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EDITORIALE

Un Toro che conosciamo a memoria

Gianluca Sartori

La squadra granata sbatte sempre contro le stesse difficoltà da un anno e mezzo: Juric deve dimostrare di poterla migliorare

Il calendario offre ancora qualche piccolo appiglio. La sensazione tuttavia è che le partite con Sassuolo e Roma abbiano messo la parola fine alle velleità europee dei granata. Anche se la giustizia sportiva dovesse riscrivere la classifica, Bologna e Fiorentina sembrano avere qualcosa in più per l’ottavo e il nono posto.

Aveva un po’ illuso la vittoria di Lecce, ottenuta con cinismo, capacità di leggere i momenti della partita e determinazione. Poi il Torino si è di nuovo avvitato sui suoi consueti limiti. Sia nei singoli - perché non mancano errori banali che complicano tutto – sia nel collettivo. Quello di Juric è un Toro che non riesce ad evolversi ulteriormente. Mantiene il possesso palla ma la fase offensiva è arida. Quando gioca contro squadre abbottonate non riesce a trovare soluzioni; quando si confronta contro chi difensivamente concede qualcosa in più, manca comunque la finalizzazione. Stucchevole la tendenza a perdere contro le big per 1-0, il risultato del “vorrei ma non posso”. Triste l’inadeguatezza sulle palle inattive a favore e a sfavore. Il calcio non si può ridurre a una questione di chili e centimetri: ci vogliono anche qualità, organizzazione e determinazione.

Mister Juric ha la possibilità di essere la guida di un progetto tecnico in una piazza ambiziosa con una società che, con tutti i suoi difetti, è disposta ad assecondarlo per quanto possibile. Dopo aver ricondotto il Toro a una dimensione dignitosa, deve dimostrare nelle ultime nove partite di poter migliorare una squadra che sbatte sempre contro le stesse difficoltà da oltre un anno e mezzo. Poi toccherà alla società consolidare una struttura di squadra buona con pochi ma mirati interventi. Tutte le componenti dovranno prendersi le proprie responsabilità verso la prossima stagione, in cui un campionato di metà classifica non potrà più bastare.