lasciarci le penne

Quella clamorosa estasi granata

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Torna un nuovo appuntamento con la rubrica "Lasciarci le penne", a cura di Marco P.L. Bernardi

Marco P.L. Bernardi

Estasi clamorosa (1981) Ariston

Rettore

Rettore è stata, a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, la diva della canzone italiana, capace di sfornare successi a ripetizione e una hit all'anno, azzeccando motivi irresistibili pur trattando temi scomodi o, almeno per il periodo, scandalosi: dopo Splendido splendente del '79, che parlava di chirurgia estetica, e Kobra dell'80, serpente-pensiero indecente, nel 1981 fu il turno di Donatella, brano in cui la cantautrice rivendicava la propria personalità artistica, diffidando chiunque dall'individuarla con il comune nome di battesimo, anzi intimando di chiamarla con il solo cognome, trasformato così a tutti gli effetti in un logo-rock unico e irripetibile. Il singolo Donatella, vincitore del Festivalbar 1981, trascinò l'album Estasi clamorosa, disco d'oro e LP tra i più venduti dall'artista. Il bel titolo di quel 33 giri fornisce il pretesto per celebrare l'anniversario dell'Estasi clamorosa granata: lo scorso 27 marzo si è celebrato il quarantennale della madre di tutte le partite, dell'irripetibile goduria, dell'apoteosi del tremendismo granata, del derby dei derby, quel 3 a 2 in rimonta frenetica che ancora oggi mi fa dubitare delle leggi della fisica, non solo per le traiettorie innaturali che armarono le stoccate di Dossena, Bonesso e Torrisi e i capolavori balistici dei tre succitati, ma anche per l'enorme onda di piena nella quale si trasformò la Maratona e che tutto travolse, facendo trovare me e mio padre, alla fine di quei fatidici tre minuti, in tutt'altra parte della curva, a decine di metri di distanza dal punto nel quale ci trovavamo prima che il delirio cominciasse, senza che ci fosse stata nemmeno la percezione dello spostamento, come se un teletrasporto impazzito ci avesse smaterializzato per farci ricompattare in un altro luogo. La fantascienza, quel giorno, divenne realtà. Come reale fu il boato che iniziò al 71° minuto e non si esaurì se non ben dopo il fischio finale. Un'esplosione di gioia del genere l'ho risentita altre due volte, nella mia lunga carriera di tifoso: la prima, quando Aldo Serena, all'ultimo istante di un altro derby tiratissimo, trasformò la magica traiettoria, partita dal piede di Leo Junior, nel trionfo, e la seconda quando Rocha, difensore del Real Madrid, spedì nella propria rete un cross di Lentini stroncando la resistenza delle Merengues. Ecco, quei boati lì, se li hai sentiti una volta, non puoi dimenticarli né confonderli con altri. Ti capiterà di udirne ancora, travolgenti da farti esplodere le orecchie, ma mancherà sempre un'inezia per equipararli a quelli. Quarant'anni sono un'eternità, cambiano il mondo, trasformano i ragazzini in signori di mezza età e i giovani in vecchi. La cosa triste è che trasformano quelli che c'erano in reduci e le emozioni in nostalgia. E' per quello che diventa necessario un ricambio anche nel nostro immaginario, una nuova età dell'oro dalla quale derivare nuovi miti. Se io fossi un ragazzino di oggi ne avrei le scatole piene di sentirmi raccontare le solite vecchie storie e di aspettare ogni anno che arrivi il prossimo a cambiare il mondo. E' sacrosanto che anche loro vivano le loro Estasi clamorose, e che noi, ragazzini di un tempo, ne viviamo di nuove. La vita è troppo breve per accontentarsi dei ricordi.

Autore di gialli, con "Cocktail d'anime per l'avvocato Alfieri" ha vinto l'edizione 2020 di GialloFestival. Marco P.L. Bernardi condivide con il protagonista dei suoi romanzi l'antica passione per il Toro e l'amore per la letteratura e la canzone d'autore.

Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.

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