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Le ‘cassandre’ dissentono

Prosegue il dibattito sul futuro prossimo della squadra, della conduzione tecnica e delle scelte societarie. Come detto (e come ribadito da questo pezzo), diamo spazio a tutte le opinioni, diversificate tanto all'interno...

Redazione Toro News

"Prosegue il dibattito sul futuro prossimo della squadra, della conduzione tecnica e delle scelte societarie. Come detto (e come ribadito da questo pezzo), diamo spazio a tutte le opinioni, diversificate tanto all'interno della redazione, quanto tra i tifosi che ci scrivono.

di Fabiola Luciani

Dissento, dissento e ancora dissento.

Ho letto la lettera del Centro Coordinamento Toro Clubs, ma permettetemi di dissentire non nel suo insieme logico e costruttivo, ma nei toni usati.

So benissimo che qui nessuno è censurato, ma si fatica a reggere l’etichetta di guastafeste e di incontentabile, la critica metafisica di non saper godere il momento, e l’infamante sospetto di voler attentare al bene comune.

I frequenti inviti a smetterla, a discutere di altro, a non parlare al conducente e a non sputare per terra, sono per me il segnale di un timore ancestrale e un indizio di debolezza latente, come se le quattro righe di una sciagurata qualunque potessero incrinare il giocattolo da poco allestito.

Io ho un’idea più solida del Toro e del suo ambiente, da sempre frazionato nel confronto interno ma comunque unito contro le minacce esterne … questo sia ben chiaro a tutti.

Tra l’altro, sentir sbuffare sarebbe nulla; mi preoccupano i richiami alla linea e qualche tentativo di delegittimazione, perché a volte l’off-side è più comodo del contrasto a uomo, ma il fuori gioco non si può fare con regole soggettive.

In qualche momento, dopo 21 anni di Toro, mi son chiesta se ero ancora Granata, perché le teorie, i dogmi, la logica usata a mo’ di mannaia, gli slogan, i luoghi comuni, tentavano in ogni modo di insinuarmi il dubbio.

E solo perché le scelte tecnico – tattiche del mister non le condivido?

Forse mi illudo, ma ormai mi sembra evidente.

La questione Bianchi e Rosina non riguardano più soltanto Bianchi e Rosina, e spero che tutti gli amici possano cogliere i significati che travalicano il semplice giudizio su dei giocatori.

Comincio con il dire che senza questo argomento, una volta esaurita la gustosa fase dei quiz e dei giochi, non sembrano esserci altre discussioni stimolanti e oscurate dal fervore per Ale.

Questo per dire che gli irriducibili, al di là della noia che producono, non sottraggono spazio. Anche perché inneggiare a Cairo o a GDB, dichiararsi soddisfatti, fidarsi della Società, o sbeffeggiare certe decisioni o prese di posizione, non arricchisce e non stimola le intelligenze dei “writers” di questo o di altri siti.

E allora, dietro l’incolpevole Rosina, si agita un modo d’intendere il calcio raffinato, e il conseguente sconforto per l’emarginazione di chi lo può rappresentare, chiunque esso sia.

Non è più Rosinaldo, è una “blue chip” comprata in borsa nel giorno del tracollo e che si sta svendendo e svalutando proprio nel momento in cui si potrebbe pagare il dividendo.

Tutto ciò che è scambiato per fanatismo o “gioco al massacro” come scritto da qualcuno, almeno per me, è la consapevolezza di disperdere un patrimonio raro, gestito male, e destinato tra poco ad attivare la nostra arte prediletta: quella dei rimpianti.

Inoltre, e qui Rosina c’entra sempre meno, è in ballo il diritto di affrancarsi dal pensiero dominante.

Ma il campo in cui Rosina diventa solo un nome degli almanacchi, e potrebbe chiamarsi Piripicchio, è quello dell’approssimazione con cui si scrivono certe cose.

Le imprecisioni abbondano e sono consapevole che questa critica è reversibile.

Proprio ora, che posso affermare che da anni non si vede in campo una parvenza minima di gioco, se non a tratti e in occasioni sporadiche ed occasionali.

Proprio ora, che puntualmente mi vergogno per le sonore batoste che prendiamo nelle sempre più frequenti partite del nostro ex fiore all’occhiello e famigerato settore giovanile.

Proprio ora, che in quasi tre anni e mezzo non sono ancora riuscita a captare nemmeno il primo punto del tanto decantato “progetto”.

Proprio ora, che qualcuno chiede di non dilapidare il patrimonio speso in questi anni.

Mi turba la frase scritta in fondo alla lettera che dice: “…di non dare retta a quelle cassandre legate ancora e soltanto a quel passato al quale, la natura stessa del calcio moderno, non permetterà mai più di tornare”, sembra un’inezia, ma diventa un alibi e svela il movente. In più, poiché spero che nessuno possa crederci veramente, vien da domandarsi, come direbbe Medea: “cui prodest?”

Forza Toro al di là del tempo e dello spazio.