mondo granata

C’eravamo tanto ammainati

Riceviamo e pubblichiamo.

 

Una parabola comune, quella del Presidente e del Capitano. Per entrambi discendente.

Dagli osanna dell’estate 2005, nella quale Urbano Cairo...

Redazione Toro News

Riceviamo e pubblichiamo.

"Una parabola comune, quella del Presidente e del Capitano. Per entrambi discendente.

"Dagli osanna dell’estate 2005, nella quale Urbano Cairo assurgeva ad icona della resurrezione granata, agli "spernacchiamenti" post retrocessione dell’estate 2009. Dalla “hola” della partita contro l’Albinoleffe, nella quale Rosina appariva il nuovo faro della squadra, agli insulti di Roma, nell’ultima di questo campionato.

"Sono nati insieme, Cairo e Rosina, all’alba di quel nuovo Toro 2005, sono cresciuti ed hanno raggiunto il loro punto più alto sempre insieme. E’ del tutto normale che ora, nel momento di ammainar bandiera, siano ancora legati l’uno all’altro, e abbassino il loro vessillo -per l’ultima volta- insieme.

"In modo, però, ben diverso.

"Il Presidente, in fondo, seduto al suo posto rimarrà sempre. Anzi, fino a quando l’affare buono per cedere la società non gli si presenterà davanti. E quel giorno, ci potete giurare, la sua personale bandiera che oggi langue a mezz’asta, sventolerà alta nel cielo. Con o senza “Fila”, con o senza “ci divertiremo” con o senza “questa maglia me la sento addosso”. E’ uomo d’affari, Cairo, e non credo lo si possa biasimare in alcun modo. Prendere il Toro con quattro soldi (cinque?) quando stava per dissolversi nel nulla è stata un’operazione commerciale e d’immagine strabiliante, compiuta con un tempismo e con modalità perfette. Il Presidente, in due settimane, è diventato il salvatore della patria per il mondo Granata e, contemporaneamente, anche grazie all’intervento goffo e scomposto del carneade Giovannone, un personaggio pubblico, cosa che prima assolutamente non era. Per uno che c omanda un gruppo chiamato “Cairo Communication” direi che la “communication” sia stata eccellente.

"Per Rosina, invece, il discorso è molto differente.

"Arrivato quasi alla chetichella, in quei dieci giorni d’agosto in cui venne fatto il nuovo Toro, è cresciuto nei cuori Granata con costante tenacia, fino a diventare bandiera indiscussa dei tifosi. Prima di dargli in mano questo scettro -quello del Piccolo Principe-, scottati da tante fregature passate, lo abbiamo guardato ben bene negli occhi, io come tutti voi, per capire se davvero ci si potesse fidare di una investitura tanto importante.

"Quando l’ho visto camminare sotto lo spicchio di tifosi Granata nella triste domenica di Roma, piangendo come un bambino, senza nascondere a nessuno le mille lacrime che stavano gocciolando giù dai suoi occhi, con la bocca tutta storta in una smorfia di dolore, io ho visto ancora una volta quell’uomo a cui avevo dato quello scettro, qualche anno prima. Io ho visto un uomo -il Capitano- che cammina verso la curva dei “suoi” in un tentativo estremo di chiedere scusa per ciò che non aveva saputo fare, per la retrocessione che non aveva saputo evitare. Se io fossi stato lì, in quella curva fradicia di rabbia e delusione, non sarei riuscito a fare altro se non abbracciarlo, Rosina, come si abbraccia un amico che ti chiede scusa, come si abbraccia un figlio che ritorna a casa. Invece le sue lacrime sono rimaste sul prato dell’Olimpico di Roma, insieme ai brandelli della sua bandiera.

"In ogni caso, e comunque sia andata, un altro pezzo della nostra storia è stato scritto e dobbiamo ora ripartire da qui, dalla ricerca di un altro uomo che abbia negli occhi il sacro fuoco Granata e che possa tenere stretto quello scettro maledetto senza farselo cadere di nuovo dalle mani.

"Forse è meglio che David Di Michele lasci per ora la fascia di Capitano a qualcun altro, per riprendersela, magari, quando sarà credibile per farlo. Restare quest’anno in Granata e farci 20 goal sarebbe già un buon inizio.

"avv. Andrea Ferrua