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Il granata della porta accanto

E poi arriva lui… Belotti, l’anti-eroe granata

E poi arriva lui… Belotti, l’anti-eroe granata - immagine 1
Insomma, è andata così, nell'unico modo in cui a perderci sono stati i tifosi e gli ultimi lembi di tremendismo granata che nel Gallo ancora si potevano intravedere

Alessandro Costantino

"Arriva lui, bello, bello…". C'è questa canzone tormentone di Federico Martelli ed è la prima cosa che, ironicamente ed anche un po' tristemente, ho pensato all'idea che domenica ci ritroveremo davanti da avversario tra i giallorossi di Mourinho, Andrea Belotti. È chiaro che la vera emozione sarà nella gara di ritorno quando dalla Maratona guarderemo colui che nell'ultimo quarto di secolo ha meglio rappresentato pregi e difetti del classico giocatore "da Toro" indossare un'altra maglia e tirare (o almeno provarci) nella porta "sbagliata", ma la prima volta da ex del Gallo non poteva passare inosservata.

Me l'aspettavo diversa, sinceramente, questa prima volta. Intanto mi sarei aspettato un Belotti decisamente più protagonista nella sua nuova squadra, sebbene l'aver saltato la preparazione estiva ha sicuramente inciso, per uno come lui che sfrutta molto il fisico nel suo modo di giocare, nel tenore delle sue prestazioni fin qui. Invece un quasi "anonimo" Andrea Belotti si presenta così "bello, bello" come dice la canzone, ad affrontare il "suo" Torino con chissà quale stato d'animo visto che dal suo addio per scadenza di contratto non ha lasciato trapelare molto del suo rapporto con il Toro se non poche righe nel suo post d'addio troppo tardivo e lacunoso in proporzione al significato che lo stesso Belotti ha avuto per la piazza di Torino nei suoi sette anni granata. Perché io capisco che alcuni di noi siano rancorosi per il modo in cui il Gallo ha lasciato il Toro, ma ciò che ha fatto e, soprattutto, ciò che ha rappresentato, restano nella nostra storia ed un giocare come lui non può essere né sminuito né cancellato dalla mancanza di riconoscenza che gli viene imputata o anche solo dalla mancanza di empatia nel gestire il suo addio.

Non starò a ricordare il numero eccezionale di gol che ha fatto con la maglia granata perché non è quella la sola essenza del Belotti centravanti del Toro. Andrea è stato molto più dei suoi gol, è stato un simbolo in un momento storico in cui di "Toro vero" in questo Torino FC ce n'è stato e ce n'è proprio poco. Il suo modo di giocare, il suo non mollare mai, il suo saper trascinare non con il carisma delle parole ma con l'efficacia dell'esempio, perfino i suoi limiti tecnici sono stati quanto di più granata ci potesse ancora essere in un panorama generale societario troppo sbiadito. La cresta alzata ad ogni gol, i difensori avversari sistematicamente ammoniti per il tentativo di fermarlo, la speranza sugli spalti che con lui in campo un gol lo si sarebbe fatto prima o poi, i ripieghi difensivi a volte più entusiasmanti delle azioni d'attacco, i bambini tutti con la 9 addosso e la scritta Belotti sulla schiena sono solo alcuni aspetti dell'impatto nell'immaginario della tifoseria che questo giocatore ha avuto in questi 7 anni. The world needs a hero e il mondo granata un suo eroe, fiero ma mai arrogante, incisivo ma mai supponente, su misura per i valori a cui è aggrappata la storia di questo club, ce lo aveva. L'accostamento a Pulici era naturale perché Belotti, scegliendo di rimanere, avrebbe potuto davvero provare a ripercorrere, almeno numericamente, le orme di Pupi, ma il contesto storico in cui i due hanno giocato a calcio ha impedito che ciò avvenisse. Qualcuno ha voluto ammainare le bandiere e per un ragazzo con la sensibilità di Belotti, ma pur sempre nato nel 1993, cioè nell'era delle pay tv che hanno seppellito il calcio romantico di Pulici, fare una scelta antistorica per i canoni attuali dei suoi colleghi non è stato facile né immediato. Ed infatti quella scelta non è stata fatta. Credo fermamente che il tormento di Belotti sia stato sincero: l'amore per la maglia c'era, ma le condizioni lavorative per rimanere probabilmente no. Non parlo di soldi, perché quelli che si aspettava di ottenere Cairo glieli avrebbe, in un modo o nell'altro, anche dati, ma ciò che mancava era il resto del contesto: un progetto sportivo vero che non prevedesse solo di smontare la squadra ogni anno e rimontarla facendosi il segno della croce nell'estate successiva a Belotti non credo sia mai stato offerto dal patron e alla fine il Gallo ha fatto la sua scelta. Sulle modalità possiamo discutere, probabilmente il suo essere schivo e poco amante dei riflettori lo ha fregato questa volta suggerendogli di non esporsi quando invece avrebbe dovuto farlo eccome e con grande chiarezza. Ci sta anche che volesse evitare polemiche con la proprietà, visto che nel suo messaggio d'addio non cita mai né la società né il presidente stesso. Insomma, è andata così, nell'unico modo in cui a perderci sono stati i tifosi e gli ultimi lembi di tremendismo granata che nel Gallo ancora si potevano intravedere. Ora ce lo ritroveremo "bello, bello" sul prato dell'Olimpico romano, da eroe decaduto e un po' in declino, senza quella vera voglia di ritrovarsi, anche da fieri e leali avversari, che mi sarei immaginato pensando al primo Toro-Roma in programma. Per me resta sempre il Gallo, quello che mi ha aiutato a rendere ancora più granata i miei figli, quello che nel mio immaginario di bambino che era troppo piccolo per godersi Pulici sperava di vedere la stessa epopea proprio con lui, quello che avrei voluto fosse l'ultimo baluardo contro il calcio business. Nessuno deve essere colpevolizzato per le aspettative altrui e Belotti va solo ammirato per quanto ha dato a questa maglia nei suoi sette anni. Speriamo che il prossimo Belotti a vestire il granata venga dalle nostre giovanili e sia più un Pulici di quanto Belotti non ha voluto o saputo essere e non sia stato messo nella condizione di essere da chi avrebbe potuto costruirgli attorno qualcosa di grande…

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.

Disclaimer: gli opinionisti ospitati da Toro News esprimono il loro pensiero indipendentemente dalla linea editoriale seguita dalla Redazione del giornale online, il quale da sempre fa del pluralismo e della libera condivisione delle opinioni un proprio tratto distintivo.

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