di Alessandro Brunetti
interviste
”Sgrigna esterno? Ale può giocare ovunque”
di Alessandro Brunetti
Boskov disse di lui: “Con sue finte disorienta avversari ma anche compagni”. Passato al Napoli, i tifosi napoletani gli dedicarono subito un coro: “Prima Maradona,...
Boskov disse di lui: “Con sue finte disorienta avversari ma anche compagni”. Passato al Napoli, i tifosi napoletani gli dedicarono subito un coro: “Prima Maradona, poi Gianfranco Zola e poi.. “ Ha giocato all’Inter, ha fatto una lunga esperienza in Inghilterra per poi tornare in Italia e trascorrere gli ultimi scampoli di carriera tra il campionato australiano (un mese) e il Pavia. Insomma è uno che ha girato il mondo, facendo girare la testa agli avversari. Ma pur girando non ha dimenticato una cosa. Il Toro. E anzi ci tiene subito a precisare: “Sono un uomo del Filadelfia. Guai a chi mi tocca il Toro”.Benito Carbone è così, giramondo dalle radici granata ben solide. Da qualche mese allena il Pavia in Prima Divisione, l’obiettivo è la salvezza.
Allora mister sta seguendo le vicende granata? Come vede questa volata playoff?
“Vedo il Toro favorito. Ha ritrovato entusiasmo e questi risultati positivi possono essere un ottimo trampolino di lancio per lo sprint finale”.
A Torino si discute molto della posizione in campo di Sgrigna. Lerda lo schiera esterno in un 4-4-2 molto offensivo..
“Alessandro lo conosco bene, perché l’ho avuto come compagno di squadra al Vicenza. Secondo me può lui può fare qualsiasi cosa. Ha velocità e resistenza, riesce a dare quantità e qualità. A Vicenza giocavamo con Scwoch punta centrale, io a destra e Alessandro largo a sinistra”.
E’ la posizione giusta per un giocatore dalla sue caratteristiche? Non è sacrificato?
“Se un giocatore è ben motivato può rendere dappertutto. Certo non deve essere costretto, ma l’allenatore deve trovare le giuste motivazioni per farlo rendere anche in una posizione non abituale”.
Tu hai mai avuto problemi di collocazione in campo nella tua carriera?
“Sì, all’Inter. Il mister mi faceva fare l’esterno, ma io mi sentivo seconda punta e così sono andato via”.
Nel 2010 hai iniziato la carriera da allenatore nella Berretti del Pavia. Tu che sei stato uno dei fiori all’occhiello dei ragazzi usciti dal Filadelfia, ci dici che cosa manca al Toro per tornare a sfornare giocatori per la prima squadra?
“Manca il vecchio cuore granata, il Filadelfia. Era l’atmosfera che si respirava. Quando noi ragazzi del Fila ci ritroviamo, ci rendiamo conto che quello è stato un periodo fondamentale per la nostra vita".
Il 18 marzo sei stato chiamato a guidare la prima squadra del Pavia. Com’è stato il salto dal settore giovanile al calcio professionistico?
“Uno spettacolo. I ragazzi sono uno spettacolo. Era quello che volevo. Stiamo facendo bene, ma dobbiamo continuare così per poterci salvare”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA