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Il settore ospiti più bello del mondo

Il settore ospiti più bello del mondo - immagine 1

Culto di Francesco Bugnone compie cento puntate e le vuole dedicare ai tifosi del Toro, quelli che, a prescindere dal fatto che fossimo in B, trasformarono lo stadio "Braglia" di Modena in casa loro

Francesco Bugnone

Quando ero piccolo e i servizi dei programmi domenicali mostravano le immagini del Toro in trasferta i miei occhi andavano sempre a cercare il settore ospiti. La Maratona itinerante aveva su di me un fascino magnetico, soprattutto in quegli stadi col pubblico a ridosso del campo. Como 1989 o Cremona 1992 sono paradigmatici a riguardo: spalti zeppi tanto da farci sembrare in casa, colori, cori, striscioni, la gente che salta per aria ai gol. I giocatori sembrano non vedere l’ora di segnare per far impazzire di gioia quello spicchio. Nel 2010 le due trasferte contro il Sassuolo mostrano questo settore al massimo splendore in due partite emozionanti giocate a distanza di poche settimane l’una dall’altra ed è una sorta di passo d’addio, perché l’arrivo della Tessera del Tifoso dalla stagione successiva porterà a una spaccatura in molte tifoserie, in primis nella nostra, che per anni porterà a spalti vuoti o semivuoti quando il Toro giocherà lontano da casa sua.

8 maggio 2010, Modena, stadio Giuseppe Braglia, ore 15,30

Le prove le avevamo fatte il venti marzo, sempre al “Braglia”, ma contro il Modena. Un settore ospiti vivacissimo faceva da contorno a una vittoria esterna del Toro tanto bella quanto sofferta: rete in apertura di Barusso, espulsione inventata dello stesso ex Rimini a fine primo tempo e raddoppio di D’Ambrosio alla prima gioia con la maglia granata. E’ il Toro dei peones completamente rivoluzionato da Petrachi nel suo primo mercato di gennaio tra azzardi, semisconosciuti e giocatori in cerca di rilancio. Il Toro del girone d’andata, quello che partiva strafavorito e si è impantanato in una serie di risultati negativi e voci orrende, non esiste praticamente più tranne alcune colonne come Sereni, Bianchi, Loria e pochi altri. E’ il tempo dei D’Ambrosio, dei Garofalo, dei Pestrin, dei Barusso, dei Genevier e via dicendo. Con una rimonta pazzesca la squadra di Colantuono, rientrato al comando dopo la breve parentesi di Beretta, si porta a un passo dalla promozione diretta dopo la vittoria a tempo scaduto contro la Triestina, ottenuta tanto per cambiare in inferiorità numerica, ma la sconfitta di Lecce da il via a un miniciclo negativo (due punti in quattro partite) che sembra far sfuggire addirittura i playoff. La vittoria per 2-0 contro il Gallipoli ci ridà slancio e andiamo a far visita al Sassuolo secondo in classifica col morale alto. I tifosi, che contro il Grosseto alla prima del “nuovo” Toro avevano lasciato gli spalti vuoti, si sono man mano riappassionati di fronte a una squadra che va oltre i suoi limiti, che scivola, ma si rialza, che ha parecchi arbitraggi osceni, ma resiste. Anche per questo la trasferta dell’otto maggio prende la forma di un vero e proprio esodo, visto che saremo circa quattromila.

Se a marzo la gara col Modena era una specie di allegra scampagnata con pranzo da sogno in trattoria prima di occupare i gradoni dello stadio, col Sassuolo il clima è diverso. La tensione inizia a chiudere lo stomaco al momento di sedersi a tavola e poi, una volta riempito il settore, c’è anche un caldo pazzesco, non paragonabile a quello dello spareggio di Reggio Emilia del 1998 ovviamente, ma comunque una discreta cappa estiva arrivata con anticipo. Dopo pochi minuti, però, la gara, esattamente come contro il Modena, si mette benissimo. D’Ambrosio, che quando sente aria di tortellini evidentemente si esalta, è protagonista di una splendida azione personale a destra e crossa, Magnanelli ci mette la mano in modo scomposto e Russo di Nola indica il dischetto. Il boato dei nostri tifosi alla concessione dei rigori e alla trasformazione perfetta di Rolando Bianchi ci fa capire una cosa: giochiamo praticamente in casa. Negli altri settori altri fratelli si alzano a esultare: siamo ovunque. Bianchi sotto la curva aizza il pubblico che non si fa pregare e ricambia con un ruggito. Poi si inizia a soffrire: Sereni è in giornata da Superman quando vola su un colpo di Quadrini, quindi, una volta tanto, i legni sono amici. E’ il palo a ribattere la punizione dello scatenato Quadrini, è la traversa a essere scheggiata dal colpo di testa dell’ex Martinetti. Un coast to coast del solito Bianchi, quasi risucchiato dall’energia sprigionata dalla Maratona itinerante, alleggerisce la pressione: Pomini respinge col piede. Si va a riposo in vantaggio di un gol, l’intervallo ci serve a prendere fiato.

Quel fiato che tiriamo fuori tutto dopo che, a inizio secondo tempo, la gara sembra mettersi incredibilmente in discesa. Scaglia triangola splendidamente con Salgado e si presenta in area. Non controlla alla perfezione, ma riesce comunque a colpire in scivolata sull’uscita del portiere e fa 2-0. La tranquillità non è cosa nostra e dopo pochissimi secondi Russo decide di inventare una seconda ammonizione per Pestrin che ci lascia, per l’ennesima volta, in dieci in maniera discutibile. 39’ più recupero in inferiorità numerica: eternità. Il Sassuolo ci mette alle corde, inizia addirittura a piovere, Quadrini al 67’ approfitta del fatto che Sereni non abbia ancora cambiato i guanti per accorciare le distanze con una conclusione che sguscia dalle mani del nostro estremo difensore. Abbiamo il cuore in gola, Sereni torna disumano sulla botta di Quadrini e su successiva conclusione di Bianco, mentre non so neanche come sia possibile trovare un aggettivo per l’intervento che sfodera sulla rasoiata a colpo sicuro di Noselli in piena area. Apnea totale, non capiamo come faremo ad arrivare indenni al 90’, poi, all’improvviso torna il sole e scattiamo in avanti. C’è un puntino lontano vestito di bianco in mezzo a tre avversari, ha la maglia numero quattordici, è Andrea Gasbarroni che decide di mettere in scena una di quelle giocate capaci ad accenderci di rimpianti per quello che avrebbe potuto essere quel giocatore lì. Non si sa come esca da quella gabbia di neroverdi, ma ce la fa e si crea lo spazio per avanzare centralmente. Il puntino bianco si fa sempre più lontano da noi e più vicino alla porta avversaria, vede Pomini fuori dai pali, colpo sotto nei pressi della lunetta, portiere scavalcato, il puntino ha segnato, Gasba ha segnato. E’ 3-1 a dieci minuti dalla fine. Esplosione di gioia dietro Sereni che festeggia con noi, si arrampica, è quasi fatta. Sereni compie un altro miracolo sulla punizione di Bianco diretta all’incrocio, giusto per non perdere l’abitudine, e dietro si festeggia come dopo un gol. L’acrobazia vincente di Zampagna nel recupero vale solo per le statistiche. Festa grande, il due aste che recita “A ogni costo” con la A maiuscola, al centro, perché non ci siano equivoci riguardo dove vogliamo andare, è il simbolo della determinazione di questo Toro.

Un memorabile editoriale di Alessandro Salvatico su queste colonne disse che era un peccato che un pubblico del genere, una festa del genere, classifica alla mano valesse “solo” un passo deciso verso gli spareggi per salire al piano di sopra e non verso la promozione diretta. Ma la realtà è questa. Pioli, ai tempi sulla panchina del Sassuolo, col consueto atteggiamento passivo aggressivo che vorrebbe ammantare di saggezza, dirà di voler incontrare il Toro ai playoff per rifarsi di questa sconfitta a suo dire immeritata. Verrà accontentato, eccome se verrà accontentato.

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6 giugno 2010, Modena, stadio Giuseppe Braglia, ore 21

Dopo aver chiuso il campionato al quinto posto, il Toro incrocia nuovamente il Sassuolo nella semifinale playoff: i neroverdi sono arrivati quarti, quindi, in caso di parità dopo la doppia sfida, saranno loro a salire. All’andata, nel giorno della Festa della Repubblica, uno strepitoso colpo di testa di Rolando Bianchi pareggia il vantaggio di Martinetti, che approfitta di un erroraccio che accompagnerà la mente di Loria fino al ritorno, e il generoso finale tutto in avanti non porta al successo interno. Dobbiamo prenderci la finale fuori casa, che poi, visto il nuovo esodo previsto, è una trasferta solo sulla carta.

Se possibile siamo ancora di più del viaggio precedente, siamo cinquemila, stiamo stupendi. Siamo il settore ospiti più bello del mondo. Ancora una volta la forza di attrazione esercitata da tutto quel granata risucchia un pallone in rete. Sono passati 3’ e siamo in vantaggio. Morello, che sostituisce l’infortunato Sereni, calcia lungo, Bianchi rincorre e lotta sul pallone, il suo tocco a liberarsi del diretto marcatore diventa assist per Luigi Scaglia che replica la rete in campionato con uno splendido mancino a giro. Il numero ottantasei corre sotto i tifosi che sono già in delirio, il granata è dappertutto sui gradoni, roba da far girare la testa. Fumogeni granata, bandiere granata, magliette granata, cuori granata. Scaglia non è solo, arrivano tutti, anche dalla panchina. Tutti vogliono un pezzetto di quella gioia da dividere con noi. Al 24’ un colpo di testa di Martinetti ci gela e riporta la qualificazione in mano agli uomini di Pioli. La differenza tra il cosiddetto boato dei cosiddetti tifosi di casa col nostro è imbarazzante, ma purtroppo il volume non conta per andare in finale e dobbiamo farne un altro. Salgado potrebbe riuscirci quando si ritrova una palla d’oro su assist di Statella, ma scivola malamente al limite dell’area piccola. Ci tocca segnare nella ripresa.

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Lo facciamo al 51’: il solito Scaglia triangola con Garofalo a sinistra, alza lo sguardo e crossa dal fondo dove la testa di Bianchi non tradisce e schiaccia in rete. Manca una vita, ma siamo più pericolosi noi di loro. Scaglia coglie addirittura un palo che avrebbe chiuso tutto prima del dovuto. Il Sassuolo è qualche mischia nervosa e poco altro. Orsato fischia la fine, tutti sotto la curva, Loria si arrampica, Colantuono con la camicia dalle maniche arrotolate mostra i pugni pazzo di gioia. La finale col Brescia, e le sue delusioni e i suoi furti, è dietro l’angolo, ma non ci pensiamo. Vogliamo solo fare festa. Migliaia di granata esultanti che traboccano di amore è una cosa da fotografare e portarsi dentro per sempre.

11 settembre 2010, Modena, stadio Giuseppe Braglia, ore 15

Un punto in tre partite, un avvio di campionato imbarazzante. Il Toro di Lerda prova a ritrovarsi nella trasferta di Modena contro il Sassuolo e sembra essere la solita storia visto che passiamo in vantaggio al primo affondo con un inserimento di Iunco lanciato da Sgrigna. Il fatto è che sugli spalti non c’è praticamente nessuno. Nessun groviglio di magliette granata, bandiere ovunque e tifo. Solo gradini gialli o quasi. Qualcuno c’è, l’esultanza si sente, ma è tutta un’altra storia. Catellani pareggerà provvisoriamente di testa sfruttando un uscita improponibile di Rubinho, indegno sostituto di Matteo Sereni, e Sgrigna risolverà la sfida all’85’ con un eurogol. Lerda corre felice in cravatta e camicia verso la sua panchina, forse perché non c’è nessun settore ospiti stracolmo da andare ad abbracciare. Come detto, la Tessera del Tifoso ha iniziato a far scricchiolare le ossa di quel pugno unito che era la nostra tifoseria tra accuse di infamia e dibattiti continui sul tesserarsi o meno. Nel giro di un paio d’anni in molti, alla fine, si tessereranno, però il danno è già fatto, la prima di tante occasioni di scontro che ci farà solo del male. Ci saranno altri settori ospiti gremiti, stupendi, ma come in quella doppia sfida contro il Sassuolo, anche se in B, anche se il campionato finirà male, onestamente non ce ne saranno. Però ce ne potranno essere ancora, quello dell’ultimo derby con tantissimi giovani entusiasti di urlare più forte degli altri è una speranza. Culto compie cento puntate e dedico questo centesimo numero proprio a noi tifosi, che, in un mondo migliore e più unito, non spaventoso come quello odierno, si possa andare a riempire curve ovunque, a mostrare a tutti quanto siamo belli quando lo vogliamo. Torneremo così.

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

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