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Toro ottavo: chiedimi se sono felice

Maria Grazia Nemour

Sotto le granate / Torna la rubrica di Maria Grazia Nemour: "Cosa chiedo al Toro? Che rappresenti qualcosa di me quando scende in campo, innanzitutto il colore, poi l’approccio: poco ego e tanta anima"

 “Dai fallo, chiedimi se sono felice” – ho detto domenica al mio amico granata dopo la partita, dandogli di gomito – “Non lo fai perché non lo vuoi sentire. Allora te lo dico anche se non me lo domandi: sì, sono felice”.

Sarò un’anima semplice, non ho grandi dubbi su questo, ma tre vittorie del Toro in otto giorni mi mettono di buon umore. Il mio amico granata tollera con difficoltà la mia buona predisposizione di spirito, è più concentrato sul fatto che a Roma non abbiamo perso solo perché chi amministra la palla si assume il rischio del contropiede e capita che gli giri male; focalizza sulla faticaccia di passare il turno con una squadra che, nonostante viva di fronte al mare, lotta per non affogare in B, come il Genoa; sulla pochezza dimostrata contro un Bolognajlovic combattivo che poteva portare a casa di più. 

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Ma per me la sostanza della felicità sta nel non aspettare il momento perfetto per esserlo, perché semplicemente quel momento non arriverà mai. La felicità è fatta di istanti positivi trattenuti e amati per quello che sono, imperfetti. Queste tre vittorie imperfette non parlano di un Toro in forte crescita, inviolabile in difesa, creativo a centrocampo e fortemente realizzativo in attacco, no, me ne rendo conto. Ma ugualmente sono felice. E credo che possa fare un gran bene alla squadra la mia felicità, la felicità generata si può spalmare come arnica sui muscoli che hanno dato tutto quello che potevano, può alleviare la tensione degli organi che hanno bisogno di conferme e carezze, come il cervello e il cuore. Oppure no, e in tal caso…pazienza, va bene lo stesso così.

La mia essenza granata è semplice ma non volubile, non aumenta o diminuisce dopo una vittoria o una sconfitta. 

Cosa chiedo al Toro?

Che rappresenti qualcosa di me quando scende in campo, innanzitutto il colore, poi l’approccio: poco ego e tanta anima. A volte va male, ma se non sono capace di essere felice neanche quando va bene, allora il conflitto che vedo fuori devo avercelo anche dentro, da qualche parte in me.

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Non è passato poi molto tempo da quando il Toro, a Empoli, perdeva il treno direttissimo per l’Europa League e la Maratona itinerante, a quella infausta stazione, lo abbracciava, scandendo in un applauso: “Noi non vi lasceremo soli mai“. Partecipazione. Perché poi è solo di questo che siamo in cerca: appartenere a qualcosa che ci affratelli. I distinguo e le critiche costruttive sono sane e fisiologiche, ma la divisione no, quella è letteralmente diabolica.

Sirigu, Belotti e compagni meritano persone felici se sul campo danno tutto quello che c’era nel corpo. Meglio non aspettare la prossima vita per essere felici, per una mera questione di karma…

Comunque il mio amico granata non ha voluto condividere la mia felicità, anzi mi ha rivelato che se domenica abbiamo vinto è stato grazie al suo prosaico e pragmatico intervento e non certo per il mio tifo esoterico: sabato sera pedalava in via Nizza e all’altezza di Porta Nuova nota un gruppo di persone che staziona sulla pista ciclabile, da buon torinese intollerante prende a scampanellare e quando raggiunge il gruppo che lentamente si sposta, scaglia un anatema sull’ultimo della fila, che assomiglia molto a Rodrigo Palacio. Gira la testa e vede un pullman con la scritta “Bologna FC”. Era Palacio. La maledizione era di quelle brevi, da ventiquattr’ore, bastevole però per renderlo inoffensivo questa volta, a Torino.

Io prendo sotto braccio il mio amico granata e gli dico che sono felice anche di questo, di avere plumbei amici granata dai poteri soprannaturali che rendono giustizia in campionato. Lui sospira: basta, se dici ancora una volta la parola felicità ti abbandono sulla pista ciclabile!

Mi sono laureata in fantascienze politiche non so più bene quando. In ufficio scrivo avvincenti relazioni a bilanci in dissesto e gozzoviglio nell’associazione “Brigate alimentari”. Collaboro con Shakespeare e ho pubblicato un paio di romanzi. I miei protagonisti sono sempre del Toro, così, tanto per complicargli un po’ la vita.

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