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Agatino Cuttone: quasi leggenda

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Culto / Nel grande libro che narra le storie delle squadre di calcio a volte i capitoli più nascosti possono riservare grandi sorprese. Pensate a un giovane difensore, cresciuto al Fila... Agatino Cuttone si ferma proprio sulla soglia della Storia

Francesco Bugnone

Nel grande libro che racconta le storie delle squadre di calcio a volte i capitoli più nascosti possono riservare grandi sorprese, specialmente quando trattano di personaggi che per un soffio non sono riusciti a diventare trionfatori. Pensate a un difensore giovane, cresciuto al Fila, non particolarmente avvezzo al gol che segna in due finali di Coppa Italia consecutive. Dovrebbe avere targhe celebrative, essere invitato di continuo nelle trasmissioni sportive, avere speciali il giorno della sua nascita. Invece quel difensore si ferma proprio sulla soglia della Storia con la esse maiuscola. Perché il Toro quelle due finali le ha perse e quindi Agatino Cuttone si ritrova in una strana situazione. Quella di essere quasi leggenda.

Cuttone è ottimo difensore in una di quelle squadre primavera da far stropicciare gli occhi e da cui il Toro si ritrovava ad attingere a piene mani. Con lui ci sono, tra gli altri, Mandorlini, Sclosa, Ermini, Bonesso, Mariani, Bertoneri. Entrato nelle giovanili a quattordici anni, va in prestito un anno alla Reggina e poi debutta in prima squadra. Detto in massima sintesi, Agatino Cuttone è un ragazzo del Fila.

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Il campionato 1980/81 è molto deludente per il Toro. Partiti con ambizioni alte e con un D’Amico in più tra le proprie fila, i granata, dopo un girone d’andata altalenante, crollano nel ritorno e Rabitti, subentrato l’anno precedente a Radice portandoci in Uefa con un gran finale di campionato, viene esonerato in favore di Romano Cazzaniga. Dopo un incoraggiante vittoria 2-0 a Como, il Torino crolla e nelle ultime sette partite non segna nemmeno un gol. Eliminato dalla Coppa Uefa al terzo turno, ai rigori, dagli svizzeri del Grasshopper, il Toro ritrova clamorosamente splendore in coppa Italia. Eliminata la Spal nei quarti e il Bologna dell’ex Radice in una rocambolesca doppia semifinale (tra l’altro è proprio Cuttone all’88’ a procurarsi il rigore che porterà la gara ai supplementari), troviamo la Roma in finale nella rivincita della stagione precedente con una sconfitta ai rigori, perdendo lucidità quando sembrava tutto fatto, che grida ancora vendetta. Stavolta non si gioca in gara secca, ma con andata e ritorno: prima gara all’Olimpico, seconda in casa.

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I giallorossi hanno perso lo scudetto per pochissimo, per “questione di centimetri” visto che è l’anno del gol di Turone, e vogliono rifarsi alzando un trofeo. Ancelotti porta in vantaggio i padroni di casa nel primo tempo, ma il Toro c’è e nella ripresa pareggia con una legnata da fuori di Pulici deviata da Santarini. Avremmo anche un paio di opportunità per far nostra la partita e mettere virtualmente le mani sulla coppa, ma Tancredi è bravissimo su Sclosa e Pecci, a meno di 10’ dalla fine, alza da buona posizione. Un pareggio in trasferta con reti può comunque andar bene e anche in casa le cose sembrano mettersi bene. In un Comunale non gremitissimo, ma comunque molto caldo, al 37’, Pecci vede l’inserimento sulla destra di Cuttone. Siamo a una quarantina di metri dalla porta sotto la curva Filadelfia e il numero due ha spazio per avanzare. I giallorossi capiscono che è stato un errore lasciarlo libero, ma è troppo tardi. Agatino, da venti metri, lascia partire un destro potentissimo che fa letteralmente venire giù lo stadio. La palla non è particolarmente angolata, ma ha una traiettoria strana e, soprattutto, è molto forte. Tancredi si allunga, ma non riesce a prenderla. Una volta questi si chiamavano eurogol. Cuttone alza le braccia, quasi si ingobbisce, poi corre forte come la sua conclusione, ebbro di gioia. Corre verso la panchina, lo fermano, lo abbracciano. Una rete da ricordare soprattutto se sarà legata al successo finale. Continuiamo a giocare bene, trascinati da un Bertoneri pazzesco, ma poi diventa protagonista l’arbitro Michelotti che, nell’ordine, concede un generosissimo rigore alla Roma per un normale spalla a spalla fra Scarnecchia e Zaccarelli (Di Bartolomei realizza), ne nega uno a Graziani, a terra dopo un contatto con Turone, e soprattutto non vede un mani clamoroso su tiro di Bertoneri. Sì, Maggiora è molto vicino al numero sette, ma il movimento col braccio è completamente innaturale. Si va ai rigori, la Roma vince ancora. Il gol pazzesco di Cuttone si sbriciola, non è servito, viene da piangere.

Il 1981/82 è l’ultimo anno di Pianelli, l’ultimo di Pulici da noi, la stagione dei giovani di Giacomini. Il Toro si salva grazie ai suoi ragazzi del Fila, contro la Fiorentina sono addirittura dieci su undici i proveniente dal settore giovanile: un record. Quel pomeriggio l’unico “straniero” è Terraneo. La ciliegina per una salvezza fatta in casa sarebbe il successo in Coppa Italia e il Toro arriva in finale per il terzo anno consecutivo. Nel girone preliminare passa grazie a un meraviglioso gol di Dossena che decide il derby, ai quarti elimina la Fiorentina per la regola dei gol in trasferta, in semifinale il gran gol di Bertoneri a Genova permette che, al ritorno, basti la rete di Beruatto a superare la Samp. L’ultimo ostacolo, per una volta, non è la Roma, ma l’Inter di Bersellini che arriverà da noi la stagione successiva. A San Siro è Serena a decidere il match, ma c’è fiducia per il ritorno. Sugli spalti ci sono più di 62000 spettatori e al 13’ esplodono. Angolo basso di Bertoneri da destra che sembra provocare un moto di disapprovazione fra il pubblico, ma in realtà si rivela un’arma letale: Bonesso liscia la conclusione e la sfera termina fra i piedi di Cuttone che si ritrova in posizione da centravanti e scaraventa di destro sotto la traversa. Ancora un bolide, sebbene da più vicino. Ancora sotto la curva Filadelfia. Ancora 1-0. Ancora una corsa piena di gioia, mulinando le braccia. Bonesso prova a fermarlo, poi desiste. Agatino salta i cartelloni pubblicitari sotto la tribuna, continua a correre. Finalmente i compagni lo fermano e lo sommergono di abbracci, arrivano anche dei raccattapalle, Mariani gli stampa un bacio in testa. Quando il numero due torna in campo passa davanti alla coppa Italia, esposta su un tavolino. Non la guarda nemmeno. Stavolta i sogni li distrugge Altobelli, con un colpo di testa beffardo a punire un’uscita imperfetta di Copparoni pochi minuto dopo. Al Toro servono due reti, riprende ad attaccare, Beruatto colpisce un clamoroso palo interno, ce la mettiamo tutta, non ce la facciamo. Per due volte la rete che fa sognare il Paradiso, per due volte tutto cancellato. Due gol in due finali, ma non rimane nulla in mano.

Cuttone aveva segnato un gol anche in campionato, un bel colpo di testa col Cagliari (sempre sotto la Filadelfia), poi la sua deviazione contribuirà al momentaneo pareggio sardo, quasi a ricordare che la felicità non è di questa terra. Alla fine il tabellino dirà 4-2 per noi e andrà comunque benissimo. Dopo quel 1981/82 da protagonista, Cuttone va a Catanzaro e poi a Cesena dove passerà la maggior parte della sua carriera e diventerà davvero leggenda segnando la rete decisiva nello spareggio per andare in serie A del 1987. Gol di testa in tuffo su azione d’angolo, con la fascia da capitano rossa a spiccare sulla maglia bianconera. Solita esultanza spontanea, pochi fronzoli prima di essere raggiunto dai compagni.

In serie A segnerà ancora due reti. Una con la maglia del Catanzaro, una con la maglia del Cesena. E’ a chi segnerà queste reti che ci fa pensare che ci sia un destino, un qualcosa che tira i fili della storia di ognuno. O forse non c’è proprio nulla, sono tutte combinazioni messe lì a caso ed è l’uomo che prova a trovare un significato, un motivo. Fatto sta che le due reti in massima serie che Cuttone segnerà lontano dal Toro sono a Torino contro la Juventus. La prima è sotto la Maratona, con la maglia numero sei sulle spalle. Il destro di Agatino dalla distanza è tutto fuorché irresistibile, ma Zoff è tradito dal sole, annaspa per raggiungere quel pallone che sembra fatto apposta per essere parato facilmente e invece si rivela beffardo per uno dei portieri più forti di sempre. E’ il gol del provvisorio e clamoroso vantaggio, ma i padroni di casa ribalteranno il risultato e vinceranno 3-1. La seconda rete è nel 1988/89: il Cesena sta perdendo 2-1 a una decina di minuti dal termine. Zoff stavolta non è in porta, ma sulla panchina juventina. Cuttone ha qualcosa da farsi perdonare avendo causato il penalty del 2-1 avversario. Tacconi sta facendo gli straordinari e riesce anche a fare un miracolo sul colpo di testa di Agatino, ma la palla torna fra i piedi del cesenate che con un tocco rapinoso sigla il definitivo 2-2, anche qui sotto la Maratona, poi esulta con la solita corsa che viene dal cuore. Un ragazzo del Fila che segna alla Vecchia Signora è sempre una bella storia. Un ragazzo del Fila che ci porta vicinissimi ad alzare un trofeo anche e, al netto delle fitte di dolore che provoca pensare a quelle finali perse, va comunque ricordato e ringraziato.

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

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