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Esclusiva

Bucciantini a TN: “Cairo aveva bisogno di un’annata positiva, se la meritava”

Andrea Calderoni

In esclusiva su Toro News le parole del noto giornalista: una chiacchierata a 360° sui principali temi dell’attualità granata

Marco Bucciantini, scrittore e giornalista colto e versatile, da diverse stagioni volto di Sky Sport ma anche opinionista di Radio Sportiva e commentatore per Eurosport, interviene in esclusiva su Toro News per tracciare un bilancio della stagione del Torino e si sofferma sui principali temi dell’attualità granata.

Buongiorno Marco, che stagione è stata per il Toro?

“La stagione del Torino è stata più importante della classifica finale. Nella classifica del Toro manca qualcosa, ma il Toro è prima di tutto una squadra di impressione perché è un marchio, un sentimento e un’immagine del calcio italiano. In questo 2021/2022 il Toro è tornato a essere il Toro. È tornata anche la paura di giocare contro il Toro, perché quando incontri le maglie granata sai che vivrai una brutta domenica. Al di là della classifica il Torino è tornato a occupare un posto nell’immaginario degli appassionati e degli avversari: questo è il fatto decisivo della stagione del Toro”.

Merito soprattutto di Ivan Juric?

“Nella stagione delle squadre più riuscite della Serie A (penso allo scudetto del Milan, all’Europa conquistata dalla Fiorentina, al trofeo vinto dalla Roma, al bel calcio dell’Hellas Verona) c’è sempre il merito dell’allenatore perché sono tutte squadre molto identitarie. Il lavoro dei tecnici di queste squadre è ben riuscito, proprio come a Torino. Però, penso sempre che il merito primario sia delle dirigenze che hanno deciso di puntare su una determinata figura tecnica. I meriti sono sempre di tutti. Juric non si è autoeletto, ma è stato chiamato da una proprietà che l’aveva già cercato in passato. Juric è quindi stato decisivo per quel moto di cui abbiamo parlato in precedenza, ma è stato una scelta virtuosa di una proprietà. E poi ci sono stati giocatori disponibili a un certo tipo di calcio. Il Toro, come la Fiorentina, ha cambiato l’intensità di gioco, sebbene molti giocatori fossero quelli delle scorse stagioni; serve quindi la disponibilità del collettivo per trasformarsi. In conclusione, sono sempre per la condivisione dei meriti. Ma non nego che Juric sia un allenatore virtuoso e quello che sta proponendo nel calcio italiano funziona. Proprio come Italiano e Tudor, Juric crea idee, sentimenti, giocatori, ambiente; Juric è capace di creare felicità”.

Questo moto granata ravvivato da Juric può essere la causa del temporeggiare di Andrea Belotti? Forse, non è così convinto di lasciare il Toro...

“Per andarsene nel calcio bisogna avere un posto dove approdare, non funziona come per chi fugge di casa con uno zaino in spalla senza una meta. Probabilmente, Belotti non ha un'alternativa così sexy come si immaginava qualche tempo fa. Gli ultimi mesi hanno un po’ cambiato le carte in tavola e non c’è più quella possibilità che avrebbe significato un ulteriore passo in avanti nella sua carriera. Non voglio però sminuire Belotti e togliere romanticismo a questa storia”.

A tal proposito nell’ultima stagione è cambiato qualcosa nel rapporto Belotti-Torino?

“Guardi, avevo sempre detto che Belotti era l’attaccante giusto per il Torino perché ne incarnava aspetti significativi dello spirito granata. Da qualche tempo penso sia vero anche il contrario, ovvero il Toro è la squadra giusta per Belotti. Questa frase è meno banale. Il Toro è la squadra giusta per il modo di giocare di Belotti perché il carattere identitario del club assorbe qualche difetto tecnico del giocatore. A me piacerebbe che il tentennamento dipendesse da questa concezione e da questa nuova consapevolezza da parte del giocatore. Non vedo bene Belotti in una formazione in cui deve dividere il ruolo da titolare. Belotti non può giocare una partita e stare fuori due per scelta tecnica. Il Gallo rappresenta l’anima, il riferimento e secondo me nel Toro questo mestiere lo può fare. E poi il Toro è cresciuto ed è andato incontro alle sue ambizioni: un conto è lottare per la salvezza, un conto per l’Europa. Dunque, Belotti tergiversa per due motivi: è perfetto per il Toro ma la novità sta nel viceversa, ovvero il Toro è perfetto per Belotti, e poi il posto al quale ambiva lontano da Torino probabilmente non c’è più”.

Per Bremer invece un posto altrove c’è, forse anche più di uno...

“Senza dubbio. Il calcio di oggi ti impone sempre un altrove. Ma mi chiedo: se stai bene in un posto, dove sei diventato a buon diritto il miglior difensore del campionato anche grazie al gioco di Juric, devi proprio cambiare squadra? Non è bello essere quasi sempre il migliore? Uscire quasi sempre con il 7 in pagella dal campo? Magari quel modo di giocare, quel ambiente ti permettono di essere così prestazionale. Altre piazze ti permettono di avere un bel 7 nel conto in banca, ma magari sei meno decisivo. Questo discorso lo faccio in linea generale e riguarda il calcio contemporaneo. Su Bremer, però, devo aggiungere che sarebbe titolare in tutte le squadre di Serie A e quindi ha tantissimo mercato. È un ragazzo, ha 24 anni e ha tempo. Però se il Toro cresce ulteriormente, anche Bremer ne potrebbe approfittare. Torno perciò al quesito iniziale: bisogna per forza lasciare un posto dove si è stati oggettivamente bene? Bremer sa cos’è nel Toro, altrove forse non lo sa. Cambiare squadra è una scelta di vita. Poi, è chiaro che se uno ci offre il doppio probabilmente tutta questa filosofia verrebbe meno e accetteremmo il nuovo incarico”.

Diciassette anni di presidenza di Urbano Cairo: che cosa si può dire su questa gestione?

“Aveva bisogno anche lui di un’annata positiva, un po’ la meritava. Ha profondamente voluto Juric ed è stato premiato. Questa stagione potrebbe ricreare una certa concordia con l’ambiente perché è fondamentale per tutto l’ambiente Toro vivere il 2021/2022 come un campionato di ritrovo e di ripartenza. Se non approfitti per creare qualcosa ora, per creare un po’ di seguito e per investire sulla passione che hai ritrovato grazie a scelte coraggiose, allora non ne potrai mai approfittare. Le stagioni le costruisci anche semplicemente con investimenti sulle emozioni e sulla fiducia reciproca”.