"Il primo direttore sportivo dell’era Cairo ha lasciato la compagine granata in silenzio, con discrezione ma anche dicendo un profondo “Grazie” al Presidente, ai giocatori, ai tifosi.
interviste
Fabrizio Salvatori: ‘Ciao Toro, grazie’
Il primo direttore sportivo dell’era Cairo ha lasciato la compagine granata in silenzio, con discrezione ma anche dicendo un profondo “Grazie” al Presidente, ai giocatori, ai tifosi.
"Direttore, non le spiace esser venuto via proprio adesso?
"Sì, ma quando non ci sono più i presupposti per continuare è meglio lasciarsi bene.
"Come mai non ha accettato la proposta di Cairo di rimanere come osservatore e consulente per il mercato ?
"Non salto di palo in frasca, sono un direttore sportivo e tale voglio rimanere. Di osservatori qualificati Cairo ne può trovare quanti ne vuole. Io sono e mi sento un dirigente sportivo che non farà mai l’allenatore o il raccattapalle pur di campare, è una questione di dignità e di professionalità.
"Il suo colpo più riuscito è stato Rosina che prima di approdare al Toro era un talento sconosciuto ai piu'.
"Speravo che me lo dessero essendo un Under 21, il passaggio in granata è stato un vantaggio per tutti.
"Quante probabilità ha Rosina di rimanere granata?
"Non lo so. Essendone uscito non so più nulla e non mi va di sbilanciarmi. Ora tocca a Tosi.
"Qual è il ricordo più intenso che si porterà appresso di questa esperienza?
"Il fatto di essere stato parte di una società nuova, ma già gloriosa che ha acquisito le attenzioni e il prestigio del grande club operando sul campo in modo serio e corretto. E’ stato bellissimo, soprattutto se pensiamo a come eravamo partiti in fretta e furia con il presidente, sfatando tutta una serie di luoghi comuni che ci sono nel calcio, raccogliendo giocatori che nessuno voleva e senza fare una preparazione estiva.
"Come si costruisce una squadra da serie A in due settimane ?
"Avendo il polso della situazione, del mercato conoscendo i giocatori e le situazioni altrui.
"Rosina a parte, c’è un giocatore che l’ha colpita di più?
"Mi hanno sorpreso molto quelli che giocavano poco, ma quando lo facevano davano il massimo e sapevano anche uscire in silenzio, dimostrando che c’era un grande gruppo di persone serie che hanno dato il massimo. Tutti hanno saputo dare il meglio, poi è chiaro che un calo di forma ci può stare.
"Da intenditore di giovani talenti come vede il futuro di Vailatti?
"Se non si monta la testa ha grande prospettiva. Vailatti deve ancora dimostrare tutto, ma le grandi vittorie si creano con le sconfitte. Lui con due campionati vinti in due anni si è abituato troppo bene.
"Non è che con De Biasi siano state tutte rose e fiori…
"Non è colpa dell’allenatore. C’era un traguardo da centrare e un gruppo da amministrare. Vailatti se vuole diventare giocatore vero deve giocare con continuità a costo di scendere di categoria e giocare domenica dopo domenica. Solo così si costruiscono i successi.
"Si aspettava che Cairo non esonerasse De Biasi?
"Non c’erano i presupposti per cambiare. Era solo una questione di risultati anche se poi sono quelli che fanno girare meglio la palla, la testa e le gambe. Non ho mai consigliato a Cairo di tagliarlo.
"Qual è stato il segreto della promozione?
"Siamo stati capaci tutti quanti (squadra e società) di fare gruppo, di mandare giù delle situazioni anche negative, sacrificandoci per l’obiettivo comune senza stare a pensare al nostro orticello personale. Nel calcio non capita spesso.
"Cosa farà adesso?
"Resterò a casa, a Pesaro, e per un po’ mi dedicherò alla famiglia, visto che l’ho trascurata, poi so già che alla fine l’unico che mi darà retta sarà il cane.
"C’è una società in cui le piacerebbe lavorare?
"No. Contano le persone serie e il progetto, non mi interessa il nome.
"Da talent scout, di chi sentiremo parlare dopo questo mondiale?
"Occhio a Boateng del Ghana che gioca in Svezia nell’Aik come centrocampista, un ’83 che sa fare tutto e bene.
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