toro

26 Gennaio 1919: nasceva un mito

Il 26 gennaio del 1919 nasceva un mito inarrivabile: Valentino Mazzola. Capitano e simbolo del Grande Torino, faro della nazionale di Vittorio Pozzo che arrivò a schierare 10 giocatori granata su 11 (al Comunale...

Redazione Toro News

"Il 26 gennaio del 1919 nasceva un mito inarrivabile: Valentino Mazzola. Capitano e simbolo del Grande Torino, faro della nazionale di Vittorio Pozzo che arrivò a schierare 10 giocatori granata su 11 (al Comunale l’11 maggio 1947 contro l’Ungheria) unico centrocampista ad aver segnato 29 reti in 38 partite nel 1947 (in nazionale ne segnò 4 in 12 incontri, 9 dei quali vinti 2 persi, 1 pareggiato), Mazzola è ancora oggi una leggenda.

"Padre di altri due calciatori, Sandro e Ferruccio, è stato il simbolo del Toro e l’immagine di un’epoca in cui l’Italia usciva, a fatica, dagli orrori della seconda guerra mondiale. Campione in campo e personaggio discusso fuori (fece chiacchierare a lungo la sua separazione dalla moglie Emilia, e il suo matrimonio successivo a Vienna con Giuseppina Cutrone, una cosa normale oggi, per l’Italia benpensante dell’epoca no), si fece conoscere dalla platea granata da avversario, facendo perdere al Toro lo scudetto del 1942, sconfiggendolo con il Venezia dove giocava con Loik. Al Comunale di Torino rispose agli insulti di chi diceva che si era già venduto ai granata guidando i lagunari a una rimonta terminata poi 3-1, un risultato che permise alla Roma di conquistare il suo primo, storico, scudetto.

"Acquistato poi da Pozzo insieme a Loik per la cifra record (per l’epoca) di un milione e mezzo più la cessione ai veneti di Mezzadri e Pedron, divenne capitano e anima della formazione granata più forte di tutti i tempi. In molti ricordano che quando le cose non andavano bene in campo, era solito tirarsi su le maniche fin quasi sotto le ascelle: era il segnale per i compagni che bisogna cominciare a fare sul serio. Il giornalista Antonio Ghirelli lo ricorda così, nel libro di Franco Ossola e Gian Paolo Muliari “Un secolo di Toro”: “Si andava collocando fra i più grandi giocatori di tutto il mondo, nel ruolo che aveva reso celebri Baloncieri, Meazza, Ferrari. Mazzola riuniva in sé le caratteristiche di potenza e di arte che abbiamo viste diffuse nei reparti della sua squadra; era onnipresente e massiccio come Loik; deciso come Ballarin e Rigamonti, furbo come Gabetto, bersagliere preciso come Castigliano e Menti, elegante come Maroso e Ossola. Era, il capitano, un ragazzo biondo e poderoso, disposto a ripiegare fin sulla bianca linea della porta di Bagicalupo, pronto a scattare fin dentro l’area dell’altro guardiano, specialista nei tiri piazzati; allegro, malinconico, furente in campo, fuori idolo e divo, viziato e incorruttibile”.

"Nonostante fosse un campione che al calcio doveva tutto o quasi non smise mai di considerarlo, sono parole sue: “Uno sport per undici persone”.