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”C’è stato il tiro al bersaglio sul Torino”

Gianluca Petrachi, in due mesi al Torino, le ha viste proprio tutte. Sapeva che avrebbe trovato una situazione non facile, ma non si immaginava tanto; ora è più concentrato e determinato che mai, e come lui...

Redazione Toro News

Gianluca Petrachi, in due mesi al Torino, le ha viste proprio tutte. Sapeva che avrebbe trovato una situazione non facile, ma non si immaginava tanto; ora è più concentrato e determinato che mai, e come lui -assicura- anche tutta la squadra. Non perde una virgola della sua cortesia e disponibilità, e cerca di mettere da parte tutto l'amaro che sente per il trattamento riservato alla squadra, "ma non da parte dei tifosi".Direttore, avete accolto male la comunicazione, da parte del presidente, relativa all'intenzione di mettere in vendita la società da parte del presidente Cairo?No, al contrario. Qua, ormai, era diventato un tiro al bersaglio.In che senso?Le polemiche che hanno investito il presidente non ci lasciano indifferenti; rendono più difficile per tutti quanti lavorare serenamente. E' stato lui a comunicarci la decisione di rendere pubblica questa sua decisione, e da un certo punto di vista non ci tocca: intendo dire, il Torino prosegue comunque con lui e con tutti noi, non è che il presidente abbia smesso di lavorare per il club. Ha solo detto che non vuole rimanere a dispetto dei santi, e che se ci sarà qualcuno più bravo, sia a livello mediatico che sotto ogni altro aspetto, può venire. Se davvero qualcuno non vuole più Cairo, allora quello che ha fatto è un gesto di grande responsabilità.Come ne è rimasto toccato, l'ambiente interno alla società e allo spogliatoio?E' stato toccato molto di più da quanto è stato fatto prima, da quel massacro verso il presidente. E' evidente, ripeto, che lavorare come stiamo facendo non è facile. I ragazzi non sono preoccupati; sanno che puntualmente, ogni mesi, arriva lo stipendio, e il presidente garantisce il proprio impegno per il Torino. Se domani arriverà qualcuno in grado di sostituirlo e fare meglio di lui, ben venga; ma io continuo a fare il mio lavoro. E i giocatori anche: erano consapevoli di quanto stava accadendo attorno, ma questo non ha impedito loro di continuare ad impegnarsi, e proseguiranno a farlo.Le dispiace si metta in discussione anche il lavoro compiuto fin dal suo arrivo?Ci mancherebbe, tutto viene giudicato. Però posso assicurare che non c'è niente di semplice, e che abbiamo fatto sessanta giorni di vera full-immersion, mettendoci tutti noi stessi. Dopodiché, su cinque partite ne è stata sbagliata una; perchè facciamo calcio, non una scienza esatta. Ma che dopo una sconfitta -e certo è capitata nel momento più inaspettato, il peggiore- si debba considerare sbagliato tutto quello che è stato fatto...Si rischia di dimenticare che domani c'è una partita. Che aria si respira, che sguardi si vedono, tra i giocatori in ritiro?Non è l'aria del ritiro a preoccupare: c'è un gruppo unito, che lavora con dedizione, per un obiettivo. E' tutto attorno che c'è un'aria così pesante... Io porto questo esempio: uno costruisce una casa, pian piano la tira su, poi si trova ad avere a che fare con un materiale scadente, non adatto, e abbatte quello che aveva edificato, ricominciando da zero. Non è così che si arriva da qualche parte; se si trova un materiale non buono, quando lo si capisce si scarta e si riparte da dove si era. I numeri dicono anche che questa squadra ha prodotto molto di più lontano da casa; proprio perché, a Torino, c'è un'aria pesantissima. Attenzione, non parlo dei tifosi, che pure sabato hanno cantato fino alla fine e oltre, ma essenzialmente dei media che hanno fatto il tiro al bersaglio con il Toro.Ritiene che Cairo, nel suo operato, sia esente da colpe?Io penso che, in un rapporto affettivo, se uno considera di essere stato tradito può lasciare -ma allora deve farlo davvero, disinteressarsi- o perdonare. Invece, qui, ogni errore che il presidente fa è un punto di non ritorno; non è sano, questo. Nel suo percorso ha compiuto alcuni errori, pagando lo scotto dell'inesperienza e il fatto di non aver trovato le persone cui affidare le chiavi della società. E' innegabile che il calcio è un ambiente che nulla a che spartire con ogni altra realtà imprenditoriale, laddove Cairo è una persona di abilità riconosciuta, e quindi gli errori sono inevitabili. Detto ciò, come per quanto riguarda il discorso tecnico, cerchiamo di guardare avanti; ora c'è un presidente che ha capito molte cose che all'inizio non potevano essergli chiare, c'è un direttore sportivo, c'è un team manager ed un allenatore che lavorano con grande armonia insieme alla squadra. Guardiamo avanti. Credo si stia procedendo in maniera sana e corretta, in linea con la programmazione che abbiamo fatto.Cosa si augura, per l'immediato futuro?Il meglio possibile per il Torino. Mi addolora che certi ragazzi, arrivati qui con grande entusiasmo e aspettative positive verso tutto l'ambiente, si sentano già dare degli “scarsi” o cose simili. Non credo sia furbo da chi vuole il bene per l'ambiente; e anche qui penso ai media, perché i ragazzi comprano i giornali, leggono, guardano le trasmissioni. E non sono insensibili. La scorsa partita loro l'hanno persa, ma non si può imputare loro il male di una retrocessione, di un mezzo campionato deludente; bisogna fare uno sforzo di buon senso, io ringrazio chi lo fa. Infine, sgombro il campo dalla visione di una squadra sconvolta dall'annuncio di Cairo, sbigottita e quant'altro: la squadra è totalmente con il presidente, è serena, come tutti noi. E, siccome sappiamo che si viene giudicati dai risultati al di là delle difficili condizioni, la volontà è quella di lasciarsi tutto alle spalle sul campo, per la gente che segue la squadra, per il Toro.

(foto M.Dreosti)