I voti

Torino, il pagellone di fine anno: Cairo 5, due stagioni inaccettabili di fila

Silvio Luciani

Mancanza di progettualità e scelte sbagliate. Il Toro di Cairo ripiomba nella mediocrità e dimostra che la scorsa stagione non è stata casuale

Tra l'ottavo monte ingaggi della Serie A e il diciassettesimo posto in classifica c'è di mezzo un mare di errori. Decisioni, scelte che a conti fatti non possono che trovare origine nel presidente Urbano Cairo, primo responsabile del Torino nella buona e nella cattiva sorte che quest’anno ha visto la sua squadra terminare a 37 punti (secondo peggior risultato in Serie A della sua gestione). Errori macroscopici, nel solco dell'errata convinzione che l'organico del Torino, in fondo, valesse davvero quei 63 punti conquistati con Mazzarri in panchina. Da quando Petrachi ha lasciato il Piemonte, però, i granata sono finiti in una spirale senza ritorno. Vagnati, la scelta del presidente per invertire la rotta, ha completamente sbagliato il mercato estivo. L'arrivo di Marco Giampaolo, poi, è stato un azzardo non supportato da adeguati investimenti sulla rosa. Eppure sembrava evidente che senza regista e trequartista sarebbe stata una tragedia annunciata.

LA (FINTA) RIVOLUZIONE - La prima scelta era Ivan Juric, arrivato all'ombra della Mole soltanto una stagione dopo. Ciò non toglie che le modalità con cui è iniziato il 'progetto Giampaolo' fossero del tutto sbagliate. Una rivoluzione di facciata che si è conclusa nel peggiore dei modi: zero vittorie in casa, tredici punti in diciotto partite. Cairo e Vagnati, a metà stagione, sono riusciti a riparare in qualche modo: l'arrivo di Nicola e gli onerosi ma fondamentali acquisti di gennaio (Mandragora e Sanabria: circa sedici milioni in due) hanno riportato i granata in zona di galleggiamento. Anche in questa stagione la confusione sui piani a medio-lungo termine ha fatto la differenza in negativo e la responsabilità, in questo senso, non può che essere del presidente Cairo.

AMBIZIONI E PROGETTI - Il bilancio finale è impietoso. Dopo anni di crescita lenta ma costante, il Toro di Cairo è ripiombato nella mediocrità. Rischiare di retrocedere per due anni di fila, con l'ottava rosa più pagata del campionato, restituisce le proporzioni del crollo granata. Il Toro, che soltanto due anni fa terminava la stagione tra le prime sette, ha perso dieci posizioni concludendo a -25 dall'Europa. Scelte calcistiche poco avvedute hanno portato a questa discrasia tra soldi investiti e risultati ottenuti. E fuori dal campo le cose non vanno meglio: è passato un altro anno e mentre Spezia e Parma annunciano un nuovo stadio, mentre la Fiorentina pianifica un centro sportivo all'avanguardia, il Filadelfia rimane incompleto e il Robaldo abbandonato. Da qui si deve ripartire per non perdere altro terreno rispetto alle società competitor.