Ci sono altri 364 giorni, come ricordavano anche alcuni amici giunti da Firenze proprio ieri. Ci sono altre centinaia di posti, e molti di questi vengono pure sfruttati allo scopo: lo stadio innanzitutto, poi la Sisport, Milano, Masio, e anche in giro per l'Italia in modalità itinerante. Insomma, non si può dire che manchino le occasioni per contestare l'operato di Urbano Cairo; difficile dunque giustificare con questa motivazione quanto accaduto proprio ieri e proprio lì, proprio il 4 Maggio e proprio a Superga.Opportuno sottolineare la legittimità della contestazione in linea generale, perché chi ritiene che farlo sia sbagliato a prescindere cade vittima dell'integralismo opposto; perfino don Aldo, ieri pomeriggio, ha ribadito come la protesta possa essere accettata, se espressa nei limiti della civiltà (e questo accade, nella maggior parte dei casi). Ma ha anche detto chiaramente “non qui” (prima della funzione era pure uscito sul sagrato a dire con poche secche parole di andare altrove a chi manifestava atteggiamenti inappropriati al luogo). Non é stato ascoltato: Cairo é stato vittima dell'espressione forte del malcontento, generato senz'altro dai suoi molti e gravi errori che non ci stanchiamo (anzi, a volte sì) di ripetere, ma che non doveva accadere ieri lì.E se a qualcuno le parole del cappellano, “rispettiamo la sacralità di Superga”, paiono vuote e prive di significato, allora forse ci si é dimenticati che esistono pochi posti e pochi giorni che hanno uno scopo preciso; quello del 4 Maggio é il giorno del magone e dell'orgoglio, della memoria e del silenzio. Per rispetto alle vittime, e diciamo pure anche dei loro parenti, lì presenti. Trovarsi a parlare solo della contestazione, anziché abbandonarsi in un abbraccio collettivo al ricordo, é la peggiore delle conseguenze ottenute dai fatti di ieri.Tentando dunque di lasciarsi alle spalle quanto accaduto, ecco che proprio in merito alla presenza del presidente nascono pensieri diversi in seno alla tifoseria. C'é chi, semplicemente, ritiene legittimo se non doveroso che Cairo fosse lì. C'é chi, sul versante opposto, vi ha visto una provocazione. Ma c'é anche chi invece l'ha interpretato in maniera diversa: come un addio. Come un altro dei sassolini che l'editore sembra volersi togliere ultimamente dalle scarpe, il gesto di chi, prossimo ad andarsene, dica “Finché rimango, faccio quello che voglio”, ignorando dunque i caldi inviti a disertare Superga ricevuti da parte della tifoseria che lo contesta.Nulla é dato sapere, se non per poche settimane ancora (Giugno é ormai prossimo), quando arriverà il momento designato da egli stesso per la cessione della società (a chi, non lo sa proprio nessuno, al di là delle mille voci).E' così passato un altro 4 Maggio, il 62° da quando morirono i nomi, letti a voce non alta ma altissima da capitan Bianchi. Scontata l'ovazione al bomber, meno attesi gli applausi al resto della squadra: la contestazione non é stata generalizzata, ma ben mirata unicamente verso il numero uno. Sauro Tomà, scampato allora e unico sopravvissuto oggi (dopo la scomparsa di Gandolfi), era quasi paralizzato dalla commozione; la folla era tanta, tantissima, segno che il rapporto tra la storia del Toro ed il suo povero presente non esiste, la gente granata continua ad essere capace di distinguere, senza confondere mai la gloria che fu con i patimenti di oggi.
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Un 4 Maggio di emozione e di tensione
Ci sono altri 364 giorni, come ricordavano anche alcuni amici giunti da Firenze proprio ieri. Ci sono altre centinaia di posti, e molti di questi vengono pure sfruttati allo scopo: lo stadio innanzitutto, poi la Sisport, Milano, Masio, e anche...
(foto M.Dreosti)
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