interviste

Riecco la Meleam

Un paio di mesi fa, ben prima che Urbano Cairo annunciasse la propria intenzione di mettere in vendita il Torino FC, già circolavano nomi di soggetti potenzialmente interessati a rilevare la...

Redazione Toro News

"Un paio di mesi fa, ben prima che Urbano Cairo annunciasse la propria intenzione di mettere in vendita il Torino FC, già circolavano nomi di soggetti potenzialmente interessati a rilevare la proprietà del club granata dalle mani dell'editore alessandrino. Come sempre, prima di sparare -con il cannone dell'informazione- nomi veri o presunti, cerchiamo di indagare sulla reale consistenza delle ipotesi che vengono avanzate; per questo, negli ultimi giorni di Gennaio, portammo a termine le nostre verifiche sul gruppo Meleam. La nostra personale conclusione fu che non ci fossero i presupposti per parlare di qualcosa di sufficientemente concreto; ma, poiché in questi giorni il nome dell'azienda pugliese torna a circolare sulle bocche di molti, abbiamo pensato di proporre ora un sunto delle informazioni raccolte e un'intervista col legale rappresentante dell'azienda (l'avvocato Raffaele Di Monda) che accettò di rispondere alle nostre domande, a beneficio dei lettori.

"Il gruppo Meleam, con sede a Bitonto, opera nel settore della sicurezze sul lavoro e della certificazione aziendale. Hanno prestato i propri servizi a nomi notissimi come Bosch, Bonduelle, Lloyd Adriatica. Contano sedi in undici regioni italiane, compreso il Piemonte (l'unico che abbiamo avuto modo di verificare di persona: un ufficio in via Sansovino, non lontano dallo Stadio delle Alpi). Fatturato milionario, ma utile a bilancio di appena 28mila euro. Il curriculum aziendale presenta però una bruttissima macchia nera, per quanto sia ancora da chiarire chi sia il responsabile: nell'incidente in cui due anni fa persero la vita cinque operai, in una cisterna presso il Truck Center di Molfetta, i permessi erano stati rilasciati proprio dalla Meleam, la quale valutò fosse assolutamente tutto in regola. E che poi si difese: “Nessuno ci aveva mai detto che trattassero sostanze chimiche”, spiegarono.

"Ma veniamo al rapporto tra questa azienda pugliese ed il calcio. I primi passi nel mondo del pallone furono mossi appena fuori dall'uscio di casa: la prima società su cui Meleam mise le mani ed i contanti fu la Leonessa, seconda squadra di Altamura. E, pur parlando di una formazione che milita in Promozione, venne scomodata la consulenza di Luciano Moggi. “Lo sport, si sa, è un veicolo per entrare negli ambiti locali, da qui il nostro investimento in vista di un ritorno ad ampio spettro”, affermò con correttezza e trasparenza il proprietario, Di Bacco.Immediatamente dopo aver operato questa prima mossa, il gruppo partì alla conquista del calcio che conta, o almeno a tentare la conquista. Primo obiettivo: il Gallipoli, neopromosso in B ma squassato da una crisi societaria che ne mise in dubbio la stessa iscrizione al campionato. “Nella serata di ieri è stato ratificato l'accordo, lunedì i rappresentanti di Meleam in compagnia di Luciano Moggi metteranno le firme”, si leggeva nella scorsa Estate; tutto era già scritto, e tutto invece saltò all'ultimo respiro.Fu quindi la volta del Foggia, che navigava (e naviga) in bruttissime acque tecniche e societarie: un club ufficialmente in vendita, proprio come il Gallipoli. Ma anche questa volta non se ne fece nulla; dopo i 10 milioni annunciati come offerta per i salentini, fu di 500mila euro quella avanzata per i rossoneri. “Ma noi non possiamo passare per coloro i quali hanno cercato pubblicità. Il comportamento dei dirigenti è stato scorrettissimo”, dissero dall'azienda bitontina.Si passa quindi alla Serie A: prima il Siena, che passò infine a Mezzaroma; poi un altro club con il cartello “vendesi” sulla porta, il Bologna. Stavolta sono 20 i milioni sul piatto, con tanto di offerta scritta firmata e controfirmata; i Menarini consegnarono (era Gennaio) i libri contabili ad un'ATI (Associazione Temporanea d'Imprese) dietro la quale non era dato sapere chi si celasse (“Ultimata la visione dei libri contabili, diremo ai Menarini, ma solo a loro, chi c´è in quest´associazione”, dichiarò Di Monda). Il dg rossoblù Baraldi, invece, replicò: “Se entra le Meleam, io me ne vado in un minuto”. E tutto si concluse con un niente di fatto.Ultima puntata del rapporto, per ora platonico, tra questa azienda ed il pallone: Bari. Reduce dalla presa in giro texana di Barton, il club biancorosso non volle neppure ascoltare le presunte offerte, minacciando addirittura querele: “L'AS Bari respinge fermamente qualsiasi trattativa mediatica e diffida chiunque a speculare sull’immagine della squadra del Bari e dei propri tifosi facendosi pubblicità gratuita (…). Tutto questo (…) crea ripetute illusioni nella tifoseria barese. Pertanto qualora ci fossero gli estremi, si provvederà ad agire per vie legali”, fu il durissimo comunicato diramato da Vincenzo Matarrese; la proposta di acquisto formulata da Meleam prevedeva il pagamento sine die, ossia in data da destinarsi, non si sa quando.In realtà, prima del Bari ci fu altro abboccamento: nientepopodimeno che la Juventus. Non per rilevare interamente il club dalle mani dei discendenti degli Agnelli, ovviamente, ma per affiancarli. “Vogliamo dimostrare che è possibile essere buoni imprenditori e ottimi dirigenti a patto di affidarsi a un management che sia esperto di calcio. Nel caso della Juve, non è così: a cominciare da Blanc che non si era mai occupato di calcio fino a Castagnini che non ha ancora portato un talento... Noi invece, avremmo già i nomi giusti in tutti i ruoli”, illustrò Di Monda.E così si è conclusa, per ora, la vicenda che ha visto il gruppo Meleam affiancarsi al mondo del pallone senza per ora entrarvi, se non per vicende legate ad azioni legali: come quando l'avvocato portò al TAR l'assegnazione dello scudetto post-Calciopoli assegnato all'Inter, o espose le ragioni dei tifosi napoletani offesi da quelli dell'Inter a San Siro.