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Presidente, perché non fare un passo indietro?

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Recupero dei valori storici del Torino e ingresso in società di figure manageriali di un certo spessore sono fondamentali per non rivivere le angosce delle ultime due stagioni

Il Torino si è salvato e di per sé è un'ottima notizia: non sono tra quelli che ritengono una retrocessione in B come un evento catartico capace di generare un nuovo inizio foriero di tempi necessariamente migliori. Per niente. Almeno non in questo periodo di covid. Con la crisi economica che sta investendo il mondo del calcio, la discesa in B è un biglietto di sola andata per l'inferno calcistico, perché abbatterebbe gli introiti e ci vedrebbe costretti a stare chissà quanti anni prima di "riveder le stelle". No, grazie. Sono contento che la mia squadra abbia conquistato la possibilità di giocare un altro anno in serie A. Detto questo, le buone notizie finiscono praticamente qui. Si è sentito dire in questi giorni che non c'è niente da festeggiare e mi associo a questa visione del presente e soprattutto del futuro prossimo. Umanamente capisco i giocatori che hanno gioito per il risultato ottenuto con estrema fatica a Roma: quando ci si trova nei guai è naturale celebrare il momento in cui se ne esce, lo avrei fatto anch'io. E ciò non toglie che alcuni di essi, Sirigu in particolare, abbiano subito razionalizzato ammettendo onestamente di non avere fatto un buon percorso nelle ultime stagioni. Ciò che invece non comprendo sono le dichiarazioni del Presidente Cairo al termine della partita con la Lazio. Dalla massima figura del club, colui che oltre ad esserne proprietario avoca su di sé ogni decisione e responsabilità comprese quelle che spetterebbero ai dirigenti che stipendia per ricoprire certi ruoli nell'organigramma, mi sarei aspettato un deciso mea culpa e l'annuncio di una rivoluzione sia nel management che nel parco giocatori. Il presidente invece si è limitato a fare spallucce sull'annata disastrosa, celebrando la salvezza e dicendo semplicemente che si sarebbe messo a lavorare con Vagnati "perché tutto ciò non accadesse di nuovo", di fatto replicando la stessa dichiarazione resa al termine dello scorso campionato. Per la serie "tanto voi tifosi avete la memoria di un pesce rosso"... Personalmente ritengo di chiedere al nostro presidente una cosa sola: perché non si auto-licenzia? Perché a fronte di un fallimento (biennale) certificato dai numeri e dal giudizio pressoché unanime degli addetti ai lavori e dei tifosi, il signor Cairo non decide di cambiare mettendo da parte l'unico elemento comune a tutti i fallimenti di questi ultimi 16 anni, cioè sé stesso? Vendere sarebbe il gesto più responsabile (e redditizio per le sue tasche) che il presidente potrebbe fare, ma visto che è inutile sperare in un suo sussulto di coscienza che in questi tre lustri in effetti non si è mai visto, potremmo almeno appellarci alle buone regole non scritte dell'imprenditoria che impongono di sostituire i manager che non raggiungono i propri obiettivi. Cairo in quanto manager assoluto e unico decisore della società Torino FC di fronte a una tale deficitaria gestione dovrebbe quantomeno farsi da parte, "licenziandosi" da ogni ruolo operativo e rimanendo un mero proprietario che delega la parte di gestione a professionisti più capaci di lui. Ovviamente se questo accadesse, anche Vagnati dovrebbe essere allontanato perché ha dimostrato in un anno e mezzo di non essere assolutamente all'altezza di fare il ds in una piazza come Torino. Bella presenza, sarà anche un osso duro nelle contrattazioni, ma sinceramente non ricordo che ne abbia azzeccata una da quando è arrivato al Toro. Un altro che con un sussulto di coscienza dovrebbe dimettersi. Mi chiedo poi se al posto di Comi ci fosse un amministratore delegato con pieni poteri, avremmo forse visto gestioni diverse del Filadelfia o del Robaldo? Il dubbio è più che lecito. E infine anche tra i calciatori ce n'è un buon numero che andrebbe licenziato per scarso rendimento: se posso citarne uno non avrei dubbi a far cadere la mia scelta su Verdi che in due stagioni non ha azzeccato una partita di quelle che ti fanno venire il sospetto che in fondo poteva avere un senso aver speso venticinque milioni di euro per prenderlo. E con lui un bel plotone di fenomeni "del contratto", bravissimi ad assicurarsi emolumenti a tanti zeri per poi ripagare società e tifosi in campo con rendimenti anch'essi a tanti zeri… Il Torino che si è salvato con la Lazio è una squadra ed una società immersa in una realtà postbellica: felice di essere sopravvissuta, ma distrutta e sepolta dalle macerie. Il futuro, però, al contrario dei periodi immediatamente a ridosso delle guerre, non è radioso e votato all'entusiasmo come si potrebbe pensare perché mancano i presupposti per una rinascita reale. Cairo e Vagnati non hanno né le risorse (i soldi), né le competenze per pensare, ideare, pianificare e realizzare una vera e propria rivoluzione tecnica ed umana della prima squadra. Una qualunque strategia che non si basi sul recupero dei valori storici del Torino e non preveda l'ingresso in società di una o più figure manageriali di un certo spessore non porterà a null'altro che a rivivere le angosce delle ultime due stagioni. E allora a fronte di tutte queste considerazioni torno a domandare: presidente, perché non si auto - licenzia? Sarebbe la prima cosa "da Toro" che le vedrei fare da tempo immemore…

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.

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