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Due di cuori

Redazione Toro News

di Michele Ferrero

Mentre il terzino sinistro, anche nel tradizionale calcio all’italiana, ha quasi sempre avuto licenza di scendere sulla fascia, quello destro, il numero 2, è più legato alla...

di Michele Ferrero

Mentre il terzino sinistro, anche nel tradizionale calcio all’italiana, ha quasi sempre avuto licenza di scendere sulla fascia, quello destro, il numero 2, è più legato alla marcatura ed alla fase difensiva. Considerando però i moderni moduli di gioco, che tendono ad essere speculari e teoricamente più equilibrati, notiamo come il terzino destro assuma diverse funzioni. Può essere un marcatore, un esterno destro basso in una difesa a 4 oppure un laterale chiamato a coprire tutta la fascia. Il modo di giocare del primo Danova, per intenderci, era assai diverso da quello di un Angloma, eppure se pensiamo al loro ruolo li ricordiamo entrambi terzini destri. In una difesa di oggi potrebbero benissimo coesistere: Danova marcatore della seconda punta (con uno stopper tipo Mozzini che prende la prima) e l’ex nazionale francese sulla fascia, più libero di offendere e di sfruttare anche il suo notevole gioco aereo.

Per questa ragione, nella mia ideale graduatoria dei numeri 2, premio il più completo, quello in grado di dare sicurezza alla difesa, marcando all’occorrenza, ma anche capace di ribaltare il gioco scendendo con continuità e discreta proprietà di piede. Chi ha risposto meglio a questo identikit mi sembra Roberto Mussi, che non a caso è stato giocatore di caratura internazionale, arrivando perfino a giocare la finale del mondiale 94 da titolare. Ed a lui è legata anche la splendida avventura in coppa Uefa: il secondo dei tre pali di Amsterdam è suo.

Non al suo livello, ma di simili caratteristiche, avevamo conosciuto prima di lui anche Corradini. Nel Toro di Bersellini ebbe l’opportunità di esordire giovane e pagare lo scotto dell’inesperienza, fino a diventare un 2 molto affidabile con Radice. Venne ceduto al Napoli maradoniano dove la sua carriera si riempì anche di vittorie. Corradini mi era decisamente simpatico all’epoca, assai meno ultimamente mentre si agitava sulla panchina dei gobbi da allenatore in seconda.

Dinamico ed eclettico, grazie al suo passato da libero, ricordiamo con affetto anche Santin, che nei suoi anni migliori, quelli dello scudetto vinto e poi sfiorato a 50 punti, ha avuto punte di rendimento non inferiori a quelle di tutti i terzini già citati.

Meno veloce, ma ugualmente dotato di senso tattico è stato Domenico Volpati, che con correttezza e concentrazione ha sempre garantito sicurezza ad ogni difesa, compresa quella del Verona campione d’Italia nell’anno in cui il Toro giunse secondo.

Solo dopo questi sei terzini ci metto Pasquale Bruno. Credo che “o animale” sia uno degli elementi più sopravalutati della nostra storia: discreto marcatore, certamente, ma anche capace di rovinare partite per andare a cercare vendette personali che non hanno mai giovato alla squadra. Il suo modo di fare e le sue dichiarazioni erano ad uso e consumo di noi tifosi, ma le ha fatte in tutte le squadre dove ha giocato, Juve compresa. Non sono solito farmi ammaliare dalle frasi ad effetto, e men che meno favorevole a prendere gli scarti dei gobbi, anche nel caso fossero più forti di Bruno. Non riuscirei mai ad amarli.

Trovo invece più giustificato il calore che la Maratona ha riservato al pelato Mauro Bonomi, che con fisico e grinta ha saputo ovviare a vistosi limiti tecnici e tattici.

Nello stesso periodo di Bruno c’era in squadra anche Sordo, mediano di piede buono accompagnato però da idee poco ordinate. Per questo difetto di natura tattica è stato utilizzato molte volte anche da terzino destro, dove ha saputo dare il suo onesto contributo.

Tra i terzini è giusto ricordare anche il veloce e volenteroso Van de Korput, presentato come libero, ma poi riciclato in mediana o in marcatura perché non adatto al rigido calcio all’italiana di quei tempi, i favolosi anni 80.

Il ruolo di terzino è di quelli che si prestano a buttare il cuore Toro oltre l’ostacolo, quindi annovera tipi ruvidi ma generosi come Lombardo, Cuttone, gli sfortunati Gorin e Catena, il troppo giovane Di Bin, il fallosissimo Sogliano, il corridore Moreno Longo e il volitivo Stefano Mercuri, schierato a volte anche in mediana. In mezzo ai granata doc si autoproclamava anche Brambati, ma più a parole che con i fatti: i cuori Toro sono un’altra cosa rispetto ai mercenari.

Ci sono naturalmente anche quelli che non sono riusciti ad esprimersi secondo il loro reale valore, come Garzja, arrivato da noi a fine carriera ma affidabile marcatore nel Lecce, Fabio Moro poi colonna del Chievo dei miracoli, il veloce Saber reduce da un grave infortunio, ed infine Cudini, che ha saputo migliorarsi in modo sorprendente dopo aver lasciato, senza certo essere rimpianto, la maglia granata.

La menzione particolare è per Daniele Martinelli, promettente libero della primavera fine anni 90, schierato da Ezio Rossi fuori ruolo sulla fascia destra. Penalizzato dalla lentezza, e forse dal carattere, non è riuscito a far fruttare i suoi fondamentali tecnici, decisamente sopra la media.

Chiudere la carrellata tocca a terzini mediocri come Gasparini e Francesco Carbone ed infine a scarsoni epocali come Maurizio Ferrarese, Panarelli e Adami, tra i peggiori giocatori visti al Toro negli ultimi 30 anni.

L’epoca recente targata Cairo ci ha regalato finora il piemontese Davide Nicola, la cui gloria per quel gol ai play-off resterà immortale, lo stagionato ma talvolta utile Luigi Martinelli ed il ritorno, a me gradito, di Comotto. Ho infatti sempre apprezzato Gianluca, forse oltre il suo reale valore (che non è da Champions League ma sicuramente da serie A) perché è cresciuto nel Toro e ci è tornato volentieri. Inoltre è uno che ha gamba, veloce e reattivo nel contrasto, non molle. Mi piace anche il suo modo di giocare da nervoso, segno che ci tiene. Commette ancora qualche ingenuità, ma si sta migliorando anno dopo anno, dimostrando di essere un ragazzo intelligente. Sono contento che sia rimasto.

Alla prossima e buone vacanzeMichele