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Loquor

Se Bobo TV diventa il nostro orizzonte

Torna un nuovo appuntamento con "Loquor" la rubrica di Carmelo Pennisi: "Leggere le cronache degli ultimi giorni sulla svolta a sorpresa voluta da Vieri per la sua “Bobo-TV”, ovvero l’allontanamento dei tre storici compagni di avventura..."

“Ogni individuo ha una propria misura del tempo”

Stephen Hawking

Leggere le cronache degli ultimi giorni sulla svolta a sorpresa voluta da Vieri per la sua “Bobo-TV”, ovvero l’allontanamento dei tre storici compagni di avventura(Cassano, Ventola, Adani), pone una serie di domande sull’attuale stato mentale del Paese e sulla qualità pretesa o meno dalla sua informazione. Il fatto che internet abbia consentito a chiunque di appalesarsi davanti ad un pubblico, sovente squinternato nei gusti e nella gestione del proprio tempo, ha fatto credere come questa sia stata una grande svolta di libertà e democrazia, mentre in realtà ha fatto scadere ancora di più l’attendibilità del nostro modo di apprendere le notizie. Gli ormai ex quattro della “Bobo-Tv” avevano sostituito i “commenti da bar” con “i commenti da spogliatoio”, ma pur cambiando location gli stilemi da improvvisazione e velleitarismo cronico erano rimasti gli stessi del bar. “Non abbiamo più bisogno di leggere i giornali, le notizie le troviamo facilmente sulla rete”, è uno dei commenti più comuni, e scellerati,  da tempo in voga tra la gente italica, ed è un commento vittima di una anarchia ignorante colpevole di aver fatto dimenticare, chissà perché, come il giornalismo sia un mestiere. Un mestiere fatto di talento e di esperienza, che porta il lettore ad orientarsi sui “rumori” provenienti dal mondo persino nell’abilità di comporre l’impaginazione di un giornale o la scaletta di una trasmissione. I mestieri non si improvvisano, non possono essere alla mercè di un abbonamento “Streamyard” da poche decine di euro o di una iscrizione alla piattaforma “Twitch”.

Eppure sta accadendo questo, con torve di persone che si parcellizza sulla rete e si illude di ritrovarsi protagonista del mondo dell’informazione, sacrificando tempo alle famiglia e ad una socializzazione vera di cui il Paese avrebbe urgente bisogno. Non si trovano più volontari per gestire le attività degli sport amatoriali, molti oratori sono stati costretti a chiudere per mancanza di adulti disponibili a sovrintendere alle attività degli adolescenti, non si frequentano più ritrovi per confrontarsi sulla politica e sulle necessità delle nostre comunità. Tutto si è confinato dietro allo schermo di un computer o di uno smartphone, a parlare, parlare, e ancora parlare. Internet da veramente la sensazione, fallace, del famoso “uno vale uno” di pentastellata memoria, e allora sale su l’irrefrenabile voglia principe del narcisismo: vogliamo contare. Il “cogito ergo sum” di Cartesio, summa della necessità del pensare per cogliere la propria esistenza, è stato sostituito dal “loquor, ergo sum” di una vulgata insensibile dal voler prendere atto come parlare sia anche un atto di responsabilità, questa cosa ormai sconosciuta e dispersa dalla Alpi a Lampedusa. In un tale contesto fuorviante dalla ragione, appare quasi logico l’idea di alcuni calciatori, chiaramente sprovvisti di cultura adeguata e di professionalità, di approfittare della popolarità guadagnata grazie a dei piedi abili a calciare regalati dal discernimento di un Creatore, per tenere incollate qualche migliaio di persone davanti a dei deliri confusi per delle acute analisi sul mondo del calcio.

Le complicità createsi in spogliatoi passati, hanno consentito a questi quattro carneadi dell’analisi sportiva di avere con facilità ospitate di ex colleghi della pedata ora diventati importanti allenatori, direttori sportivi o qualsiasi altra diavoleria il calcio moderno si sia inventato o stia per inventare per collocare gli ex calciatori al suo interno dopo la fine di una luminosa carriera(l’ultimo è il caso di Zlatan Ibrahimovic diventato consulente, non si capisce bene di cosa, di Milan e Red Bird). Mi si sottolineerà la libertà dei club di assumere chi gli pare e persino con ruoli inventati ad hoc, come nel caso di Ibra, vista la natura aziendale/affaristico impostasi nel mondo del calcio, ma anche queste sono in tutta evidenza parole buttate nel vento del disordine e dell’arbitrio. “Exigua his tribuenda fides, qui multa loquuntur” (bisogna prestare poca fede a quelli che parlano molto), scrive Marco Porcio Catone, e pare un invito molto attuale a non far diventare la facilità di comunicazione offerta dalla rete preda di irresponsabili narcisi, colpevoli di aver fatto perdere ogni valore al “verbo”. I confini del pudore della parola, incitato dal diabolico “vietato vietare” in voga sin dalla fine del secolo scorso, sono stati spostati sempre di più in avanti fino a polverizzarli. E’ la mancanza di responsabilità, conseguenza del “vietato vietare”, che ora ci sta facendo assistere ad una quasi citazione teatrale goldoniana nel furente Bobo Vieri che in un secondo ha deciso di chiudere un passato di nulla, spacciandolo per il necessario passaggio verso il futuro di altro nulla.

“Non smettete di seguire Bobo-Tv, abbiamo nuovi format in cantiere”, ha detto l’ex bomber della Nazionale, più adombrato che mai, mostrando di non conoscere la differenza tra  “brand” e “format”. La gente che parla non è un format, è l’idea di come decidi di farla parlare e in che contesto semmai lo può diventare(l’esempio di “Quelli del Calcio” di Fabio Fazio ne è uno degli esempi più chiari), altrimenti tutto si basa sulla capacità di un brand, in questo caso la popolarità acquisita su un prato verde da Vieri e compagni, di tenerti incollato o meno davanti ad uno schermo. Vediamo di essere ancora più chiari: se domani mattina  raggiungessi un accordo con Urbano Cairo e Gerry Cardinale per avere in un mio canale tutti i tesserati di Torino e Milan a mio piacimento, e ovvio come avrei migliaia di contatti facili e  conseguentemente forieri della nascita di “Pennisi-tv”. Saremmo, in questo caso, di fronte ad un nuovo format? Forse sarebbe solo un approfittarsi a strascico della predisposizione di Cairo e Cardinale di farmi favorire della potenza evocativa del “brand” dei loro club e del “brand” dei loro giocatori.

La popolarità offusca gli intelletti, fa mangiare addirittura i cibi indigesti di certe catene mondiali del fast-food incatenando la ragione alla mistificazione di un traguardo raggiunto(in questo caso nella degustazione del cibo), e impedisce la capacità di scelta che, ripeto, e anche responsabilità. La responsabilità, questa cosa dimenticata in chissà quale recesso, a cui mi ha fatto pensare un film in questi giorni nelle sale (“Tramonto a Nord Ovest”). Un piccolo film sabaudo/piemontese(nelle intenzioni e nell’animo. Ma qui il discorso sarebbe lungo), ma delizioso, immerso nelle vicende di un personaggio atono rispetto alla vita che gli scorre davanti, impossibilitato dal capire il valore di una scelta e quindi giunto alla conclusione come sia meglio non farlo, si definisce nel seguire la corrente solitamente priva di grandi sussulti ma incapace di sgradite sorprese. Un piccolo imprevisto lo spinge a prendere il suo zaino e ad inerpicarsi in un percorso di montagna, l’intenzione è quella di raggiungere una vetta. Qualunque essa sia. Gli incontri e gli imprevisti gli impongono decisioni vere, quelle dove quando si sbaglia o ci si prende chiede un prezzo da pagare, quelle dove la responsabilità è sovrana e non può essere dissolta dallo spegnimento di un supporto digitale. Il film mi ha toccato dentro e tornando a casa dopo la sua visione ho pensato: non possiamo sempre fuggire, non possiamo approfittare di internet per farlo. La vita reale non dipende da un brand o da una popolarità, non può essere ostaggio di un abbonamento a “Streamyard”, non la si riduca ad una triste allegoria del bar o di ciò che un tempo si è stati all’interno di uno spogliatoio.

Il calcio è un bene comune, e come ogni bene comune va difeso da tutti noi che della comunità facciamo parte, e in questa difesa va inclusa anche l’informazione alla quale decidiamo di accedere. Dobbiamo difendere la qualità e l’anima del calcio, è nostra responsabilità. “A tutti quei maiali, vigliacchi e topi di fogna che la motivazione fosse economica una cosa dico: siete dei falliti.”, davvero a uno capace solo di pensarla una cosa del genere si vuole affidare il nostro tempo e la nostra informazione? “La cattiva notizia è che il tempo vola. La buona notizia è che sei il pilota”, ha scritto qualcuno, nell’intenzione evidente di esortarci finalmente di metterci alla guida dell’automobile delle nostre decisioni: non lasciamole facile prede di irresponsabili narcisisti provvisti di “brand”. Andiamo oltre e disegniamo il nostro futuro. Qualunque esso sia. In bocca al lupo.

 

Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.

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