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Burdisso: “Le origini piemontesi, la malattia di mia figlia, la scrittura: ecco chi sono”

Redazione Toro News

Burdisso prosegue: "Il momento più bello? Non mi viene un momento preciso, perché sono tanti, come tanti sono quelli da dimenticare. Io vivo il presente. Se volessi ritornare, ritornerei a quando sono andato via da casa mia a 14 anni. Immaginarmi in quel momento, nel 1996, vorrei tornare indietro per vedermi com’ero. Momenti più difficili? Dietro ad ogni storia di un calciatore, c’è tanto sacrifico e sofferenza. Tanta resilienza. Noi dobbiamo dare qualcosa in più, oggi ci sono i social che ti permettono di vivere la vita in maniera leggera, ma dietro ad ogni calciatore c’è una storia complessa. Dietro a tutti i campioni c’è tanto lavoro, costanza di andare avanti, di volere migliorare, e di avere una testa umile".

"Ancora l'argentino: "Cosa ci vuole per essere capitano? Sono i gruppi a decidere, sono loro che ti scelgono. Non ti puoi imporre solo perché hai fatto una carriera o fatto bene una partita. Il bello del gruppo è che sceglie il loro leader, sceglie chi ti tiene in divertimento, eccetera. Io me lo sono guadagnato, e anche qui ho imparato tanto da mio papà: lui ha fatto anche l’allenatore, mi nascondeva in panchina per non farmi cacciare, vedevo la sua leadership. Ancora adesso fa l’allenatore, ed è una cosa che mi ha insegnato tanto dal punto di vista del carisma".

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