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Il calcio nell’apocalisse

Carmelo Pennisi

Torna Loquor, l'appuntamento con la rubrica di Carmelo Pennisi: "Ronaldo e Messi sotto lo stesso tetto sarebbe l’apostasia definitiva del calcio dalla sua tradizione sociale e qualcuno avrebbe il coraggio di definirla una modernità che avanza"

“Coprimi di soldi”

Da Jerry Maguire

Un gentile lettore (che vorrei ringraziare per l’umanità e il garbo usati persino nelle sue critiche, peraltro mai banali) qualche tempo fa mi ha fatto notare come al Torino e ai suoi tifosi, non certo poveri di storia, manchi soprattutto l’attualità. Questa considerazione del lettore mi ha fatto (e mi sta facendo) riflettere parecchio, perché ha avuto il potere magico di portare la mia attenzione dal Toro verso oltre il Toro.

Vediamo un attimo di capire quando e come manchi l’attualità nella nostra vita, e se abbiamo chiara la sensazione di tale mancanza quando si materializza (lo so, è praticamente un ossimoro) davanti ai nostri occhi. Quando comincia il processo in cui l’unica cosa a rimanere è una storia, dimenticando come il nostro presente sia la storia di chi verrà dopo? Quante responsabilità abbiamo nel fallimento della nostra attualità? Cosa possiamo realmente fare, in ogni nostro piccolo, per far ripartire il motore della memoria? Possiamo eludere queste domande, certo, e possiamo anche ignorare ogni tipo di processo dialettico, ma poi? Poi ad un certo punto, presto o tardi, qualcuno o qualcosa ci presenterà il conto, e non sarà piacevole.

“Il problema più grande è chi può aumentare ancora lo stipendio di Cristiano Ronaldo? Guadagna 70 milioni lordi, ossia 35 milioni netti. Chi può farlo? Il Psg? Forse qualche club inglese? E’ un modo di progredire non molto sano, la Uefa è chiamata a fare qualcosa, altrimenti il calcio si troverà ad affrontare un momento molto difficile”. Se il senso realistico teutonico non ci fosse, qualcuno avrebbe dovuto di certo inventarlo, visto come queste parole di Karl Heinz Rummenigge, indimenticato ex giocatore dell’Inter e attuale CEO del Bayern di Monaco, richiamano con forza a mettere le mani su un’attualità somigliante sempre di più ad uno sport pubblicitario o alla storia del “venditore di sogni” interpretato da Ralph Finnes nel film “Strange Days”, ambientato in un mondo futuristico con tutta l’aria di stare per chiudere per sopraggiunta apocalisse. La dura denuncia di Rummenigge, a volerla intendere nella sua brutale semplicità e chiarezza, si pone come un tentativo, alquanto inaspettato, di provare a porre un freno ad un sistema calcio, ormai piegatosi alla suggestione di una facile tecnologia dell’intrattenimento, andata a sovrapporsi, nascondendola anche alla vista più avvertita, ad una civiltà europea in evidente decadenza. Il calcio sta sempre di più diventando, nella nostra coscienza, un’astrazione, confusa come una nuova raggiunta armonia e dai tratti a dir poco inquietanti.

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Come in “Strange Days” o in uno spot pubblicitario ben riuscito, il virtuale, che ogni tanto può essere benefico per dare un po’ di relax alle nostre menti, sta assumendo i contorni, e la pericolosa sostanza, di un delirio collettivo. Si stanno manipolando, attraverso il gioco più semplice e popolare del mondo, le capacità di giudizio sia della “middle class”, che della “working class”, un tempo cuore pulsante di ogni tipo di anelito e possibilità di democrazia. La pandemia, che ha svuotato gli stadi e ha ridotto notevolmente i contatti sociali, ha “consumato” persino il residuo di possibilità di avere attimi di coscienza indipendente. E’ il telecomando della tv a decidere tutto, coniugato al prossimo “pacchetto” di proposte delle compagnie telefoniche, con mirabolanti vendite di sport e cinema mimetizzati attraverso la tariffa più conveniente per effettuare delle telefonate o usufruire della linea internet “all time”.

L’attualità, se c’è, sta sfuggendo di mano e, quelle rare volte che si manifesta, pare mostrare costantemente il peggio di sé. Qualcuno pone dubbi sul comportamento di Andrea Belotti sul rinnovo o meno del contratto con il Toro? Gli può capitare non solo di essere criticato in modo aggressivo, ma addirittura di essere minacciato fisicamente, attraverso dei messaggi sgrammaticati inviati sullo smartphone, nella sua tranquillità quotidiana. La riflessione e il confronto sono stati sostituiti dal pregiudizio, che ha pericolosamente confuso i 70 milioni lordi annui concessi a Cristiano Ronaldo con la legge e la libertà di mercato. I 35 milioni netti al giocatore portoghese, o i 40 milioni netti dello stipendio di Leo Messi, non hanno davvero niente in comune con il libero mercato, visto che sono, senza dubbio alcuno, una prossima perdita certa nei bilanci dei club per i quali giocano. Il miliardo e quattrocento milioni di drammatico “rosso” nei conti del Barcellona stanno lì a dimostrarlo. Rummenigge, al servizio di un colosso come il Bayern di Monaco, non riesce giustamente a capacitarsi di tutta questa follia, dove non si intravede nessun barlume di luce della ragione.

Ma la élite politica europea rimane inerte e non si smuove nemmeno davanti ad un monumento come Rummenigge, perché, di fatto, non saprebbe proprio cosa rispondere. Non potrebbe certo ammettere come lo sport un tempo specchio riflesso delle classi popolari, sia diventato semplicemente un “paniere” dove le classi dominanti stanno giocando alcuni loro supremi interessi. E allora si va avanti così, facendo inventare ad uffici marketing necessità di cambiamenti dal carattere urgente, non si può mica chiudere la porta ad un futuro, dove l’ambivalenza morale sarà il suo carattere più distintivo. Con l’ambivalenza morale si può far passare qualsiasi concetto, anche la perdita di memoria sul fatto come il calcio sia uno sport sociale, e non uno spettacolo di intrattenimento. Bisognerebbe avere il coraggio di ammettere, se si vuole recuperare un senso al nostro presente, come il nostro amato gioco sia utilizzato per farci vivere vite “altre”, dove il passato del calcio serve solo a giustificazione del “vuoto” in cui si è immersi. L’abbonamento di Dazn alla Serie A è l’ennesimo stordimento collettivo, in cui tutto viene venduto come bello e fantasmagorico. Il prodotto giusto rifilato alla nostra disillusione sul reale, dove ormai albergano esclusivamente suggestioni negative. Rimuovere le cose buone da ciò che si può distinguere con olfatto e tatto, è questa la parola d’ordine istituita da chi vuole far consumare emozioni da “Old Trafford” al teledipendente di Tokyo o Sidney. Dal lontano “altrove” vanno bene anche solo udito e vista, addestrati e addomesticati per percepire l’onirico travestito da realtà.

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L’attualità manca, perché una sua presenza sarebbe pericolosa e costringerebbe a fare dei malaugurati conti con il “volgo”, che deve semmai essere grato di come la elite abbia fatto riprendere il calcio, sfidando coraggiosamente il “campo di battaglia” della pandemia. Si sfida così la paura, anche se bisogna stare attenti a non assembrarsi troppo negli stadi, non è per questo che forse è stato inventato il telecomando? Si stia a casa, e si goda del “Green Pass” tra la cucina e il salone. Bisogna usare la mascherina anche in questi casi? Boh, comunque l’importante è sopravvivere. Meritiamo sommamente l’ultimo sberleffo giunto dal Qatar sull’Europa via “Twitter”, dove un fantomatico sceicco Khalifah Bin Hamed Al Thani ha pubblicato una foto di Messi e Ronaldo con indosso la maglia del Paris Saint Germain. Ormai basta solo un fotomontaggio di un tifoso burlone per scatenare la fantasia di media famelici sempre alla ricerca della storia giusta con cui imbonire masse inclini alla voglia di un psichedelico stile Berkley anni 60, dove agli studenti parve sul serio di essere sul punto di cambiare il mondo grazie ad un mirabolante discorso di Mario Savio e al suo “Free Speach Movement” .

Ronaldo e Messi insieme sotto lo stesso tetto sarebbe la bestemmia finale, l’apostasia definitiva del calcio dalla sua tradizione sociale, e qualcuno avrebbe anche il coraggio di definirla un tipo di modernità che avanza. La vera sostanza di questa “cartolina” dell’orrore postata dal burlone del Qatar, sarebbe quella di non avere nessun contesto accettabile ai nostri occhi, visto come non appartenga a nessuna nostra storia. “I ricordi sono fatti per svanire”, e quando questa frase malinconica di “Strange Days” arriva dall’udito al cuore, istintivamente si cerca con gli occhi e con le mani qualcosa a cui appendersi, semplicemente per sperare di essere ancora qualcosa. E mentre stai aggrappandoti disperatamente al ricordo dell’ultimo derby vinto, dal film di Kathryn Bigelow arriva la mazzata finale: “Siamo alla fine del mondo perché tutto è già stato fatto, capisci? Ogni tipo di schifo… capisci che intendo? Che ci resta da fare? Come faremo a sopravvivere per altri mille anni”? Ringrazio il lettore e il suo avermi ricordato l’esistenza dell’attualità, unica opzione possibile non per sopravvivere, ma per vivere altri mille anni. E do per scontato come solo un tifoso del Toro potesse darmi questa chance, visto come noi granata si venga al mondo per resistere a tutto. Anche a Ronaldo e Messi eventualmente insieme nel Paris Saint German. Never surrender.