Un minuto di silenzio su tutti i campi: insieme a Giorgio Tosatti se n’è andato anche “Veleno” Lorenzi, grande giocatore interista degli anni ’50. Un viaggio insieme per parlare ancora un po’ di calcio, mentre di qua restano i ricordi di chi li ha conosciuti. Roberto Beccantini traccia un ritratto del collega a pochi giorni dalla sua scomparsa. Qual è il ricordo principale che le è rimasto di Giorgio Tosatti? Paradossalmente, non ci siamo mai frequentati molto. Lui a Roma, io fra Milano e Torino. Ricordo i suoi pezzi, i suoi commenti televisivi. Precisi, competenti e, soprattutto, uniformi. Oggi, al contrario, noto che molti, sullo stesso argomento, scrivono in un modo e parlano, in tv o alla radio, in un altro.Come lo collocherebbe nel panorama del giornalismo sportivo?Fra i più grandi di sempre. Non era un numero dieci alla Gianni Brera. Era un regista, un organizzatore. Che, però, aveva il gol nel sangue. Ha plasmato una generazione di giornalisti.Visto in tv dava l'impressione di una persona pacata, era davvero così?Tutt'altro. Mi dicono che, da direttore del Corriere dello Sport, fosse esigente, a volte burbero, capace di forti scatti. Un uomo di polso. Come deve essere, appunto, chi dirige un giornale e vuole lasciare una traccia.Esiste al momento un Tosatti in erba che sta crescendo?Non saprei. Ci ha insegnato il rispetto e l'importanza dei numeri. All'americana. Mario Sconcerti, anche se ha un carattere e uno stile diversi, è cresciuto alla sua scuola e ne ha raccolto il testimone.Quali erano le cose che vi dividevano e quelle che invece vi univano?Ci univa l'amore per lo sport. Ci divideva, ultimamente, soprattutto il rapporto con i cosiddetti poteri forti. A Giorgio piaceva condizionarli, mentre il sottoscritto preferiva controllarli.Parlava mai di quel padre perito a Superga con la squadra del Grande Torino?Che io sappia, pochissimo. Checché se ne dica, non ha mai messo in piazza il nome di suo padre. Non ne aveva bisogno. Deve tutto a se stesso.Qualcuno dice che era tifoso del Toro, chi invece del Genoa, per chi batteva il cuore di Tosatti?Per il Genoa e per il Toro. In questo ordine, penso.C'è qualcosa che avrebbe voluto dirgli e non le è stato più possibile?Dopo l'operazione a Pavia, gli avevo inviato un telegramma di auguri. Mi telefonò per ringraziarmi. Aspettavo, come tutti, che tornasse al fronte. Il suo era un giornalismo di analisi, non urlato. Merce rara. Non sempre la pensavamo allo stesso modo, ma proprio per questo mi mancherà molto.
interviste
La prima domenica senza Giorgio Tosatti
Un minuto di silenzio su tutti i campi: insieme a Giorgio Tosatti se n’è andato anche “Veleno” Lorenzi, grande giocatore interista degli anni ’50. Un viaggio insieme per parlare ancora un po’ di calcio,...
© RIPRODUZIONE RISERVATA