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Ventura, Banti, Delio Rossi e Viviano: le diverse facce della sportività


Lo scorso weekend calcistico ha offerto numerosi spunti di riflessione sul concetto di sportività, un termine che in Italia si usa troppo spesso a sproposito e quasi sempre per sottolinearne...

Alessandro Costantino

Lo scorso weekend calcistico ha offerto numerosi spunti di riflessione sul concetto di sportività, un termine che in Italia si usa troppo spesso a sproposito e quasi sempre per sottolinearne la mancanza piuttosto che la sua presenza. Ebbi già modo, in seguito all'espulsione di Glik nel derby, di stigmatizzare il comportamento estremamente ipocrita di larga parte della stampa nazionale, immancabilmente pronta a sparare sul bersaglio "facile" in nome della correttezza sportiva quando questo non è legato alle cosiddette "big"e allo stesso tempo molto più "garantista" nei casi in cui vengano coinvolte le grandi.

Accade così che se in una partita come Udinese-Torino il signor Banti non concede due rigori oggettivamente netti a favore dei granata e l'allenatore del Toro abbozza dei pacati commenti di disapprovazione, è doveroso per la giacchetta nera a difesa del suo decoro e della sua autorità in campo sancire l'immediato allontanamento del tecnico dal rettangolo di gioco. Talmente corretto che il giudice sportivo al contrario ha pensato bene il giorno dopo di non squalificare Ventura, ma di limitarsi a diffidarlo riconoscendo in qualche misura l'eccesso di zelo del signor Banti. Pur ammettendo che non sia esistita domenica per l'Udinese nessuna forma di compensazione per il torto subito a San Siro contro il Milan nella partita precedente, il pensiero positivo dovrebbe andare al Torino e alla sua grande dimostrazione di sportività nell'accettare il verdetto del campo e le decisioni dell'arbitro: società e allenatore hanno fatto notare rispettosamente la loro contrarietà per quelle decisioni penalizzanti ma nessuno ha alzato i toni della polemica. Bene. Così dovrebbe sempre essere in un Paese civile.

Ma anche se Ventura avesse fatto davanti alle telecamere una sfuriata in stile Conte nel dopo Juve-Genoa, l'attenzione dei media sarebbe comunque andata tutta al dito medio di Delio Rossi, molto più "succulento" per la famosa teoria del "bersaglio facile". In fondo Delio Rossi era recidivo dopo la sua scazzottata con Ljiacic dell'anno passato, il capro espiatorio perfetto per la solita litania del "ha sbagliato", "sono cose che fanno male allo sport" ecc. ecc. Intendiamoci, non sto dicendo che Delio Rossi abbia fatto bene, né che il suo comportamento sia giustificabile, ma quello che mi chiedo è perchè nessuno si sia preso la briga di andare a chiedere a Burdisso, destinatario del "simpatico" gesto dell'allenatore blucerchiato, il perchè di quel particolare "saluto". Delio Rossi ha mancato di fair play scadendo nel cattivo gusto, ma perchè nessuno ha portato all'attenzione il comportamento altrettanto antisportivo del provocatore Burdisso? E' dunque tanto più antisportivo uno Zidane che reagisce rispetto ad un Materazzi qualunque che provoca? O è solo più facile scagliare la prima pietra su chi sbaglia palesemente piuttosto che doversi impegnare a ricercare un'altrettanto grave colpa in chi invece subdolamente si comporta male nell'ombra? O è semplicemente la ben nota Italia del "due pesi, due misure"?

Ancora diverso, invece, il caso di Viviano che sabato sera uscendo dal campo ha buttato per terra la maglia di Pirlo che Borja Valero aveva poggiato sulla sua spalla dopo averla avuta dal centrocampista juventino in cambio della sua. Più che una mancanza di sportività in questo caso mi pare si possa ravvisare un gesto forse infantile più che altro dettato dalla frustrazione della sconfitta. L'attenuante per il portiere viola è il suo essere genuinamente tifoso della squadra per cui gioca: lo sanno anche i sassi che per un tifoso della Fiorentina perdere con la Juve ha la stessa valenza emotiva che potrebbe provare un tifoso granata dopo una sconfitta nel derby. Viviano ha solo fatto ciò che la stragrande maggioranza di noi tifosi granata avrebbe voluto fare con Ogbonna al termine del derby di dicembre. In quell'occasione a fine partita Angelo scambiò la maglia con un bianconero e la cosa a molti apparve fuori luogo: un inglesissima stretta di mano (magari un po' scocciata...) agli avversari sarebbe stato un gesto più che sportivo ed accettabile in relazione alla pesante sconfitta. Con l'aggravante che se Borja Valero è straniero e probabilmente era solo in cerca di un souvenir come la maglia di Pirlo da far vedere un giorno ai nipotini, Ogbonna è cresciuto nel settore giovanile granata e conosce benissimo le dinamiche emotive dei derby torinesi e se avesse voluto una maglia della Juve per la sua collezione avrebbe potuto chiamare uno degli juventini suoi compagni di Nazionale e farsela portare a Coverciano al primo raduno, lontano da occhi indiscreti.

Va bene il calcio iper-corretto moderno, benissimo il fair-play, d'accordo che sono lontani i tempi in cui Pulici si puliva gli scarpini sulla bandiera della Juve prima di entrare in campo nei derby, ma personalmente il gesto innocuo di Viviano mi ha ricordato che esistono ancora sentimenti diretti e di passione autentica verso il calcio: quanto tempo dureranno prima di venire completamente estinti in nome dell'ipocrita sportività all'italiana?

Alessandro Costantino

Twitter: alecostantino74