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Camolese: “Giocatori e ambiente si stringano intorno al Toro. Un mio ritorno? Ho già dato”

Andrea Calderoni

Esclusiva TN / Le parole dell’ultimo tecnico granata vincitore sotto il Vesuvio nel 2009

L’ultima volta del Torino vittorioso sotto il Vesuvio era il 2009. La stagione finì male per i granata, ma quel giorno la squadra allenata dal subentrato Giancarlo Camolese ottenne tre punti preziosi in una battaglia complicatissima, risoltasi soltanto all’ultima giornata. Camolese, tuttavia, non è soltanto il mister dell’ultimo successo a Napoli. Per tutto il mondo Torino è molto di più. Proprio per questo in esclusiva a Toro News ci illustra il suo parere sul momento dei granata e sull’imminente trasferta al “Diego Armando Maradona”.

Buongiorno Giancarlo, cosa attendersi dal Torino stasera contro la formazione di Gennaro Gattuso?

“Dobbiamo aspettarci una gara di carattere provando a fare punti per muovere la classifica”.

Carattere che si è visto a tratti nel primo terzo di stagione. Gli sprazzi di gioco hanno lasciato troppo spesso spazio ad amnesie e a vuoti di sceneggiatura clamorosi.

“Sono d’accordo. Al Torino è mancata la continuità di rendimento nell’arco dei 90’. In alcuni momenti ha mostrato buone giocate, ma poi bisogna restare in partita fino al triplice fischio. Ciò non è accaduto praticamente mai e i risultati sono stati quasi sempre differenti rispetto a quelli che ci si attendeva”.

Come si può spiegare il cronico problema mentale dei granata? Giampaolo ha dichiarato dopo il Bologna che il Torino paga ancora gli strascichi della seconda metà della scorsa stagione.

“Credo che in questo momento tutti devono compiere un grande sforzo: lasciarsi alle spalle quello che è stato. Tutto il collettivo deve concentrarsi sulla prestazione in campo. Da questa situazione si può uscire e si deve uscire, ma tutti devono collaborare. L’intera rosa dovrà dimostrare lo spirito giusto. Nessuno potrà tirarsi indietro e nessuno sarà più investito di altri. Giocatori e ambiente devono stringersi intorno al Toro”.

Cairo ha detto apertamente che è pronto a mandare via i giocatori che non vogliono più stare al Torino. Anche il presidente, secondo lei, ha fiutato che qualcuno non è più pronto a spendersi totalmente per la maglia?

“Stiamo parlando di professionisti che devono fare fino in fondo il loro dovere. Secondo me, se qualcuno non voleva più stare al Torino doveva dirlo mesi fa, quando cioè stava terminando la scorsa stagione. A me sembra scontato che se un individuo non vuole più stare in un certo ambiente deve dirlo, non dev’essere sollecitato a dichiararlo. Ora il vero problema è far rendere secondo le loro qualità tutti i componenti della rosa. Ci sono calciatori che possono rendere di più. Il mercato è ancora lontano. Non bisogna pensare al mercato. L’unica cosa che conta è impegnarsi per fare punti in questo preciso momento”.

Ad incarnare meglio di chiunque altro lo spirito granata è Andrea Belotti. Il capitano esempio per tutti?

“Belotti è fortissimo, è un giocatore che tutti gli allenatori vorrebbero allenare. Su questo non ci sono dubbi. Però, un giocatore in uno sport di squadra come il calcio non basta. Non basta Belotti a fare il Torino e a salvare un’annata. Belotti fa la sua parte e speriamo continui a farla. Insieme a lui serve, però, la collaborazione del resto del gruppo, perché sappiamo che il gruppo attuale del Torino vale di più della classifica di fine dicembre”.

Allarghiamo il raggio dell’analisi. Il 2020 del Torino è stato l’anno dei record negativi. Cambiano i tecnici ma i problemi restano. Che idea si è fatto dell’involuzione granata dall’uscita nel play-off di Europa League contro il Wolverhampton all’ultimo posto attuale in classifica?

“Non è soltanto una questione legata ad un singolo giocatore. È una questione più profonda che investe più persone e non soltanto i giocatori. Si può andare a lavorare con serietà timbrando il cartellino oppure si può timbrare il cartellino e aggiungerci cuore, anima e passione per la propria professione. Per il Torino è giunto il momento nel quale non si può più timbrare soltanto il cartellino, ma bisogna metterci quel qualcosa in più. Il Torino, però, fino a domenica appariva nella situazione opposta”.

Ultimo vincitore granata a Napoli. Che ricordo ha di quel successo e di quella fetta di stagione in sella al Torino?

“Fu una stagione in cui ebbi a disposizione 10 partite e conquistai 11 punti, quindi media salvezza. Mi ricordo che fu un percorso difficile da affrontare per la condizione fisica della squadra. Però, quel gruppo di giocatori fece il massimo. Le annate diventano belle e brutte dal primo giorno di ritiro. Metterci delle toppe strada facendo è complicato, mettercele a 10 giornate dalla fine lo è ancor di più. Comunque, quel pomeriggio fu felice ma appena uscimmo da Napoli il Bologna fece gol al 92’ e ci fece capire che il momento non era proprio fortunato. Il messaggio da trarre da quella stagione, comunque, è un altro: le stagioni vanno impostate bene dall’inizio. Porre delle pezze è sempre difficile”.

Un’ultima domanda. Se Cairo la richiamasse, cosa risponderebbe?

“Ho già dato. Il Torino fa parte della mia vita e della mia storia. In ogni angolo dove io sarò chiederò quanto ha fatto il Torino. Però, penso che la vita abbia delle fasi e questa non è la fase per tornare al Torino”.