LA LEGGENDA E I CAMPIONI

“Cinto” Ellena, il suo occhio vedeva lontano

Gianni Ponta

Giacinto Ellena, pietra miliare nella storia del Torino: da calciatore, poi da allenatore e da scopritore di talenti scrisse pagine importanti per il club. Impossibile non pensare a lui se si parla di Robaldo e settore giovanile.

Filadelfia! Ma chi sarà 'l vilan

a ciamelu 'n camp? Ieri na cuna,

'd speranse, 'd vita, 'd rinasensa,

jera sugnè, criè, jera la luna,

jera la strà dla nostra chersensa.

Giovanni Arpino, aprile '74

Il Filadelfia com'era, con i vecchi tifosi a raccontare ai giocatori del Toro tremendista quale giocata della domenica precedente ne ricordava una di Quelli Là. Il Filadelfia della partitella del giovedì Prima squadra-Primavera, il Filadelfia dei provini di Fogli e di Rosato, fatti sparire subito perché nessun osservatore esterno avesse il tempo di notarli e di "rubarne" l'ingaggio, il Filadelfia di Ferrini e Cereser, di Pulici e di Castellini. Il "Fila" fatto del lavoro quotidiano, delle gesta, di pedate di calci e di urli degli uomini in carne ed ossa.

Del cuoio che, colpito bene, al volo, suonava nella sua camera d'aria.

C'è una bella foto, Anni '70, da un balcone del "Fila", uno sguardo dello staff tecnico sui nuovi campioni (i francesi usano un

bellissimo termine, "éspoirs") granata: Sattolo, Anselmino, Ellena, Zambruni e Puja.

Il Filadelfia fatto del lavoro e della passione di Ellena.

Classe 1914, Giacinto Delfino Ellena, figlio di un brigadiere dei pompieri, aveva dodici anni quando, accompagnato dal fratello Pino, vide l'inaugurazione del Filadelfia nel 1926. Attorno allo stadio solo prati.

Fu dapprima un suo insegnante, il professor Musso che aveva giocato nelle riserve granata, a trasmettergli la passione.

"Andavamo a giocare al pallone in piazza d'Armi con mio fratello. Una sera andavamo a prendere il tram per tornare a casa, proprio davanti agli stabilimenti dell'Itala, da quelle parti erano tutti campi allora. Vedemmo un tale che allenava i portieri...un certo signor Negri. Nella squadra dell'Itala giocavano due ragazzi che poi vennero al Torino: Gila e Gabbiati. Anche l'ingegner Sella, che da giovane giocò nel Toro, veniva dall'Itala. Fu così che entrai per la prima volta nel Torino. C'era Stürmer, un uomo enorme. Curava molto la tecnica. Aveva un concetto: passare la palla al compagno più vicino e averla subito di ritorno: tac tac, diceva. Mi fece subito giocare nei Balon Boys poi feci molte volte la riserva. Ci misi quasi tre anni per arrivare alla prima squadra. Giocai la prima partita nel 1934. Fu l'unica di quell'anno, eravamo a Firenze (21 gennaio). Io ero riserva. La mattina il massaggiatore Cortina mi viene a dire che Bernasconi stava male e toccava a me. Così andai in campo e...persi definitivamente il mio bel profilo greco al quale tenevo molto. Il viola Nekadoma mi ruppe il naso, era proprio un violento quello là...".

Ellena cominciò come centravanti, poi si trasformò in un abile centromediano metodista, che impostava il gioco.

Oberdan Ussello, suo compagno, raccontò che "Cinto" era il vero duro del Balon Boys, un combattente, anche se non aveva un gran fisico e doveva fare una vita da certosino, andando a letto presto per poter poi rendere al massimo la domenica in partita.

Mediano granata in tre periodi diversi, 1933-34, 1935-38 (Coppa Italia). Nella linea mediana delle "sei elle", Gallea lo stiloso, Allasio il potente, Ellena il maratoneta, l'uomo del ritmo, seppure non dotato di un fisico prestante.

Nell'estate del 1941 il centromediano Ellena rientrava dalla Fiorentina e caldeggiava l'acquisto di Romeo Menti II che aveva avuto come compagno nella squadra viola. E così, come Janni aveva "portato" Ossola, Ellena aveva segnalato Menti. Quando si dice, le vene granata.

1941-44. "Mi sono sempre divertito, pur faticando e impegnandomi, nel giocare al calcio. Ma quell'anno (1942-43, Scudetto e Coppa Italia), il primo di Mazzola, Loik e Grezar, fu davvero una festa anche se vincemmo lo scudetto con un solo punto di vantaggio sul Livorno".

Nel campionato precedente Giacinto Ellena era stato determinante, in appoggio a Borel II nel convincere il Presidente Novo ed il consigliere tecnico Copernico, un po' esitante al riguardo, a passare dal "Metodo" al "Sistema" WM, il credo calcistico d'Oltremanica made in Arsenal by Herbert Chapman.

Nel rievocarne la carriera, il suo formidabile instancabile contributo, che portò al Toro un valore inestimabile, sul piano della competitività, dell'immagine e sotto il profilo economico, consiste nel fatto che Giacinto Ellena si inventò, in pratica, il ruolo di osservatore.

Tanto per dare un'idea della sua presenza, della sua passione che non conosceva fatica, una volta si trovava con Sergio Vatta a Perugia a vedere Italia-Olanda Under-21. Scende un signore elegante dalla macchina. Si rivolge a "Cinto": "Ma siete sempre dappertutto, voi del Toro!", era Boniperti.

"Sì, siamo sempre dappertutto; poi, quando si tratta di comprare, spesso alziamo gli occhi al cielo e con un sospiro rinunciamo, mentre voi alzate lo sguardo verso la FIAT e comprate!". Boniperti incassò: "Sai, Ellena, dicono che tutto migliora col tempo, ma guardando le partite di adesso mi son convinto del contrario. Noi tutti questi li avremmo battuti. Il Grande Torino, poi, farebbe il bello e il cattivo tempo anche al giorno d'oggi. Eh sì, erano veramente grandi!".

Per capire il livello di quel calcio, un ricordo di prima mano dell'indimenticabile Sergio Vatta. Durante le visionature dei giovani in prova, in attesa delle varie partitelle, Ellena si esibiva in qualche palleggio e qualche tiro in porta.

"Cinto! Ma sei ancora in palla!".

"Tu devi pensare che io ero tecnicamente tra i più scarsi, ma avevo una rapidità che mi permetteva, unico in Italia, di fermare il grande Giuseppe Meazza, mentre soffrivo la fisicità di Silvio Piola".

Successivamente, Ellena diviene responsabile nel corso degli anni di una rete di osservatori granata diffusa in tutta Italia, da "Maiu" Sperone al novese Giobatta Rebuffo (mio concittadino),a Giorgio Puja, da Beppe Marchetto a Giovanni Mialich , a Gianni Bui.

Fiuto e occhio eccezionali, lungimiranza nel capire il potenziale di un giovane accompagnato dalla crescita fisica e caratteriale, pazienza, tecnica. Maieutica, per dire quello che "Cinto" ha saputo tirare fuori al meglio, possiamo ben usare questa parola.

Ellena e Pulici, senza dubbio l'esempio più famoso.Nella juniores del Legnano Paolino era uno dei cardini della squadra, col 9 o con l'11. Nella stagione 1966-67, a sedici anni, giocò una partita di Serie C, scendendo in campo in trasferta a Monfalcone.

Com'è noto, il giovanissimo Pulici venne bocciato senza appello da Helenio Herrera in un provino all'Inter. Ne fece seguito uno alla Fiorentina, al termine del quale anche gli osservatori gigliati bocciarono il ragazzo, di qualità atletiche straripanti, valutato "buono solo per l'atletica". Durante il provino a Coverciano era presente "Cinto" Ellena. Non si lasciò condizionare dai giudizi negativi del momento e, con una lungimiranza che a distanza di tempo possiamo definire pazzesca, esemplare, intuì immediatamente il potenziale inespresso di quel ragazzino. Avendolo tesserato nel Torino, con Oberdan Ussello cominciarono un estenuante lavoro ripetitivo sui fondamentali, obbligando tra l'altro Paolino a giostrare in partitella a centrocampo e concedendogli solo nell'ultimo quarto d'ora la libertà di andare in attacco alla conclusione. Si erano resi conto infatti che la sua eccezionale performance realizzativa a livello giovanile era dovuta ad una prestanza fisica straripante, ma che a livello di Serie A per imporsi definitivamente sarebbe stato necessario completarla con un bagaglio tecnico -stop, stop a seguire, difesa della palla, coordinazione, tiro- di tutto rispetto.

Tanto per dire, alle sue prime esperienze in Serie A Paolino sarebbe stato affrontato in marcatura "stretta" da un certo Tarcisio Burgnich, secondo Mario Sconcerti il più grande terzino marcatore italiano di sempre.

Per rendere ancora l'idea della profondità di giudizio di Ellena, e della sua autorevolezza nell'ambiente, un aneddoto relativo all'ingaggio di Castellini, che si stava mettendo in luce nel Monza. Luciano Castellini non era il solo portiere seguito dal Toro: a Novara si parlava si parlava molto bene di Felice Pulici. Quando Ellena fu chiamato da Bonetto, dopo infinite relazioni degli osservatori su entrambi i promettenti ragazzi, il Dottore propose: "E se li prendessimo tutti e due? Così risolviamo il problema del portiere per un po' di anni".

"Guardi dottore, in tutti i ruoli si possono fare degli aggiustamenti, in quello del portiere c'è un posto solo: o giochi, o fai la panchina. I ragazzi sono bravi entrambi, ma noi dobbiamo prendere solo Castellini, così anche l'altro potrà fare la sua strada".

Felice Pulici Campione d'Italia con la Lazio 1973-74.

Luciano Castellini Campione d'Italia con il Torino 1975-76.

Pochi, nella storia del calcio italiano, sono stati al suo livello. Gli stessi "Bida" Ussello e Sergio Vatta (nel Torino, nella Lazio e in Federazione), Ercole Rabitti alla Juve e al Torino, Mino Favini all'Atalanta, Cervellati e Vavassori, maestri di Eraldo Pecci a Bologna, Alberto Baccani e Cinzio Scagliotti dei NAGC a Firenze, Alberto De Rossi alla Roma, Lelio Antoniotti come responsabile dei NAGC (Nucleo Addestramento Giovani Calciatori) per la Federazione.

E il vivaio del Torino è stato secondo solo all'Ajax, in Europa.

Gianni Ponta, chimico, ha lavorato in una multinazionale, vissuto molti anni all’estero. Tuttavia, non ha mai mancato di seguire il “suo” Torino, squadra del cuore, fondativa del calcio italiano. Tra l’altro, ha scoperto che Ezio Loik, mezzala del Grande Torino, aveva avviato un’attività proprio nell’ambito dell’azienda in cui Gianni molti anni dopo sarebbe stato assunto.

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