mondo granata

Il vero granata è un eroe, impavido e sincero

di Guido Regis

Nel 1966 ero uno dei tanti bambini che viveva con la famiglia a Lucento, nella periferia di Torino, in quelle palazzine costruite in mezzo ai campi dove ancora pascolavano le pecore e molti dipendenti della...

Redazione Toro News

di Guido Regis

Nel 1966 ero uno dei tanti bambini che viveva con la famiglia a Lucento, nella periferia di Torino, in quelle palazzine costruite in mezzo ai campi dove ancora pascolavano le pecore e molti dipendenti della FIAT pensavano di potersi distinguere un poco da chi “meno fortunato” aveva acquistato casa proprio di fronte a Mirafiori piuttosto che alle Vallette o in Via Artom. Da li a poco i campi sarebbero svaniti come nella più famosa Via Gluck. Mi accingevo a iniziare la scuola elementare sapendo già leggere e scrivere. Ero probabilmente un soggettino strano, figlio di un uomo strano, uno Juventino che non mi aveva fatto ancora ben capire di esserlo ( lo intesi solo qualche anno dopo), che mi aveva insegnato a leggere praticamente a quattro anni, mi dava i “compiti” al mattino prima di andare a lavorare e si arrabbiava se alla sera quando tornava dal lavoro non gli spiegavo il funzionamento del corpo umano, piuttosto che del riscaldamento o delle lampadine.

La folgorazione avvenne il giorno in cui sulla maglia del capitano della squadra degli angeli, in uno dei tanti filmati che mi tenevano incollati allo schermo di proiezione, lessi il nome Mazzola. Quando scoprii che era il padre del mio idolo calcistico, mi infuriai e dissi a me stesso “ ma come può un figlio di cotanto padre giocare in una squadra diversa dal Torino”. Ed allora per sopperire al grave affronto del figlio decisi di diventare granata; scelta consapevole in sostanza. Freud scriverebbe banali ovvietà, magari avendo ragione. Sta di fatto che non sono diventato juventino come mio padre, ne interista come il figlio del Capitano dei Capitani. Ed il Toro era tutto sommato una bella squadra, con giocatori che davano l’anima e con un talento niente male che in alcune cose ricordava Valentino Mazzola, un tal Gigi Meroni. L’allenatore era un duro, Nereo Rocco ed in squadra si contavano altri nomi di gente impavida come Giorgio Ferrini e Nestor Combin, Lido Vieri Fu un bell’anno, non ricordo come fini il nostro campionato ma so che mi sentii fiero di essere granata e che Meroni aveva preso il posto di Mazzola nel mio cuore.

(Fine prima parte)

Guido RegisPresidente del Toro Club C.T.O. Claudio Salawww.torinoclubcto.com