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Riccardo Bisti e il Toro di Amsterdam: “Mondonico, un personaggio unico”

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Riccardo Bisti ci parla del suo libro sul Toro della Coppa UEFA del 1992 in un'intervista esclusiva a Toro News

Redazione Toro News

Classe 1981, Riccardo Bisti fa il giornalista e lavora nel mondo del tennis (tra le altre cose, commenta i tornei del Grande Slam su Eurosport), ma soprattutto ha una grandissima passione per il Toro. L'amore per i colori granata è nato negli anni Novanta: era il Torino di Capitan Cravero, dei dribbling di Lentini, dei gol di Casagrande, delle parate di Marchegiani e di veri cuori granata come Policano, Annoni e Bruno. Per questo, al termine di un lavoro durato un paio d'anni, ha deciso di regalare a tutti gli appassionati un libro pieno di aneddoti, racconti e interviste inedite sulla squadra che lo aveva fatto innamorare da ragazzo: "Il Toro di Amsterdam", edizione Parterre/Milieu, in uscita il 28 aprile. Abbiamo intercettato Bisti per approfondire la storia dietro questo lavoro.

Buongiorno Riccardo, tu sei nato a La Spezia e sei tifoso granata. Sembra un accostamento un po’ strano: come nasce la tua passione per i colori granata?

"È la domanda che mi hanno fatto più volte! Io rispondo sempre in due modi. Il primo lo prendo in prestito da Gian Paolo Ormezzano: non vedo come non si possa tifare per il Toro. I colori granata sono unici. Mio papà tifa Inter e forse sarei diventato nerazzurro... non fosse che sono diventato granata dopo la retrocessione a Lecce dell’89. Mi colpirono molto le immagini di Novantesimo Minuto: la disperazione di Vatta e dei tifosi. Decisi che quella sarebbe diventata la mia squadra".

Come ti è venuta l’idea del libro?

"Nell’estate del 2015. Ero stato a Massa, alla presentazione di un altro libro sul Toro: “La Scelta granata” di Alessandro Tabarrani. Rimasi colpito perché non è così comune sentir parlare del Toro in modo così appassionato tanto lontano da Torino. C'era anche Roberto Mussi. Nel ritorno in macchina verso casa mi sono chiesto come poter coniugare la scrittura, che è la mia professione, e il Toro che è la mia più grande passione. Ho scelto, quindi, il periodo della mia pre-adolescenza che è combaciato con quello del miglior Toro dai tempi dello scudetto".

Quando l’hai scritto materialmente?

"Ho iniziato a scrivere nell’autunno-inverno del 2015, poi la stesura è durata qualche anno. In quel periodo ho realizzato le prime interviste agli ex calciatori. L'idea era fare un’opera organica con una ricerca di archivio abbastanza lunga, dunque i tempi si sono dilungati fino al periodo della pandemia. Poi ho avuto la fortuna di incrociare la mia strada con Milieu Edizioni. Hanno apprezzato davvero tanto il mio lavoro. Mi ha fatto particolarmente piacere perché loro normalmente non si occupano di sport, quindi essere accolto con un libro sul Toro è un doppio motivo di orgoglio".

Cosa racconta il libro?

"Si parla dell’ultimo periodo in cui il Toro ha guardato negli occhi le grandi d’Europa. Si racconta la cavalcata in Coppa UEFA a partire dal sorgere della presidenza Borsano e del decisivo ruolo di Pianelli nel farlo arrivare all’acquisto del Toro. Borsano aiutò Pianelli economicamente poche settimane prima della fumata bianca e questo è un dettaglio poco conosciuto. Pianelli era sinceramente legato a Borsano, ma il suo rapporto con lui non era totalmente disinteressato. Si arriva poi al racconto delle partite di Coppa UEFA, con aneddoti e interviste. Nei racconti non c'è solo cronaca: si trovano curiosità sui voli, sulle trasferte dei tifosi, le sistemazioni alberghiere e aneddotica varia. Ho voluto raccontare tutto ciò che ci circondava quel Toro. Ho, poi, intervistato i componenti di quella squadra e il mister Emiliano Mondonico. Iniziare il lavoro così tanto tempo fa mi ha permesso di intervistarlo prima che cessasse la sua esistenza terrena. L’intervista è stata una sorpresa inattesa per la figlia Clara, che peraltro ha realizzato una bella prefazione. Ho poi trattato del passaggio a Goveani e i sexy scandali, provando a capire se davvero la presenza delle prostitute avesse influito sui risultati, a prescindere dalla questione morale. Ripercorrendo le partite e ascoltando i giocatori, sono convinto che il Toro sarebbe arrivato ugualmente in finale. Ovviamente si parla della cessione di Lentini, in verità già avvenuta a marzo del ‘92 e non in giugno, momento della grande protesta e dell’assalto alla sede di Corso Vittorio. Dopo aver incassato un sostanzioso anticipo, Borsano diede in garanzia al Milan le azioni del Torino Calcio, dopo aver provato con quelle della sua holding. Se Lentini non fosse stato venduto, il Milan avrebbe potuto attingere dalle azioni del Toro per recuperare il denaro. Questo è incredibile se pensiamo che il Toro e il Milan sul campo si affrontavano (quasi) alla pari. Tutto questo emerse, poi, solo nella famosa sentenza del 4 maggio 1996".

Il libro si ricongiunge anche con il presente?

"Ho voluto abbracciare virtualmente i tifosi granata che non avevano vissuto quei magici anni. Perciò ho raccontato l’Europa League del 2015 sulla falsariga di quanto fatto per la Coppa UEFA del 1992. In particolare, ho ritenuto di dare la giusta risonanza all’impresa di Bilbao, forse il momento di gloria maggiore dopo il ‘93. Credo che quell’avventura debba essere valorizzata perché, nonostante i valori tecnici non fossero eccelsi, quella squadra diede davvero tutto. Abbiamo rivisto lo spirito Toro".

Si può dire la migliore trasferta nella storia del Toro dopo il Bernabeu sia stata il San Mames?

"Tra quelle che ho vissuto, sicuramente il San Mames ha una simbologia particolare. In quell’anno anche Bruges e Copenaghen regalarono emozioni. Andando indietro nella storia si racconta di un 4-0 a Nantes nel 1986. Cravero ricorda spesso del match ad Atene dell’85 con il Panathinaikos, che finì quasi a pistolettate. In passato c’è stata anche la semifinale di Coppa delle Coppe nel 1965, persa allo spareggio con il Monaco 1860. Poi c’è la mitica trasferta a Düsseldorf contro il Borussia Monchengladbach nel ’76 da campioni d’Italia, in Coppa dei Campioni, con Graziani che terminò la partita in porta. Dovessi fare un podio il San Mamès troverebbe sicuramente spazio, così come il Bernabeu. Amsterdam è un capitolo a parte".

Juric è simile a Mondonico o sono due allenatori completamente diversi?

"Mondonico era molto bravo a gestire il rapporto coi giornalisti. Lui su questo ha anticipato di molto i tempi: oggi i tecnici devono sapersi interfacciare con la stampa molto più di allora. Juric in questo deve migliorare per la sua eccessiva franchezza. Mihajilovic è forse una via di mezzo fra Mondonico e Juric. Faccio fatica a trovare allenatori confrontabili a Mondonico, fu davvero un personaggio unico. Il paragone lo trovo un po’ forzato. Lo stile di Ventura invece era completamente diverso".

Due ali di corsa e fantasia come Cerci e Lentini possono essere paragonate?

"Lentini disse due volte no a Berlusconi, anche quando andò a prenderlo in elicottero. Accettò solo quando il Milan propose il triplo dell’ingaggio da lui percepito in granata e il Toro continuava a tergiversare. Era un calciatore fantastico, tra i migliori al mondo. Alcuni parlavano addirittura di un possibile Pallone d’Oro. Nel libro, lo stesso Gigi dice di essersi vergognato per aver tradito la fiducia di migliaia di persone. Cerci, invece, appena ha sentito le sirene di un top club se n’è andato all’Atletico Madrid, dando inizio ad un continuo declino. In verità, l’ala di Valmontone ha fatto solo una stagione e mezzo davvero di qualità".

Come giudichi la stagione che volge al termine, e cosa ti aspetti per quella dell’anno prossimo?

"Stagione da sufficienza piena, ma non esaltante. Francamente, comunque, restare senza obiettivi già a febbraio è stato un po’ frustrante. Credo che Juric abbia lavorato bene: si è vista un’idea di gioco e qualcosa di interessante, in particolare contro le big. Però io vorrei vedere una società più realizzata e organizzata. Faccio riferimento al non completamento del Filadelfia e al continuo tergiversare sul Robaldo. Vedendo altre società, come la Fiorentina che ha appena progettato un centro sportivo all’avanguardia, ho un po’ di invidia. Credo che Cairo abbia speso anche tanto, ma in modo non sempre corretto: Verdi è un esempio lampante. Il modello da seguire dovrebbe essere l'Atalanta. Mi piace molto Praet, lo terrei volentieri anche se andrebbe valutata la formula. Credo che Pobega tornerà alla base, nostro malgrado. Seguirei le indicazioni di Juric in fase di mercato, cosa che la scorsa estate non è accaduta. Infine bisognerebbe puntare su un portiere importante e affidabile".

Quando uscirà il libro e dove verrà presentato?

"Il libro uscirà il 28 aprile: oltre a essere disponibile in libreria è ordinabile su tutti gli store online, da Amazon a tutti gli altri. Ci sarà un buon numero di presentazioni, su tutte una in occasione del Salone del Libro di Torino".

 

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