interviste

”Continuando così non sarà facile giocare a Torino”

di Stefano Rosso

 

Passano le stagioni, i campionati, i problemi, le gioie e le sofferenze, ma la traccia che Enrico Fantini ha lasciato nei cuori dei tifosi con la maglia granata è indelebile: era il...

Stefano Rosso

di Stefano Rosso

Passano le stagioni, i campionati, i problemi, le gioie e le sofferenze, ma la traccia che Enrico Fantini ha lasciato nei cuori dei tifosi con la maglia granata è indelebile: era il quarto d’ora d’una Torino-Albinoleffe di sei anni fa e con la sua inzuccata segnava la prima rete della storia e consegnava la prima vittoria al neonato Torino FC, all’esordio in campionato.

Nonostante le primavere perdutie Fantini è ancora in campo, con la maglia del Cuneo, a regalare sorrisi e soddisfazioni ai tifosi: con 28 reti – “mancano ancora due giornate – sminuisce scaramanticamente lo stesso attaccante – ma per il momento sono primo in classifica marcatori” – ha trascinato i biancorossi in Lega Pro, dopo due anni di purgatorio tra i dilettanti.

Due parole sul successo di Cuneo? “E’ stata una bella sfida e sono molto soddisfatto per averla vinta, oltretutto ho riconquistato anche il calcio professionistico che mi avevano tolto. Adesso rimarrò qui a Cuneo, ho dato la mia massima disponibilità da quando sono arrivato e continuerò qui”.

Un pensiero al futuro? “Per il momento penso a giocare, poi tra qualche anno inizierò il percorso da allenatore: è sicuramente un incarico difficile…”

Con l’ultima raccolta quest’anno figurano ben cinque promozioni – “e mezzo, precisa con giustificato orgoglio, perché nel 1999 giocai metà stagione col Cittadella e passai al Chievo solo in inverno, ma già allora eravamo primi” – nel palmares di Enrico Fantini, di cui una conquistata proprio con la maglia del Modena e un’altra con quella granata: quali similitudini e quali differenza c’erano tra le due avventure? “Anzitutto si trattava di due gruppi vincenti, guidati dallo stesso allenatore: Gianni De Biasi. A Torino, poi, ho ritrovato molti giocatori con cui avevamo già vinto a Modena come Balestri, Music e altri. Le differenze le ricordo soprattutto per il mio apporto: in Emilia mi ruppi il collo del piede e non giocai molto, mentre al Toro con nove gol segnati e quaranta partite giocate su quarantaquattro totali ho dato un contributo importante”.

Gianni De Biasi e Franco Lerda, hai avuto l’occasione di conoscere sia l’allenatore di allora ed il tecnico attuale: “Il mio rapporto con De Biasi è stato ottimo e ognitanto ci sentiamo ancora: mi ha utilizzato come meglio credeva ed è riuscito sempre a farmi rendere al massimo e dimostrare il mio valore, nonostante a Torino giocassi addirittura da esterno di centrocampo. Lerda invece l’ho incrociato ad inizio carriera, a vent’anni, e poi agli inizi di Alessandria: all’epoca lui si stava allontanando dal calcio professionistico da giocatore. Ha sempre avuto un carattere forte, con le idee chiare e determinato a volerle mettere in pratica: da come si muove in panchina e per come parla nelle interviste mi sembra proprio di rivederlo tale e quale”.

Il ricordo più importante che conservi della stagione in granata? “Era un’annata particolare, la società appena rinata e rifondata ma nonostante tutte le difficoltà che c’erano – all’inizio ci cambiavamo addirittura nei container – vedere ogni domenica per tutto l’anno 30mila persone al Delle Alpi e quelle 65mila durante le finali dei playoff sono emozioni che non si possono dimenticare”.

Un bilancio, invece, sulla stagione attuale del Toro? “E’ stata un’annata difficile, nonostante in organico ci fossero i giocatori migliori della categoria. I quattro risultati utili consecutivi raccolti nelle ultime gare, però, dimostrano che la squadra c’è e sono convinto che ormai i playoff siano ampiamente conquistati: se il Toro riesce a rimanere lì fino alla fine, non sarà facile per nessuno venire a vincere a Torino durante gli spareggi”.

In quei momenti qual è l’aspetto più importante? “L’unica cosa che conta è l’unione del gruppo: bisogna lasciare da parte il singolo e le individualità e pensare, tutti assiemente, soltanto alla vittoria”

Quanto è importante anche l’apporto del pubblico? “È il 12° uomo in campo e non sono certo io a raccontarlo per primo. Lo stadio Olimpico pieno fa piacere alla squadra e i giocatori in campo lo sentono: quando le cose vanno bene i tifosi del Toro sanno farti tirare fuori quel qualcosa in più”.

Tornando invece alla partita di domani, quali insidie dovrà aspettarsi il Toro? “Il Modena è una squadra organizzata e la mano dell’allenatore, Cristiano Bergodi, si sta notando. Il pericolo più grande potrebbe essere la spensieratezza con cui i canarini potrebbero scendere in campo: a differenza dei granata non sono obbligati a vincere, ma al contempo con un paio di risultati impreziosirebbero la loro stagione”

Un pronostico secco? “Beh.. sono un tifoso viola-granata, non posso che augurarmi la vittoria del Toro anche se a Modena ho passato stagioni splendide e conservo ancora molti ricordi e amici”.