00:49 min
LOQUOR

Parliamo dell’affare Newcastle United

Carmelo Pennisi

Torna Loquor, la rubrica di Carmelo Pennisi: "Ma perché Amanda Staveley è stata chiamata a lavorare ad Abu Dhabi presso un fondo di investimento del principe ereditario Mansour Bin Zayed al Nahyan?"

“La letteratura è una difesa

contro le offese della vita”.

Cesare Pavese

Un prestito di 180.000 sterline per acquistare un ristorante può essere l’inizio, se si è abili, di una vita da borghese riconosciuta della propria comunità o può essere, se si è situati nel posto giusto (Mino Raiola e la sua pizzeria frequentata da calciatori insegna) e se si è particolarmente fortunati, l’inizio di una scalata inarrestabile tra i nuovi potenti della finanza mondiale. Amanda Staveley, nuovo “dominus” del Newcastle United, nel 1996 abbandona il corso di laurea in lingue moderne del “Catharines’s College” di Cambridge a seguito, dicono le cronache, di un forte stress causato da un lutto familiare. “Quello che non mi uccide, mi fortifica”, recita un celebre aforisma di Friedrich Nietzsche, a voler sottolineare il valore massimo detenuto dalla resilienza nelle vicende della vita, che la ragazza di Ripon, ameno centro del North Yorkshire fino ad oggi noto solo per aver dato i natali al modesto ex calciatore Simon Grayson e per una chiesa eretta a devozione di San Pietro nel 688, mostra di possedere sin dal suo primo rischio da imprenditrice, quando ha l’intuizione di comprare lo “Stocks Restaurant” a Bottisham, un minuscolo centro (Wikipedia lo definisce addirittura un villaggio) nella fortunata posizione “di mezzo” tra Cambridge (la scienza e l’istruzione elitaria) e NewMarket (il vizio del gioco e il cuore pulsante dell’ippica british).

Da quel momento la vita di Amanda Staveley sembra ricalcare in modo impressionante la trama del film “Il Segreto del Mio Successo”, dove uno scatenato Michael J. Fox parte per New York alla conquista del mondo. Come tutte le persone molto coinvolte con lo scorrere dei soldi, il nuovo CEO delle “Magpies” non ama rilasciare interviste e parlare di sé, ma abbiamo una sua esemplare dichiarazione scritta davanti al giudice David Waksman dell’Alta Corte di Londra, chiamata a dirimere una contesa tra “PCP Capital Partners” (il private equity fondato da Staveley) e la “Barclays Bank” per una commissione da rivalutare sulla ricapitalizzazione effettuata nel 2008, attraverso capitali arabi, dalla storica banca inglese all’epoca sull’orlo del fallimento. In quella dichiarazione scritta si ricostruisce in modo sintetico, ma chiaro, come dal medio oriente parta tutta la fortuna della Staveley nella finanza internazionale. “È stata un’esperienza affascinante – scrive – che mi ha aperto molte porte e mi ha permesso di allacciare una serie di contatti molto preziosi”, e tutto ciò viene sottolineato, evidentemente, per convincere il giudice dell’Alta Corte di Londra di quanto lei sia stata fondamentale per recuperare i capitali necessari per salvare la “Barclays Bank”.

Ma perché Amanda Staveley è stata chiamata a lavorare ad Abu Dhabi presso un fondo di investimento del principe ereditario Mansour Bin Zayed al Nahyan? Sì, proprio lui, lo sceicco proprietario del Manchester City. E qui la faccenda comincia a diventare nebulosa, ma interessante, perché, a scorrere il nuovo assetto azionario del Newcastle United, si scopre un nome poco noto, ma che potrebbe spiegare, in via ipotetica ovviamente, qualche intreccio della genesi dell’affare Newcastle. Jamie Ruben è un rampollo della seconda famiglia più ricca del Regno Unito (con interessi talmente vari da perdere la testa), proprietaria della “Arena Racing Company” gestore, tra le altre cose, di 16 ippodromi e principale operatore delle corse dei levrieri in Gran Bretagna. Non è impensabile ritenere come da New Market,  dopo essersi occupato del suo ippodromo, il buon Jamie sia passato  dallo “Stocks Restaurant” e come tra lui e Amanda Staveley (allora fresca vincitrice del premio “Cambridge Businessperson of the Year”) sia nata un’intesa per occuparsi insieme di affari. Siamo nel campo dell’ipotetico e del romanzo, è vero, ma si sta provando a seguire qualche indizio, vista l’impossibilità  per opportunità e ricchezze di nascere dal nulla. Si fa fatica a credere ad una semplice coincidenza, quando il primo salto nel mondo dei grandi affari Staveley lo fa ad Abu Dhabi nel settore immobiliare, dove la famiglia Reuben è un assoluto primo attore sul mercato mondiale. Tra la costruzione di un immobile e un altro, con ai suoi ordini stuoli di architetti, la futura “signora” delle “Magpies” trova il tempo di occuparsi di condurre negoziati con Muammar Gheddafi su un possibile salvataggio del governo di Dubai da parte della “Libyan Investment Authority” e di agire per conto di Thaksin Shinawatra, magnate e un tempo politico thailandese di primo piano, per l’acquisizione del Manchester City.

A guardarla da lontano, Amanda Staveley sembra l’inglese più di successo tra gli arabi dopo Lawrence d’Arabia e ad oggi sono sconosciuti i motivi per cui una donna d’affari sia stata designata a guidare dei negoziati con risvolti politici complessi, in genere affidati a persone con curriculum diplomatici più “profondi”. Più si va a fondo in questa storia, e più si scorgono coincidenze che appassionerebbero scrittori con il vezzo del complotto alla Robert Harris. Il giovane Jamie Reuben (ha solo 34 anni), quando aveva 25 anni fu scelto da Boris Johnson, attuale Primo Ministro inglese, come presidente del comitato per la sua rielezione a sindaco di Londra, e un’ennesima coincidenza sembra appalesarsi, se per un attimo si collega il tanto agognato affare Newcastle andare in porto proprio sotto il “regno” al numero 10 di Downing Street di “BoJo”. Sono fan del Partito Conservatore David e Simon Reuben (rispettivamente zio e padre di Jamie), e circondati da tante di quelle storie e sospetti da poterci riempire pile di sceneggiature di una serie tv stile “Succession” interpretata dal bravissimo Brian Cox, come quando il Ministro degli Interni russo, Anatoly Kulikov, nel 1997 li accusò di avere collegamenti con la mafia russa (la “Izmaylovskaya”) capitanata da Anton Malevsky. Boris Eltsin, allora padre-padrone di tutta la Russia post comunista, pose fine a tutte queste accuse con la rimozione di Kulikov dal suo incarico agli Interni(insabbiamento? Chissà).

Come tutte le famiglie potenti, i Reuben hanno molti amici, ma anche qualche nemico particolarmente accanito da cui guardarsi. Ken Livingstone, il “rossissimo” sindaco di Londra dal 2000 al 2008, in una conferenza stampa passata alla storia li mandò soavemente a quel paese, invitandoli a tornare a fare affari con gli “Ayatollah” iraniani se non gli piaceva come andassero le cose sotto la sua Amministrazione. Questa “uscita” di Livingstone porta, continuando nel nostro romanzo alla Robert Harris, ad un altro indizio a carico di Amanda Staveley, la quale un giorno del 2011 decide di sposare un altro oggetto nebuloso sull’asse finanziario mondo islamico-City londinese. L’iraniano Mehrdad Ghoudossi, entrato insieme alla consorte nel board del Newcastle, ha una storia familiare complessa ed errante, fatta di un doppio passaporto (iraniano ed inglese), di affari più o meno chiari e di ossessiva fuga dai riflettori dei media. Negli indizi da trama letteraria che stiamo seguendo, i forti legami denunciati da Livingstone tra la famiglia Reuben e l’Iran prefigurerebbero un senso strategico nel  matrimonio di Amanda Staveley con un misterioso finanziere iraniano.

E fa impressione l’ultimo elemento della nostra storia, ovvero il Fondo Investimenti Pubblici (PIF) controllato direttamente dalla controversa famiglia reale saudita, che ha messo l’80% dei 370milioni di euro occorsi per andare a comandare dalle parti del “St. James Park”. La famiglia Reuben pare essere stata un ottimo pigmalione per Staveley, che ora ha realizzato il sogno (già tentato con il Liverpool) di sedersi sulla plancia di comando di un club della Premier League. “Investo in marchi sportivi e aziende nel settore dell’ospitalità”, scrisse nella dichiarazione al giudice Waksman, ma era solo un piccolo vezzo all’interno di un quadro disegnato con molte più ambizioni nei dettagli. Questa donna, non si sa come (non spingeremo oltre la nostra trama letteraria), sta riuscendo a navigare tra due nemici storici nel mondo Islam come Arabia Saudita e Iran, a farsi benvolere da una delle famiglie ebree più potenti della finanza internazionale, e ad apprestarsi a smontare definitivamente il progetto “SuperLeague”. Appare chiaro come la potente dorsale finanziaria che attraversa  Paris Saint Germain, Manchester City e ora Newcastle United abbia sancito un interesse arabo più per una Champions League da comandare con i loro soldi irraggiungibili per tutti, che andare a spartire una posizione di supremazia faticosamente raggiunta nel calcio continentale. Sarà una partita, questa tra mondo arabo e ciò che rimane dell’aristocrazia europea (l’euro doveva renderla più forte, dicevano. Intanto a comandare, persino nel calcio, sono arabi, cinesi e americani), che la sentenza del Tribunale di Madrid a favore della “SuperLeague”  prova a fermare in una riedizione di una chiamata alla “Reconquista” sulla falsariga di Isabella di Castiglia.

Fa tenerezza Karl Heinz Rumenigge quando ricorda a tutti noi come le sanzioni economiche “sarebbero una nota relativa per club come il Psg o il Manchester City”, e invocando pene più significative e rigorose sul mancato rispetto del Fair Play finanziario per quei club che i soldi potrebbero pure buttarli a mare con noncuranza. Evidentemente l’ex grande calciatore tedesco non deve aver saputo dell’ultima decisione del Borgomastro di Colonia, in cui si autorizza di diffondere la quotidiana chiamata dei “muezzin” alla preghiera attraverso degli altoparlanti posti in vari punti della città (il “basta che il volume non sia eccessivo” è il risvolto comico). Ma il problema potrebbero non essere i muezzin a cantare con lo stesso volume di un festival canoro, ma il “Per Chi Suona la Campana” di Hemingway ormai passato di moda. Ma questa è  suggestione letteraria, piuttosto fidiamoci della Premier League e della sua assicurazione sul fatto che legalmente “il Regno dell’Arabia Saudita non controllerà il Newcastle United”. Sapersi vendere bene è sempre stata un arte… prosit! Anche rivolto a quegli improvvidi pronti a commentare che preferiscono vincere, quando stanno già perdendo.

Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.

Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.