma non sempre ce la facciamo, e più gli obbiettivi sono grandi più è complicato raggiungerli. Anche noi perdiamo, cadiamo, ma poi ci rialziamo e ci riproviamo. E continueremo a farlo. È questo lo spirito del derby della Mole visto dalla sponda granata. Le parole di Nevded nel prepartita si commentano da sole e sono ciò che ti aspetti dal braccio destro di uno che voleva (e presumo voglia ancora) fare la superleague calpestando qualsiasi residuo significato della parola sport all'interno del mondo del calcio. Non siamo come loro e ne saremo sempre profondamente fieri, passassero anche altri 25 anni di mancate vittorie.

Tornando alla partita, mi resta di fondo un dubbio a cui non so dare risposta: è mancato un po' di coraggio o davvero non si poteva fare di più? Probabilmente è corretta la seconda interpretazione: i granata hanno fatto il massimo con ciò che avevano e di quanto potevano dare e purtroppo non è bastato. Il primo tempo del Toro, fatte salve le prime due, tre ripartenze bianconere era apparso come uno dei migliori in un derby e la Juve era sembrata davvero poca roba rispetto alla corazzata affrontata in tante altre occasioni. Eppure nel secondo tempo ci siamo progressivamente spenti, un po' per stanchezza fisica, suppongo, un po' per mancanza di alternative tecniche valide, un po' per l'assetto tattico degli ultimi venti minuti in cui abbiamo rinunciato a tutti gli uomini offensivi desistendo troppo prematuramente dal contrattaccare. Juric ha tutte le attenuanti del caso (dagli infortuni, alle zavorre che Vagnati non è riuscito fare fuori nel mercato, al percorso di crescita che sta cercando di impostare con questa squadra), ma, e lo dico davvero senza polemica, non riesco a capire il senso di Baselli e Rincon per Sanabria e Brekalo. Erano così cotti questi ultimi due da non poter reggere fino alla fine? E nel momento in cui la Juve nel secondo tempo aveva rinunciato a Kean togliendo ogni riferimento alla difesa granata non aveva forse senso provare a togliere uno dei tre centrali (Rodriguez) per infoltire il centrocampo senza snaturare così tanto l'attacco? Ci siamo fatti del male da soli non riuscendo più a portare a termine azioni offensive e al tempo stesso concedendo campo all'avversario.

Parlare col senno di poi è sempre facile, ma Baselli centravanti è davvero qualcosa che appare come una mossa strategica azzardata, ma difficilmente vincente: la panchina era cortissima e l'allenatore non aveva praticamente scelta, ma rinunciare a tutti i giocatori offensivi non è sembrata davvero la migliore delle (poche) opzioni possibili. Certo che se Juric avesse messo Warming probabilmente sarebbe stato preso per ubriaco, ma forse avrebbe dato un segnale diverso in quel momento. Adoro Juric e trovo che stia facendo un ottimo lavoro, anche nella direzione di cambiare mentalità alla squadra, e più in generale alla società. Ecco perché mi aspettavo di vedere una mossa più coraggiosa di Baselli falso nueve. Un puledro che corre in avanti come Warming è meglio di un cavallo bolso che ciondola come Baselli, o no? Probabilmente il risultato non sarebbe cambiato ma Juric avrebbe messo un tassello in più nel percorso di crescita dell'autostima collettiva del gruppo. Questa squadra si potrà salvare con pochi patemi se il credo di Juric si installerà nelle menti dei giocatori come sembra che stia accadendo. Il derby sarà uno di quei capitoli importanti sui quali il tecnico croato dovrà lavorare. Perché finché non si invertirá la negatività che arriva da tutti questi derby persi non ci sarà una vera e propria svolta nel sentire comune del mondo granata. Il vento sta cambiando e ci vorrà tempo perché si vedano i risultati tangibili dell'opera di Juric, ma non riesco a togliermi dalla testa che, nelle oggettive difficoltà, sia mancato un po' di coraggio e di sana follia, per portare a casa un risultato diverso.

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.

Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.