E’ stato il centravanti degli ultimi minuti vincenti, quello della Coppa Italia vinta dal Toro nel 1993. Domenica si è presentato, puntuale, sul dischetto del rigore riaccendendo le speranze del Mantova. Paolo Poggi, 35 anni portati con l’aria e la fama del bravo ragazzo a tutte le latitudini in cui ha giocato, parla del match che ha deciso la stagione, stemperando le polemiche dei giorni scorsi.Poggi cosa ha provato al momento del rigore?Sono palloni pesanti quelli. Però ero abbastanza tranquillo e ho seguito l’istinto. Certo se si pensa a cosa c’è in gioco ci si spaventa, per cui ho preferito rimanere calmo e pensare a cosa fare senza cambiare idea.Un rigore doppiamente difficile: contro la squadra che l’ha lanciata, per l’ultimo sogno…Se fosse stata una partita contro un’altra squadra sarebbe stato diverso, ci sarebbe stata anche meno gente e tensione.Come ha vissuto gli ultimi 180 minuti della stagione?Si è passati dalla consapevolezza del grande risultato dell’andata, alla delusione per un traguardo che sfugge. Il tutto in due finali anomale, che faranno epoca, perché non so quando vedremo segnare altri 10 gol in due partite quando la posta in gioca è così alta.All’andata c’è chi dice che è più il Torino che ha perso che il Mantova ad aver vinto, per via dei gol regalati dalla difesa granata.Anche i due gol del Toro sono venuti fuori da nostri sbagli: tutti e dieci i gol sono nati da palle inattive, un calcio d’angolo regalato e una disattenzione della difesa. Al posto dei due allenatori ci rifletterei, però da attaccante mi piace pensare alla bellezza delle due finali. Per chi le ha viste sono state due partite divertenti, segnate dalla bravura dei giocatori, al di là del risultato e di chi ha vinto e perso. Una sfida avvincente che suona come spot per il bel calcio, soprattutto in questo momento di scandali.Si aspettava le polemiche del prima e dopo Mantova?No, perché non avevano senso. Si è parlato troppo nelle settimane precedenti e mi aspettavo che una partita così importante aiutasse a far capire che non c’è bisogno di alzar tanto la voce per fare del bel calcio.Che gare ha visto dalla panchina?Ho visto due partite con troppa tensione, le sessantamila persone sono state l’unica cosa positiva. Due cornici di pubblico esaltanti che hanno fatto uno spettacolo stupendo sia all’andata che al ritorno e si è visto quanto il fattore casalingo può contare, perché entrambe le formazioni di casa hanno vinto.Si aspettava che il Mantova non passasse?Sì, perché anche in squadra abbiamo un gruppo di ragazzi intelligenti e sapevamo che per riuscire ad arrivare in serie A ci sarebbe voluta un’impresa sportiva perché conoscevamo la forza del Toro e loro in campionato due gol ce li avevano già fatti. Adesso cosa farà?Mi sono preso un attimo di riflessione e poi vedremo. Il contratto è in scadenza, ma mi hanno chiesto di rinnovarlo. Al tempo stesso voglio staccare la spina e pensarci.Ma se il Mantova dovesse salire d’ufficio firma ?No. La serie A l’ho già frequentata a lungo, non è il mio primo pensiero. Chi vede meglio fra i giovani ?Caridi e Rosina, che ha disputato una finale di ritorno favolosa.Cosa ha voluto dire il Toro nella sua carriera ?Sono arrivato al Toro nel 1992-93, vincendo subito una Coppa Italia. L’anno successivo mi ha fatto maturare molto, perché c’erano in squadra Francescoli, Fusi, Galli tutta gente che mi hanno insegnato molto e che sento ancora. Al Toro devo l’ingresso nel grande calcio.
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Poggi: ‘Toro, hai un Rosina da favola’
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