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Toro, tra Europa e campionato, errori, scenari e trappole da evitare

TURIN, ITALY - AUGUST 22:  Andrea Belotti of Torino celebrates after scoring the goal of his team during the UEFA Europa League Playoffs 1st Leg match between Torino and  Wolverhampton Wanderers at Stadio Olimpico on August 22, 2019 in Turin, Italy.  (Photo by Valerio Pennicino/Getty Images)

Il Granata Della Porta Accanto / Siamo forse al primo crocevia della stagione: Sassuolo da non sottovalutare e mercato da far decollare

Alessandro Costantino

Inutile negarlo, la sconfitta col Wolverhampton è stata una bella doccia fredda sull'entusiasmo che si respirava attorno al Toro. Non tanto per il punteggio che, sì, è molto difficile da ribaltare sebbene non così impossibile in sé, quanto per il modo in cui è maturato, cioè per quel senso di inferiorità tecnico/tattica/fisica contro il quale in una sola settimana difficilmente si potrà trovare un rimedio davvero efficace per rintuzzare il divario visto sul prato del Comunale Grande Torino. La storia del calcio è piena di imprese sportive, di vittorie insperate, di qualificazioni strappate con le unghie e con i denti, per cui, col giusto atteggiamento mentale e con una serie di fortunate coincidenze che non possono mancare in questi casi, anche il Toro, questo Toro, può uscire giovedì prossimo dal Molineaux con un tasca il pass per i gironi di Europa League. D'altro canto essere eliminati dal Wolverhampton non è che sia questo tremendo disonore, occorre anche essere oggettivi. Non stiamo parlando del Manchester City o del Liverpool, ma di una squadra, al momento, un paio di gradini sopra il nostro livello e, con la dovuta onestà intellettuale, è giusto sottolinearlo. Il punto però non è trovare alibi ad un'eventuale eliminazione europea, quanto soppesare accuratamente ciò che oggettivamente squadra, staff e società avrebbero potuto fare per giocarsi la qualificazione con maggiori chances e cosa invece era oggettivamente penalizzante e quindi non migliorabile allo stesso scopo.

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A mio parere, questi ultimi, gli aspetti poco controllabili di questa sfida, sono stati tre: un sorteggio assurdo che se fatto al termine del terzo turno avrebbe evitato lo scontro tra Toro e Wolves in virtù del fatto che i granata sarebbero stati testa di serie come gli inglesi, l'assenza per infortunio di Lyanco e Iago Falque e l'impossibilità causa impegni con le nazionali a giugno e luglio di avere al 100% della condizione elementi come Rincon, Lukic e Ola Aina ed infine l'oggettivo divario economico fra squadre inglesi e italiane dovuto principalmente alla differente ripartizione dei diritti TV all'interno delle due Leghe.

Questo è un lato della bilancia ed ha inciso molto nella determinazione del fatto che il Toro, ad oggi, si ritrovi con più di un piede fuori dall'Europa.

L'altro lato della bilancia però, vede tutta una serie di fattori che sono dipesi in tutto e per tutto dalle varie componenti del Torino FC: la scelta di non fare mercato, le scelte tecniche di Mazzarri, la mancanza di mentalità ed abitudine a giocare incontri a questo livello.

Mi ha fatto sorridere la dichiarazione di Cairo con la quale ha sostenuto che un acquisto non sarebbe servito di per sé per vincere questa eliminatoria, sottintendendo probabilmente un acquisto perfezionato in questi ultimi giorni. Verissimo, senonché il presidente forse non rammenta che il campionato scorso è finito a fine maggio ed il mercato, ufficialmente, è cominciato ai primi di luglio, periodo nel quale se si fosse comprato quel giocatore di qualità che tanto mancava a questa squadra, lo si sarebbe trovato al 22 di agosto perfettamente integrato negli schemi del mister e nelle dinamiche di squadra. Piuttosto Cairo avrebbe fatto meglio a dire la verità e cioè che in assenza di plusvalenze o cessioni importanti la scelta di preservare il bilancio in pareggio (scelta magari non condivisibile dal tifoso comune, come me, ma perfettamente legittima nella logica di chi gestisce il proprio patrimonio, nella fattispecie Cairo il Torino) non consentiva al club di investire per rafforzare la rosa con i profili più adatti (e quindi anche più costosi). Il problema del nostro presidente, così come di gran parte dei politici, è che "deve" giustificare le proprie scelte agli occhi dei tifosi e siccome scegliere di non comprare è una decisione difficile da far digerire alla stragrande maggioranza dei tifosi, ecco che evita di parlare chiaro, tergiversando in attesa che gli eventi (una qualificazione ai gironi di Europa League, ad esempio) modifichi lo status quo e permetta un'azione più in linea con gli umori della piazza. Cairo purtroppo non è uomo dai facili entusiasmi e quelle sue dichiarazioni post Torino-Lazio di fine campionato ("faremo tre innesti di qualità, confermando i migliori") evidentemente devono essergli scappate in un momento (raro) di scarso autocontrollo. Infatti da lì in avanti ad un immobilismo quasi surreale sul mercato, il Presidente replicava con il mantra dell'essere riuscito a trattenere tutti i migliori di una rosa che addirittura definiva "difficilmente migliorabile", probabilmente anche qui sottintendendo criteri differenti da quello della posizione finale di classifica. In sostanza tornando al senso del discorso sulla partita con il Wolverhampton, un'alternativa ai due esterni presunti titolari (De Silvestri e Ansaldi) e soprattutto un centrocampista/trequartista dai piedi buoni e dalla forte personalità acquistati a giugno, avrebbero di certo aiutato la squadra a cambiare le sorti del match con gli inglesi.

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Il secondo aspetto riguarda le scelte di Mazzarri, chiaramente al netto delle assenze e della scarsa forma di alcuni elementi chiave, come i già citati Rincon, Lukic e Ola Aina. Il tecnico livornese ha "dovuto" fidarsi della formazione che bene aveva fatto nei turni preliminari anche se la caratura degli avversari era stata di molto inferiore. Le due punte supportate da Berenguer con Baselli (e Meité) a centrocampo, sono stati un 'atto di fede' che non mi sarei aspettato da un pragmatico come Mazzarri. Semmai Berenguer e Baselli a supporto della punta Belotti con una staffetta Rincon-Lukic a fianco di Meité in mezzo al campo, avrebbe avuto più senso nei classici ragionamenti Mazzarriani. Capisco che sacrificare uno Zaza apparso in gran forma sarebbe stato "impopolare", ma contro questi inglesi chiusi e molto abili a verticalizzare subito l'azione sarebbe stato meglio badare al sodo e rinforzare il centrocampo che invece ha fatto fatica a coprire la difesa lasciando spesso i tre dietro in condizione di uno contro uno con gli avversari.

Infine anche la squadra ha palesato qualche limite mentale. È stata superlativa nell'impegno e nel non mollare quando si è trovata per ben due volte sotto di due gol, ma si percepiva che la maggior parte dei giocatori non era abituata ad affrontare questo tipo di partite. Ma attenzione, non parlo di partite europee, bensì di partite contro squadre intense e tecniche. Il campionato italiano purtroppo privilegia la tattica spesso a discapito dell'intensità di gioco: si gioca per rompere le trame avversarie e per inibire il gioco altrui, raramente per affrontare l'avversario sul piano del gioco, del ritmo o della proposta offensiva. Questo su scala europea, soprattutto con le squadre inglesi, spagnole, olandesi o tedesche, si paga in termini di poca attitudine al rispondere colpo su colpo. Uno dei tanti mali del calcio italiano…

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Alla luce di tutte queste considerazioni mi sento di concludere sottolineando due aspetti fondamentali: il primo è la necessità di andare in Inghilterra a giocarsela fino all'ultimo minuto perché così richiede il peso della maglia che si indossa e il rispetto verso i tifosi che sono sempre accanto alla squadra a prescindere dai risultati. Il secondo è quello di non sottovalutare la partita d'esordio di campionato col Sassuolo. La lunga estate europea rischia di farci prendere sottogamba l'inizio del campionato. La bella favola del quarto posto nel girone di ritorno ci ha fatto erroneamente credere che questa squadra possa serenamente lottare per quelle posizioni anche quest'anno come se il campionato fosse una formalità. Tutti sappiamo, invece, che i valori si resettano ogni anno e che molte delle squadre che ci sono finite dietro l'anno passato hanno fatto buone cose sul mercato cercando di rinforzarsi, Sassuolo compreso. La partita con gli emiliani non sarà affatto facile, soprattutto perché arriva in un momento psicologicamente difficile per un Toro che deve fare i conti anche con una rosa molto corta e altri impegni ravvicinati all'orizzonte (trasferta in Inghilterra e a seguire quella contro l'Atalanta). È forse il vero primo crocevia per capire che piega può prendere la stagione: 3 punti in campionato e qualche mossa decisa della società sul mercato darebbero la conferma che il Toro è davvero un corpo unico pronto ad affrontare qualunque difficoltà.

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finchè non è finita.