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Ricomincio da tre

di Fabiola Luciani

 

In una partitura di W.A. Mozart, esiste una clamorosa “stonatura”.
Nel finale, i tre accordi conclusivi si distaccano dalla tonalità del brano e...

Redazione Toro News

di Fabiola Luciani

In una partitura di W.A. Mozart, esiste una clamorosa “stonatura”.Nel finale, i tre accordi conclusivi si distaccano dalla tonalità del brano e creano una dissonanza terribile, calante e discendente. Pare che Mozart abbia voluto così protestare per lo scadente livello dei musicisti che, in quel periodo, eseguivano la sua musica.

Ho riempito il bicchiere fino all'orlo e mi sono messa a fissarlo a lungo. Per il gusto di scoprire qual è la goccia che lo fa traboccare. Mi sento come ci sentiamo tutti, svuotata. Oramai non si contano più le partite il cui finale ci riserva situazioni grottesche e siamo stanchi. Non può andare sempre, sempre così. I soliti ingredienti che hanno condito questi nostri ultimi campionati.GDB ha spremuto i suoi pupilli anche oltre ogni logica evidenza, senza concimare il terreno per il progressivo inserimento dei pur degni rincalzi. Non che perdere agli ultimi minuti come con il Catania sia più indolore, ma questa precoce arrendevolezza è disarmante e deprime il pathos della gara.

La parola che spiega certe sconfitte è "fragilità", soprattutto difensiva.

C'è sempre una buona ragione per beccare goal in trasferta, ovunque, e mai in trasferta in questo campionato siamo rimasti vergini. O è una prodezza degli avversari, o è un rigore, o un'autorete, o un off-side non fischiato, o una congiura degli astri, ma in trasferta è fatale subire e poi tutti in salita a inseguire. Questa fragilità non ha un responsabile particolare, ma snatura la nostra impostazione che non può far conto su un bunker impermeabile.

Highlander Sereni, si è beccato tre pappine dal criceto Mascara, vista l'assenza della difesa impegnata al convegno di psicologia dal tema "siamo i più belli, siamo i più forti”.

Quanto a Diana, pare che stia leggendo la biografia di Comotto, ma è ancora alla prefazione.

Continua a prevalere l'idea che per vincere si debba sempre farne uno in più degli altri, ed ecco che il discorso si sposta sull'attacco, e qui la parola chiave è "concretezza".

A volte l'occasione è una sola, e a Barone gliene capitano addirittura due, ma si ritrova sempre col deretano per terra a calciare tiri fiacchi e storti a mo di campione del mondo.

Manca qualcosa nel nostro attacco: forse gli attaccanti?

Ci vorrebbero esterni ficcanti che sapessero concludere, e già usare un condizionale e un congiuntivo per auspicare un'ovvietà la dice lunga. Attendo con ansia il ritorno di Abate, ma anche di Rosina se si adegua al ruolo.

L'unico che sa tirare da fuori è Dzemaili, ma non tira, e il progetto di arrivare in porta con la palla si ferma al secondo dribbling. Ma Saumel dov’era?

Nella tecnica raffinata con il pallone tra i piedi, escluso il sempre generoso Stellone degno di alcune giocate prestigiose, ci manca qualche invenzione e qualche goal di Rosina ma, per segnare, dovrebbe almeno scendere in campo.

Il migliore sui salti e sui colpi di testa sarebbe Bianchi ma, per non sollevare polveroni, uso una frase sterile che funziona sempre: il Mister lo vede tutti i giorni ed è giusto che decida lui.

Il problema del centrocampo invece è la "solidità", intesa non solo con le equivalenze dei chili e dei centimetri, ma nella forza di non sperperare palloni. Le geometrie ci sono, ma al terzo passaggio s'inceppano e innescano i ribaltamenti micidiali di chi invece sa interpretare il cinismo.

Dzemaili è leggerino e quindi fa leggerezze, ma da quella parte è stato sistematicamente messo in inferiorità numerica, non potendo contare sull'apporto di Barone impegnato a farsi la manicure a centrocampo. Di Loreto è pesantuccio ma ha lo splendido difetto di non riuscire mai a metterci una pezza quando occorre, Ogbonna deve stare in mezzo perché le righe limitano il suo universo, Colombo invece è imprevedibile su ciò che può fare oltre il moto perpetuo, e proprio ieri mi ha smentita nel giro di un minuto; in piena area piccola anticipa l'avversario, con una tale naturalezza che ti viene da chiedergli: "l'hai imparato solo ieri? Perché non lo fai più spesso?

Insomma, se qualcuno avesse avuto ancora dubbi su cosa sia il calcio e il ruolo del Toro in questo microcosmo basta che si sia seduto davanti alla televisione con l'animo rasserenato Domenica pomeriggio e tutto gli si sarebbe chiarito.

Noi, maledettamente noi, che non ci meritiamo la vittoria perché queste partite vanno chiuse, la gestione della palla è una bella cosa che non tiene conto però della nostra sfiga cosmica.E ancora una volta, l'ennesima, che vediamo il traguardo e non lo tagliamo. E ancora una volta, l'ennesima, che dobbiamo sprecare milioni di parole che il vento mestamente soffierà via per il mancato salto di qualità, del manifestarsi della personalità dei nostri giocatori, di errori decisivi e pesanti per l'esito finale.La prossima sarà il posticipo serale contro il Milan. Prima di questa gara invece sono molti i punti buttati al vento e, da parte degli avversari, maldestramente carpiti. Quindi la prossima partita se ne va caricando di significati eccessivi, che potrebbe riservarci amarezze infinite perché sono i fantasmi che aleggiano sulle nostre teste che sono lì a ricordarcelo. Ma non solo.È dura, per mille motivi, uno di questi è il timore del contraccolpo psicologico.

Ricomincio da tre, pensando a Troisi nonché al Toro di ieri e anche se i propositi futuri sono sontuosi, io mi accontenterei che avessero la mira giusta: poco spazio all'affetto e alle utopie, e tutti a cercare qualità in capo al mondo.

Forza Toro al di là del tempo e dello spazio.