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Bottoni (tactical analyst): “Con il 4-3-1-2 normale soffrire sulle fasce, ma Giampaolo…”

Andrea Calderoni

Esclusiva TN / Le parole su Marco Giampaolo e il suo 4-3-1-2 di Emanuele Bottoni, Uefa A professional coach e tactical analyst

La stagione del Torino, come è noto, è scattata con due sconfitte, una a Firenze, l’altra in casa con l’Atalanta. Una stagione diversa rispetto alle ultime quella granata, soprattutto per la nuova idea di calcio che Marco Giampaolo vuole portare sotto la Mole. Il lavoro è molto lungo e l’allenatore abruzzese ha bisogno sia di tempo che di nuovi innesti in grado di adattarsi al suo 4-3-1-2. Proprio questo modulo è la base di partenza del progetto tecnico di Giampaolo. Per capire meglio quali sono i segreti del 4-3-1-2 e più in generale dell’ex tecnico di Empoli, Sampdoria e Milan, Toro News si affida a mister Emanuele Bottoni, Uefa A professional coach e tactical analyst.

Buongiorno Emanuele, il Torino sta imparando a conoscere il 4-3-1-2 di Giampaolo. Che modulo è?

“Ci sono diverse modalità di 4-3-1-2. La principale differenza intercorre tra quello a punte larghe e quello a punte strette. Inoltre, io non amo soffermarmi soltanto sui numeri. I numeri derivano da una rappresentazione statica della squadra. In realtà, nel corso della partita i giocatori si muovono e oggi si preferisce parlare di funzione del calciatore piuttosto che di ruolo. La funzione considera una serie di incarichi che in un determinato momento e in una determinata posizione il calciatore deve svolgere. La premessa è doverosa, soprattutto se si parla di un tecnico come Giampaolo”.

Perché?

“Perché Giampaolo è uno tra i più preparati tatticamente. Fa scuola presso i colleghi. È un allenatore studiato da un po’ tutti gli allenatori italiani. Però, Giampaolo è un tecnico che ha un suo modo di vedere il calcio e la squadra. Non è un allenatore per tutte le stagioni. È abbastanza integralista e se scegli lui, straordinario lavoratore sul campo, devi garantirgli i giocatori giusti e dargli tempo affinché possa raggiungere i risultati. È un’utopia pensare che tutto funzioni fin da subito. In tal senso è agli antipodi rispetto ad allenatori come Allegri o Ranieri, che fanno le nozze con i giocatori che hanno”.

Torniamo al 4-3-1-2. Assodato che ne esistono diverse modalità, quali sono i difetti dello schieramento prediletto da Giampaolo?

“Il punto debole è la copertura delle fasce. Sui cambi di gioco c’è bisogno che ci arrivi qualcuno. Se è nella metà campo avversaria può uscire la mezz’ala, mentre se è più profondo deve uscire il laterale difensivo con la mezz’ala chiamata al raddoppio. La difesa a quattro di Giampaolo funziona pressappoco così: il terzino esce sulla corsia, il primo difensore centrale difende a zona e si concentra sullo spigolo dell’area piccola nei pressi del primo palo, il secondo centrale difende la zona a centro porta con uno sguardo sull’uomo, l’altro terzino infine si trova sul secondo palo. La squadra avversaria, perciò, tende a far duellare il proprio attaccante di peso o il proprio elemento bravo di testa con quest’ultimo terzino. Notoriamente i laterali difensivi, infatti, sono meno bravi nel gioco aereo rispetto ai difensori centrali e a molti centrocampisti. Lo stesso Giampaolo in un seminario a cui partecipai ci fece notare il seguente aspetto. Nel calcio i gol li subisci, ma lui preferisce prenderli sul secondo palo piuttosto che sul primo. È una sua idea che condivise con noi, evidenziando che la coperta risulta sempre corta. Come molti altri problemi, tuttavia, anche la copertura sul secondo palo si può risolvere, magari richiedendo uno sforzo aggiuntivo al centrocampo. E a tal proposito sono sicuro che Giampaolo saprà trovare il rimedio anche nel Torino”.  

Uno degli aspetti positivi del 4-3-1-2 è, invece, la disposizione del centrocampo che presuppone un regista, due mezz’ali e un trequartista.

“Regista e trequartista sono i due elementi imprescindibili dello scacchiere. Giampaolo utilizza il regista per costruire il gioco. Serve per il palleggio. È l’uomo che si smarca per proporre qualità alla manovra. Il trequartista, invece, è il valore aggiunto della fase offensiva. Giampaolo predilige trequartisti dalla gamba lunga e forti fisicamente, perché vengono sfruttati soprattutto per gli inserimenti centrali. Il trequartista di Giampaolo è colui che crea imprevedibilità. Il suo posizionamento permette alle punte o di stare strette o di allargarsi”.

Giampaolo si caratterizza anche per una linea difensiva alta e per un’aggressione immediata sul portatore di palla.

“È stato un precursore in tal senso. L’aggressione alta è possibile soltanto se c’è una grande densità di giocatori in zona palla. Proprio per questo Giampaolo predilige il palleggio, perché fa abbassare l’avversario e può far avanzare i suoi giocatori creando di conseguenza densità. Avere più uomini nella metà campo avversaria permette di avere più possibilità in fase di palleggio e poi favorisce un recupero rapido del pallone. In fase di non possesso, infatti, vengono chiuse le linee di passaggio agli avversari e spesso il portatore deve ricorrere al lancio lungo, favorendo la difesa. La pressione offensiva permette alla linea difensiva di restare alta. Se gli avanti sono timidi, la difesa scappa perché la palla è scoperta, le traiettorie sono libere e l’avversario può rilanciare con tranquillità. Con Giampaolo, invece, gli avanti devono essere immediatamente predisposti al pressing, rendendo le giocate avversarie sempre complicate e forzate. Se il meccanismo funziona, anche la difesa può rimanere alta”.

In tanti dopo questa considerazione si interrogano su una cosa: quanto è dispendioso questo tipo di gioco? Richiede una preparazione fisica notevolmente differente rispetto ad un approccio più attendista?

“Da misurazioni compiute con il Gps incentrate sull’aspetto tattico emerge che, se tutto funziona nel migliore dei modi, corri meno. Il meccanismo è semplice. Se perdi palla e pensi a difendere gli spazi dietro alla palla, lascerai liberi di fraseggiare i tuoi avversari e sarai costretto a rincorrere, e molto. A livello aerobico è uno sforzo più intenso rispetto a quello richiesto dall’aggressione alta. In quest’ultimo caso si punta a non correre all’indietro, bensì a pressare in avanti. Sono richiesti parecchi sprint e quindi bisogna possedere una brillantezza muscolare maggiore. Però, il calciatore, se tutto funziona, ve lo assicuro, si trova meglio in un’organizzazione come quella di Giampaolo perché a nessuno piace rincorrere”.