Domenica a Bilbao si disputava la trentasettesima giornata di ritorno della Liga spagnola, la penultima della stagione, e allo stadio San Mamés c’era il Levante a far visita all’Athletic. Nonostante si trattasse di un’incontro ininfluente ai fini del campionato – con entrambe le squadre già salve – la partita aveva un sapore particolare: dopo 100 anni di storia, infatti, La Catedraldel calcio spagnolo verrà abbattuta per far posto al nuovo moderno impianto che la società basca sta costruendo giusto a lato.
toro
Acquafresca: ‘Bianchi? Ho fatto 11 anni di Toro, posso capire’
Domenica a Bilbao si disputava la trentasettesima giornata di ritorno della Liga spagnola, la penultima della stagione, e..."In questo contesto, al termine dell’ultima partita dell’antico San Manés – a cui sono stati tributati 100 secondi di applausi, uno per ogni anno compiuto - abbiamo incontrato Robert Acquafresca, uno degli elementi più interessanti prodotti dal vivaio del Torino Calcio dispersosi a causa del fallimento occorso nel 2005 ed attuale centravanti della formazione granota.
“E’ stato un fulmine a ciel sereno – ha subito commentato Robert ricordando quei giorni - nessuno se lo aspettava. Eravamo partiti in ritiro senza sapere cosa sarebbe successo e poi purtroppo arrivò la notizia”.
Superato l’imbarazzo iniziare l’attaccante si è poi sciolto nei ricordi: “E’ un momento che porto dentro e che ricordo sempre con dispiacere. Dopo 11 anni di Toro mi stavo affacciando alla prima squadra, ero partito per il ritiro e avevo fatto molto bene Arrigoni diceva di credere in me”.
Da quel fatidico giorno sei mai stato vicino al ritorno in granata? “Da allora non più. Ci fu un riavvicinamento quell’estate: stavo andando a Milano per firmare con l’Inter e mi chiamò Urbano Cairo in persona. Cercai di prendere tempo e aspettai un paio di giorni, Branca e Ausilio ci rimasero anche male perché credevano che fosse fatta, però poi Cairo mi richiamò dicendomi che sarebbe stato necessario molto più tempo e mi lasciò libero di andare all’Inter”.
“Fu un vero peccato – prosegue Robert nei ricordi – perché c’erano tanti giocatori che dopo hanno fatto molta strada (Marchetti, Balzaretti, Mantovani, Marchese, Mudingay, Quagliarella… ndr) eravamo un gruppo di giocatori giovani e forti al tempo stesso. Adesso però guardiamo avanti”.
Guardare avanti significa il futuro: dopo una buona stagione in cui il Toro si è salvato senza correre rischi è arrivata anche la convocazione in nazionale in pianta stabile di Angelo Ogbonna e Alessio Cerci: “Conosco bene sia Angelo sia Alessio, col quale ho giocato spesso nelle nazionali giovanili, e sono molto contento per la loro convocazione. Il Torino ha fatto una buona stagione e nonostante il calendario fosse un po’ complicato nel finale, ce l’ha fatta a salvarsi senza troppi problemi”.
In questi giorni a Torino non si parla d’altro che del caso-Bianchi. Per tutta la stagione il rinnovo sembrava una formalità, ma alla fine non è arrivato. “Lui ha dato molto al Toro ed il Toro anche ha dato tanto a lui; la verità la conoscono solo i protagonisti. Certo se fosse capitato a me… Io sono di Torino, ho passato 11 anni nel Toro e ho vissuto tanto il granata. Nel settore giovanile facevo il raccattapalle e andavo a vedere tutte le partite allo stadio: so cosa vuol dire essere tifosi del Toro e come la vivino. Quando uno si lega, poi, è normale rimanerci male”.
A Levante hai ritrovato fiducia e minutaggio, hai esordito in Europa - il 14 febbraio scorso in Europa League contro l’Olympiacos, ndr – e ritrovato il feeling col gol. Considerando che Prandelli ha aperto le porte della Nazionale a molti giocatori, un pensiero alla maglia azzurra lo stai facendo? “La maglia azzurra non si dimentica, però per adesso mi concentro sull’esperienza qui a Levante: era vitale per me ritrovare la continuità, cosa che a Bologna in un anno e mezzo non mi era riuscita, ed ho anche recuperato il gol. Per il momento va bene così”.
Futuro? Considerando che l’addio di Bianchi potrebbe essere l’occasione giusta per rivederti in granata? “Vedremo (sorride, ndr) è ancora presto per parlarne. Qui in Spagna comunque mi sto trovando molto bene, ma il campionato deve ancora fine”.
"
"
"
"dal nostro inviato a Bilbao, Stefano Rosso
© RIPRODUZIONE RISERVATA
"In questo contesto, al termine dell’ultima partita dell’antico San Manés – a cui sono stati tributati 100 secondi di applausi, uno per ogni anno compiuto - abbiamo incontrato Robert Acquafresca, uno degli elementi più interessanti prodotti dal vivaio del Torino Calcio dispersosi a causa del fallimento occorso nel 2005 ed attuale centravanti della formazione granota.
“E’ stato un fulmine a ciel sereno – ha subito commentato Robert ricordando quei giorni - nessuno se lo aspettava. Eravamo partiti in ritiro senza sapere cosa sarebbe successo e poi purtroppo arrivò la notizia”.
Superato l’imbarazzo iniziare l’attaccante si è poi sciolto nei ricordi: “E’ un momento che porto dentro e che ricordo sempre con dispiacere. Dopo 11 anni di Toro mi stavo affacciando alla prima squadra, ero partito per il ritiro e avevo fatto molto bene Arrigoni diceva di credere in me”.
Da quel fatidico giorno sei mai stato vicino al ritorno in granata? “Da allora non più. Ci fu un riavvicinamento quell’estate: stavo andando a Milano per firmare con l’Inter e mi chiamò Urbano Cairo in persona. Cercai di prendere tempo e aspettai un paio di giorni, Branca e Ausilio ci rimasero anche male perché credevano che fosse fatta, però poi Cairo mi richiamò dicendomi che sarebbe stato necessario molto più tempo e mi lasciò libero di andare all’Inter”.
“Fu un vero peccato – prosegue Robert nei ricordi – perché c’erano tanti giocatori che dopo hanno fatto molta strada (Marchetti, Balzaretti, Mantovani, Marchese, Mudingay, Quagliarella… ndr) eravamo un gruppo di giocatori giovani e forti al tempo stesso. Adesso però guardiamo avanti”.
Guardare avanti significa il futuro: dopo una buona stagione in cui il Toro si è salvato senza correre rischi è arrivata anche la convocazione in nazionale in pianta stabile di Angelo Ogbonna e Alessio Cerci: “Conosco bene sia Angelo sia Alessio, col quale ho giocato spesso nelle nazionali giovanili, e sono molto contento per la loro convocazione. Il Torino ha fatto una buona stagione e nonostante il calendario fosse un po’ complicato nel finale, ce l’ha fatta a salvarsi senza troppi problemi”.
In questi giorni a Torino non si parla d’altro che del caso-Bianchi. Per tutta la stagione il rinnovo sembrava una formalità, ma alla fine non è arrivato. “Lui ha dato molto al Toro ed il Toro anche ha dato tanto a lui; la verità la conoscono solo i protagonisti. Certo se fosse capitato a me… Io sono di Torino, ho passato 11 anni nel Toro e ho vissuto tanto il granata. Nel settore giovanile facevo il raccattapalle e andavo a vedere tutte le partite allo stadio: so cosa vuol dire essere tifosi del Toro e come la vivino. Quando uno si lega, poi, è normale rimanerci male”.
A Levante hai ritrovato fiducia e minutaggio, hai esordito in Europa - il 14 febbraio scorso in Europa League contro l’Olympiacos, ndr – e ritrovato il feeling col gol. Considerando che Prandelli ha aperto le porte della Nazionale a molti giocatori, un pensiero alla maglia azzurra lo stai facendo? “La maglia azzurra non si dimentica, però per adesso mi concentro sull’esperienza qui a Levante: era vitale per me ritrovare la continuità, cosa che a Bologna in un anno e mezzo non mi era riuscita, ed ho anche recuperato il gol. Per il momento va bene così”.
Futuro? Considerando che l’addio di Bianchi potrebbe essere l’occasione giusta per rivederti in granata? “Vedremo (sorride, ndr) è ancora presto per parlarne. Qui in Spagna comunque mi sto trovando molto bene, ma il campionato deve ancora fine”.
"
"
"
"dal nostro inviato a Bilbao, Stefano Rosso
© RIPRODUZIONE RISERVATA