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Gigi Bodi: “Quando Mazzola si alzava le maniche…”

Il ricordo del Grande Torino / Uno dei figli del Filadelfia di quegli anni: "Arrivai al Toro grazie a Grezar: quel gruppo era molto più che una squadra di calcio, erano una...

Stefano Rosso

""Come la radio diede la notizia, uscii di casa e partii a piedi da Borgo San Paolo per andare a Superga: non ti lasciavano salire, ma io volevo andare lassù, a vedere l'aereo". Comincia così il ricordo di quel 4 maggio 1949 di Gigi Bodi, uno dei tanti cuori granata di quegli anni. La sua storia è strettamente legata al Toro, dalla carriera da calciatore con più di 100 presenze in maglia granata fino a quella da osservatore - a cui si devono nomi come Quagliarella, Bresciano, Grella... - senza dimenticare la parentesi in cui suo figlio Renato, durante la gestione Vidulich, divenne anche dirigente del Torino.

"AL FILA CON GREZAR - Istriano di nascita, si traferì a Torino da bambino: "Fu Grezar a portarmi al Filadelfia" ricorda. Nelle casermette di Borgo San Paolo, dove nel secondo dopoguerra Torino aveva destinato i profughi italiani in fuga dall'estremo est, era il giorno del derby: Fiumana-Pola. Quella volta sulle tribune c'era anche Giuseppe Grezar: "Lui era di Trieste e venne a vedere la partita di cartello delle casermette - racconta Bodi con un accenno di sorriso - e a fine gara scese sul terreno di gioco per parlare con me". E' facile immaginarsi lo stupore dei presenti al vedere una persona tanto distinta, un atleta, un campione, entrare sul terreno di gioco di un campo profughi per parlare con un ragazzino: "Mi chiese dove abitassi e mi prese per mano: "fammi vedere" disse". All'arrivo a casa - "Casa? Uno stanzone condiviso separato da qualche coperta" ricorda - la madre iniziò a preccuparsi: "Ogni giorno ne combinavo una, per cui vedendo che qualcuno mi stava accompagnando temeva che fosse successo qualcosa". Però non successe nulla di tutto questo, anzi. Grezar diede un'occhiata in giro e poi gli disse: "Preparati perchè domani ti porto al Filadefia". E quello fu l'inizio di una nuova vita a tinte granata.

"DALLE TRIBUNE AL CAMPO - "Il Fila già lo conoscevo, in realtà - precisa Bodi - perchè la domenica andavo sempre a vedere le partite del Grande Torino". C'era l'entrata principale, su via Filadelfia, ma "noi ragazzini scavalcavamo da un buco della rete. Una volta un dirigente mi sorprese e mi portò fuori per l'orecchio: la cosa divertente è che lo incontrai di nuovo quando iniziai a giocare nel Toro, e quante volte gli ho ricordato di quei momenti". Ascoltando i suoi ricordi del Filadelfia sembra di rivedere le stesse immagini dell'epoca: "Mi viene da piangere ogni volta che penso a com'è ridotto ora: una volta lì si dormiva, c'era il ristorante per i giocatori che vivevano lì. Poi dalla parte opposta c'era il campo di allenamento e in fondo alla gradinata avevamo la palestra". Al Fila incontrò Oberdan Ussello, allenatore delle giovanili granata: "Mi fa impressione vedere oggi i giocatori che sbagliano uno stop: all'epoca se io avessi fermato un pallone a 3 metri o mancato un passaggio, Ussello mi avrebbe detto "fai 20 giri di campo". Ogni volta, a fine allenamento, avevo corso le maratone". Il ricordo più bello sul campo arrivò qualche anno dopo, un derby: "Fu la prima vera vittoria contro la Juve dalla tragedia di Superga in poi: era il 1957 e vincemmo 4-0 - la partita finì 4-1, ndr - e la mediana di quella squadra era composta da tutti ragazzi cresciuti con Ussello: Rimbaldo, io e Fogli". In realtà in quell'occasione Bodi non giocò proprio in mezzo al campo: "L'allenatore era Marjanovic - ricorda - e mi aveva visto giocare solo una volta nella Nazionale militare: mi schierò stopper, anche se non avevo mai giocato in quella posizione". Il Toro continua a battere nel cuore di Bodi e lo si vede dagli occhi lucidi e dalla voce rotta che giravolta tradiscono la commozione nel raccontare certi ricordi: "E' per questo che oggi quando vedo che perdiamo sempre i derby mi arrabbio - scherza - perchè non è possibile che l'ultimo l'abbia dovuto vincere io".

"IL SEGRETO? IL TROMBETTIERE - Alla vigilia del 4 maggio è impossibile non farsi trascinare in campo, al Filadelfia, da Gigi Bodi: "Il segreto di quel posto secondo me era il trombettiere: quando suonava ti faceva venire una pelle d'oca alta così". Ciò che arricchisce davvero i suoi ricordi sono i gesti: mentre racconta gli squilli della tromba del Fila, con pollice e indice traccia l'altezza dell'emozione che colpiva i presenti in quei momenti, ma è quello successivo a lasciare spazio ai sogni: "La squadra era come si svegliasse.In quel momento, poi, sul campo Valentino Mazzola faceva una cosa: si alzava le maniche, così" dice tirandosi la manica della giacca all'altezza del gomito. Quel Toro, il Grande Torino, non era una squadra come le altre: "Erano amici, prima che compagni. Una famiglia. Se in campo qualcuno toccava uno di loro, subito gli altri 10 gli correvano intorno per andare ad aiutarlo e difenderlo e fuori dal campo non ne parliamo: c'era Grezar a letto con l'influenza? Subito andavano da lui a vedere se aveva bisogno di qualcosa, di fare la spesa, di sbrigare delle commissioni". La differenza rispetto al calcio di oggi è abissale.