Culto

Possiamo essere eroi, anche solo per una sera

Francesco Bugnone

Martinez e Amauri non sono certo i giocatori più efficaci e apprezzati avuti dal Toro negli ultimi anni, ma Francesco Bugnone ci racconta come, in una sera a Copenaghen, anche loro, per una volta sola, seppero essere eroi

La prima parte della stagione del Toro 2014/2015 è a due facce. In campionato si paga carissima la cessione di Cerci e Immobile e si fatica per trovare assetto e continuità, cosa che, come per magia, riuscirà con l’arrivo di Maxi Lopez. Ma allora il Galina è lontano e il Toro finisce col flirtare pericolosamente con la zona retrocessione, complici rigori sbagliati, stranieri poco inseriti (Sanchez Mino e Ruben Perez, per esempio) e un attacco che segna troppo poco facendo venire il groppo in gola se si pensa a chi non c’è più. La squadra di Ventura limita i danni mettendola sulla solidità (la difesa resta buona, il rilancio di Gazzi rinsalda il centrocampo), ma i problemi ci sono eccome.

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Basta lasciare i parti confini e le cose migliorano notevolmente. Già, perché quell’anno il Toro è in Europa League, sfuggita in una modo che è un insulto, ma riacciuffata per la mancata ammissione del Parma. Le lacrime di disperazione al rigore di Cerci diventano sorrisi, mentre il solito moralismo ridicolo blatera che il Parma aveva meritato sul campo eccetera eccetera ignaro del fatto che, di lì a poco, i gialloblù falliranno dimostrando plasticamente il modo quanto meno allegro con cui era stata costruita quella squadra.

Si parte dai preliminari: se col Brommapojkarna è una passeggiata di salute, con l’Rnk Spalato si rischia. In una doppia sfida che mostra, se mai ce ne fosse stato bisogno, l’inadeguatezza alla causa di Larrondo e Barreto, decide il rigore di El Kaddouri a Torino. Gli attimi finali in cui il Toro, in preda a un braccino tremendo, non riesce a spazzare e si trova a fronteggiare un calcio d’angolo che potrebbe mandare a catafascio tutto quanto, sono vissuti dal pubblico con un’angoscia che si può quasi toccare con mano.

Il sorteggio del girone è abbastanza benevolo: Brugge, Fc Copenaghen e HJK Helsinki. Possiamo passare. L’esordio è in Belgio e i tifosi invadono il capoluogo delle Fiandre riempiendolo di granata, alcol e allegria. L’eroe della gara è un belga, ma è il nostro belga: Jean François Gillet che ritorna fra i pali per rilevare un Padelli poco sereno. L’ex barese, davanti al totem dei portieri belgi, nonché sogno proibito di Borsano nell’estate 1990, Michel Preud’homme, tecnico dei padroni di casa, para praticamente tutto e quando non ci arriva lui ci pensa un intervento di Gazzi in scivolata a salvare un gol fatto facendoci conquistare un punto prezioso. Pur sfiorando addirittura il colpaccio nel finale, pungiamo troppo poco e quando viene fatto notare in conferenza stampa, Ventura, con la classica serenità che lo accompagna in questi frangenti, si alza e se ne va.

In casa contro il Copenaghen serve la vittoria. In uno stadio non particolarmente pieno (e qui vorrei capire cosa spinga a fare quasi tutto esaurito in un match già deciso all’andata come quello contro il Bromma per poi disertare l’esordio casalingo nel girone) il Toro gioca una gara a senso unico. I danesi non sembrano arrivati dai preliminari di Champions e subiscono la nostra spinta, ma tra la sfiga (traversa di Moretti) e l’imprecisione la porta di Andersen sembra stregata. L’ex bolognese Antonsson, però, ci offre una mano tirando giù in area Larrondo in pieno recupero. Sul dischetto va Quagliarella. Stavolta Larrondo, bontà sua, decide di non scippargli il tiro come contro l’Inter per poi fare una figura da cioccolataio. Sono sicuro di aver visto persone pregare prima del rigore, quasi parafrasando una vecchia barzelletta sui casinò (“che differenza c’è tra pregare in chiesa e pregare al casinò? Che al casinò preghi per davvero”). Fabio trasforma e il Toro strappa i tre punti.

Si vince anche contro i modesti finlandesi dell’Helsinki. Segnano Molinaro (!) e Amauri (!!!) quest’ultimo con un gran tiro da fuori festeggiato sotto i tifosi. La qualificazione sembra cosa fatta, ma c’è il solito suicidio quando, volati in terra finnica, perdiamo incredibilmente 2-1 disputando una partita orrenda. In casa contro il Brugge va in onda la partita dell’andata a parti invertite: attacchiamo solo noi e Ryan fa ciò che ha fatto Gillet all’andata negandoci la qualificazione matematica che arriverebbe col successo. La classifica dice Brugge 9, Toro 8, Helsinki 6 e Copenaghen, già eliminato, 4. In casa dei danesi abbiamo molte combinazioni favorevoli: passiamo vincendo, pareggiando o addirittura perdendo in caso di sconfitta dell’HJK. Però meglio vincere.

In Danimarca il Toro non è da solo. Mille tifosi sono venuti a vederlo, dimenticando l’amarezza nella precedente trasferta in nord Europa. Certe serate a sono magiche e quella volta sta per capitare qualcosa di speciale. Sì, perché una coppia d’attacco non certo tra le più prolifiche e fra le più ricordate della nostra storia sta per vivere un grande momento, forse l’unico della loro permanenza in maglia granata. Uno dei due è Josif Martinez, su cui ancora nutrivamo qualche speranza non avendo iniziato a sbagliare qualsiasi gol possibile e immaginabile prima di trovare gloria negli States. L’altro è Amauri, che tanto tempo prima sembrava il nuovo fenomeno e ora, essendo arrivato nel momento stesso in cui Cerci andava all’Atletico Madrid sul gong del mercato, è diventato suo malgrado il simbolo di una sventurata campagna acquisti, forse di tutte le sventurate campagne acquisti sulla faccia della terra.

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La partita parte proprio male. Gaston Silva, che già a Brugge fu protagonista di una prestazione da incubo, con un insensato retropassaggio lancia in area Amartey. Glik prova il disperato intervento in chiusura, la palla colpisce l’attaccante ed entra in rete. Fortunatamente è l’unico debito pagato al grottesco in quei 90’, visto che, nonostante le assenze a centrocampo, tanto che Ventura è costretto a schierare Bovo in quel ruolo, ci riprendiamo in fretta.

Al 15’ arriva il pareggio. Glik lancia lungo Martinez che, in corsa, controlla in giravolta sorprendendo Jorgensen che va completamente dalla parte opposta. Il venezuelano si ritrova con un gran pallone al limite dell’area e lo insacca in diagonale. Un anticipo di MLS, ma al freddo e al gelo. Se qualcuno vedesse le reti mangiate contro Empoli e Verona di lì a un annetto penserebbe a un fratello gemello scarso, invece sono la stessa persona. Il settore ospiti che esulta è uno spettacolo da inumidire gli occhi.

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Al 30’, su un altro lungo lancio, Amauri è in fuorigioco, ma ha l’intelligenza per non farsi tentare dal pallone. La posizione di Martinez invece è regolare e Antonsson, dopo essere diventato l’eroe del nostro cuore col fallo da rigore su Larrondo all’andata, si ripete stendendo l’ex Young Boys da ultimo uomo e guadagnandosi il cartellino rosso. Il Toro decide che è ora di mettere il macigno sulla qualificazione e attacca in forze. Al 42’ Amauri viene travolto in area da Jorgensen quando sta per sbatterla in porta: rigore ed espulsione. Con i danesi in nove il penalty calciato alla perfezione dall’italo-brasiliano vuol dire sedicesimi di finale.

Il Toro torna dentro nella ripresa con la voglia di mettere subito la parola fine alla gara per poi darsi  all’amministrazione. Un lampo di classe di El Kaddouri trova in area ancora Martinez che completa un gran movimento con un colpo sotto sull’uscita di Andersen. Gaston Silva, invece, vuole diventare cigno dopo troppi minuti da brutto anatroccolo e prima pennella un cross da sinistra su cui Darmian fa le prove del gol decisivo contro l’Athletic (inserimento sul secondo palo e conclusione al volo) per il poker, poi si mette in proprio con un diagonale mancino dopo deviazione aerea di El Kaddouri. E’ il 53’ e siamo 5-1. Può bastare. Chi è in Danimarca fotografa il tabellone, chi è a casa si accontenta del risultato che appare in alto sul televisore. Il giovane Graziano prova la gioia di esordire con la maglia del Toro al posto di “El Ka”.

La vita è più bella se ti qualifichi in Europa League con un poderoso 5-1 in casa del Copenaghen, non c’è niente da fare. Lo è ancora di più quando, dopo tanto soffrire, vengono fuori i protagonisti che non ti aspetti, che magari hai sfanculato e sfanculerai ancora, però quella sera no, perché quella sera sono i nostri piccoli eroi. E allora possiamo festeggiare, immaginare chi pescheremo nell’urna, iniziare a pensare a permessi sul lavoro e ad aerei da prenotare. Dall’urna uscirà Bilbao che sovrasterà questa serata danese a cui continuerò a restare un po’ affezionato. Dio quanto mi manca giocare in Europa.

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

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