di Fabiola Luciani
toro
Anno nuovo, Toro vecchio
di Fabiola Luciani
La collocazione naturale per le mie riflessioni di stamattina, sarebbe la pagina dedicata ai commenti dei nostri lettori di TN, per il semplice motivo che scrivendo da tifosa...
La collocazione naturale per le mie riflessioni di stamattina, sarebbe la pagina dedicata ai commenti dei nostri lettori di TN, per il semplice motivo che scrivendo da tifosa potrei inveire tranquillamente contro tutto e tutti. Altro vantaggio di apparire sugli spazi riservati ai commenti, sarebbe quello di potersi esprimere nell’anonimato di uno pseudonimo che consentirebbe, da semplice tifosa, di esternare il proprio disagio senza perdere tempo a cercare aggettivi e verbi sicuramente più consoni ad un commento formulato da un addetta ai lavori. Detto ciò non voglio tuttavia sottrarmi alle responsabilità di dire la mia nella veste di opinionista provetta, quindi ci riprovo per l’ennesima volta, raccontandovi una storiella. Ebbene, va fatto, anche se alla settima sconfitta esterna consecutiva l’ostinazione di girare la chiavetta sconfina nella rassegnazione cocciuta e nella disperazione ostinata.“ L’incredulo, il crocerossino e gli undici nani… “Questa è la storia del perché perdiamo sempre. A Genova un po’, solo un po’, perché ci dice un po’ male. Un po’, un po’ di più, perché gli altri sono bravi. Un altro po’, molto più di un po’, perché ci si ostina a non tentare nulla per non perdere più. La mattina dopo Genoa - Torino non è bella: fa freddo, c’è un clima invernale e Torino è avvolta dal gelo. Sarà mica stato il cambio di stagione a tirare un brutto scherzo ai granata? Perché è fin troppo banale dire che la testa non c'era. Ma come? Per tutta la settimana si sente dire che si è a posto, che si è concentrati, e poi si entra in campo così? Possibile che non ci sia stato nessun preavviso?Non mi servono i miei primi esami in scienze motorie per dire che il Toro ha qualcosa che non va nelle gambe. Si mulina calcio per qualche partita, poi si smarrisce in tutte le altre, si ferma, si perde e non si rialza più. Non mi serve il mio trenta in psicologia per dire che il Toro ha qualcosa che non va nella testa. Fa il suo, ci prova, poi resta imbambolato di fronte alle scariche di adrenalina altrui, come se la cosa non riguardasse i granata che stanno giocando contro il Genoa di turno. Un piccolo inciso; la crisi dura dalla seconda di campionato e GDB è apparso fin dai primi tentennamenti come un capitano che non molla il comando della sua nave, la quale sta andando a infrangersi contro un grosso iceberg. I giocatori mi sono sembrati un branco di scapestrati marinai che, visto l’iceberg, si sono avviati verso le scialuppe di salvataggio per scappare da soli invece che andare dal capitano a digli “Ehi, McFly, gira ‘sta cacchio di nave”. Ora è arrivato il nuovo capitano timoniere a traghettare questi marinai che ormai battono i denti davanti a chiunque e con chiunque e soffrono di tremolio alle gambe. Il ritiro, a mio modesto avviso, non serve un piffero, ma urge invece aprire le porte dello spogliatoio e far uscire definitivamente tutti gli spifferi. Già, perché là dentro non si passano la palla. Cose da Toro degli ultimi vent’anni!!Osservare oggi la classifica della serie A fa tremare le gambe a ogni cuore granata, ma non è questo il momento di paralizzarsi dinanzi a una realtà che appare irreversibile ma che proprio per questo non la si può osservare con un sentimento di ineluttabilità.Sette sconfitte consecutive in trasferta, peggior difesa, peggior attacco, tanti punti in meno rispetto alla stagione precedente, quart’ultimo posto per adesso in una graduatoria che prevede la retrocessione nella serie cadetta per le ultime tre. Queste le nude cifre di oggi, stasera la classifica potrebbe anche essere più desolante. Cercare attenuanti fra gli arbitraggi sfavorevoli, nel destino cinico e baro o nella dea bendata che non vuol saperne di concedersi neppure una volta non serve e soprattutto non porta punti. Ci si deve svegliare subito, prima che sia troppo tardi, da questo sortilegio malefico che ha trasformato undici baldi e atletici giovanotti ( !?! ) in undici nani piccoli e timorosi anche della loro piccola ombra. Ma c’è un qualcuno che può spezzare con un bacio al beneamato Toro questa malefica fattura?
Il crocerossino potrebbe chiamarsi Cairo, se solo volesse. Compunto, soccorrevole, efficiente in corsia, ma crocerossino appunto, mentre qui e ora è tempo di diagnostici e chirurghi. Gestire una squadra di calcio non è affatto un pranzo di gala, così come gestire una grande azienda non è amministrarla. Assistere il malato, prendersi cura di lui, vegliare il suo sonno non basta più e non è il mestiere di un presidente. Il crocerossino deve togliersi la cuffietta e i guanti, riporre bende e unguenti. Deve prendere atto che la squadra ha troppa gente che non ha la minima idea di come è fatto un pallone. Deve prepararsi a vendere e comprare, in questa tornata di mercato; entrambe le cose contro vento e non in favore di brezza. Decidere come vendere e comprare. Deve finalmente prendere atto che la squadra va rifatta laddove le lacune sono evidenti ( peccato che sono ovunque ). Se l’incredulo WAN deve provare a modificare le gerarchie relativamente a quel che oggi c’è, il presidente deve provare a modificare quel che ci sarà domani. Tutti uniti sì, ma non a guardia e conservazione di quel che non c’è più.Gli undici nani non sono tutti nani, anzi. Ma adesso devono tutti lavorare in miniera e qualcuno non ce la fa, qualche altro non è adatto. Contestarli? Contestare: parola che contiene insieme protestare, far casino, cercare un protagonismo, aiutare, minacciare. Troppe cose contraddittorie. Comunque, chi vuole faccia pure, purché non si illuda troppo che più si urla meno si perde. Sono comunque convinta che resteremo in serie A, il resto l’anno prossimo cambierà: i giocatori, forse l’allenatore, forse la proprietà. Il come e il quando non è scritto, la passione e l’intelligenza tifose possono contribuire a scriverlo con la calligrafia dell’affetto e la grammatica della razionalità. Talvolta anche una punta di acida autoironia e di innamorato distacco ci può, come si dice, “stare”. Chi, quest’estate, ha messo in piedi questa squadra, ha fatto come quell’automobilista che si ostina a girare la chiavetta di accensione di un motore che non parte. Capita un po’ anche a tutti noi, insistiamo per quattro o cinque volte, increduli e speranzosi. Poi alziamo il cofano e guardiamo dentro il motore, irrazionalmente confidando che il nostro sguardo di per sé guarisca gli ingranaggi.Chi vuol intendere, intenda.Forza Toro al di là del tempo e dello spazio.
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di Fabiola Luciani
La collocazione naturale per le mie riflessioni di stamattina, sarebbe la pagina dedicata ai commenti dei nostri lettori di TN, per il semplice motivo che scrivendo da tifosa...
La collocazione naturale per le mie riflessioni di stamattina, sarebbe la pagina dedicata ai commenti dei nostri lettori di TN, per il semplice motivo che scrivendo da tifosa potrei inveire tranquillamente contro tutto e tutti. Altro vantaggio di apparire sugli spazi riservati ai commenti, sarebbe quello di potersi esprimere nell’anonimato di uno pseudonimo che consentirebbe, da semplice tifosa, di esternare il proprio disagio senza perdere tempo a cercare aggettivi e verbi sicuramente più consoni ad un commento formulato da un addetta ai lavori. Detto ciò non voglio tuttavia sottrarmi alle responsabilità di dire la mia nella veste di opinionista provetta, quindi ci riprovo per l’ennesima volta, raccontandovi una storiella. Ebbene, va fatto, anche se alla settima sconfitta esterna consecutiva l’ostinazione di girare la chiavetta sconfina nella rassegnazione cocciuta e nella disperazione ostinata.“ L’incredulo, il crocerossino e gli undici nani… “Questa è la storia del perché perdiamo sempre. A Genova un po’, solo un po’, perché ci dice un po’ male. Un po’, un po’ di più, perché gli altri sono bravi. Un altro po’, molto più di un po’, perché ci si ostina a non tentare nulla per non perdere più. La mattina dopo Genoa - Torino non è bella: fa freddo, c’è un clima invernale e Torino è avvolta dal gelo. Sarà mica stato il cambio di stagione a tirare un brutto scherzo ai granata? Perché è fin troppo banale dire che la testa non c'era. Ma come? Per tutta la settimana si sente dire che si è a posto, che si è concentrati, e poi si entra in campo così? Possibile che non ci sia stato nessun preavviso?Non mi servono i miei primi esami in scienze motorie per dire che il Toro ha qualcosa che non va nelle gambe. Si mulina calcio per qualche partita, poi si smarrisce in tutte le altre, si ferma, si perde e non si rialza più. Non mi serve il mio trenta in psicologia per dire che il Toro ha qualcosa che non va nella testa. Fa il suo, ci prova, poi resta imbambolato di fronte alle scariche di adrenalina altrui, come se la cosa non riguardasse i granata che stanno giocando contro il Genoa di turno. Un piccolo inciso; la crisi dura dalla seconda di campionato e GDB è apparso fin dai primi tentennamenti come un capitano che non molla il comando della sua nave, la quale sta andando a infrangersi contro un grosso iceberg. I giocatori mi sono sembrati un branco di scapestrati marinai che, visto l’iceberg, si sono avviati verso le scialuppe di salvataggio per scappare da soli invece che andare dal capitano a digli “Ehi, McFly, gira ‘sta cacchio di nave”. Ora è arrivato il nuovo capitano timoniere a traghettare questi marinai che ormai battono i denti davanti a chiunque e con chiunque e soffrono di tremolio alle gambe. Il ritiro, a mio modesto avviso, non serve un piffero, ma urge invece aprire le porte dello spogliatoio e far uscire definitivamente tutti gli spifferi. Già, perché là dentro non si passano la palla. Cose da Toro degli ultimi vent’anni!!Osservare oggi la classifica della serie A fa tremare le gambe a ogni cuore granata, ma non è questo il momento di paralizzarsi dinanzi a una realtà che appare irreversibile ma che proprio per questo non la si può osservare con un sentimento di ineluttabilità.Sette sconfitte consecutive in trasferta, peggior difesa, peggior attacco, tanti punti in meno rispetto alla stagione precedente, quart’ultimo posto per adesso in una graduatoria che prevede la retrocessione nella serie cadetta per le ultime tre. Queste le nude cifre di oggi, stasera la classifica potrebbe anche essere più desolante. Cercare attenuanti fra gli arbitraggi sfavorevoli, nel destino cinico e baro o nella dea bendata che non vuol saperne di concedersi neppure una volta non serve e soprattutto non porta punti. Ci si deve svegliare subito, prima che sia troppo tardi, da questo sortilegio malefico che ha trasformato undici baldi e atletici giovanotti ( !?! ) in undici nani piccoli e timorosi anche della loro piccola ombra. Ma c’è un qualcuno che può spezzare con un bacio al beneamato Toro questa malefica fattura?
Il crocerossino potrebbe chiamarsi Cairo, se solo volesse. Compunto, soccorrevole, efficiente in corsia, ma crocerossino appunto, mentre qui e ora è tempo di diagnostici e chirurghi. Gestire una squadra di calcio non è affatto un pranzo di gala, così come gestire una grande azienda non è amministrarla. Assistere il malato, prendersi cura di lui, vegliare il suo sonno non basta più e non è il mestiere di un presidente. Il crocerossino deve togliersi la cuffietta e i guanti, riporre bende e unguenti. Deve prendere atto che la squadra ha troppa gente che non ha la minima idea di come è fatto un pallone. Deve prepararsi a vendere e comprare, in questa tornata di mercato; entrambe le cose contro vento e non in favore di brezza. Decidere come vendere e comprare. Deve finalmente prendere atto che la squadra va rifatta laddove le lacune sono evidenti ( peccato che sono ovunque ). Se l’incredulo WAN deve provare a modificare le gerarchie relativamente a quel che oggi c’è, il presidente deve provare a modificare quel che ci sarà domani. Tutti uniti sì, ma non a guardia e conservazione di quel che non c’è più.Gli undici nani non sono tutti nani, anzi. Ma adesso devono tutti lavorare in miniera e qualcuno non ce la fa, qualche altro non è adatto. Contestarli? Contestare: parola che contiene insieme protestare, far casino, cercare un protagonismo, aiutare, minacciare. Troppe cose contraddittorie. Comunque, chi vuole faccia pure, purché non si illuda troppo che più si urla meno si perde. Sono comunque convinta che resteremo in serie A, il resto l’anno prossimo cambierà: i giocatori, forse l’allenatore, forse la proprietà. Il come e il quando non è scritto, la passione e l’intelligenza tifose possono contribuire a scriverlo con la calligrafia dell’affetto e la grammatica della razionalità. Talvolta anche una punta di acida autoironia e di innamorato distacco ci può, come si dice, “stare”. Chi, quest’estate, ha messo in piedi questa squadra, ha fatto come quell’automobilista che si ostina a girare la chiavetta di accensione di un motore che non parte. Capita un po’ anche a tutti noi, insistiamo per quattro o cinque volte, increduli e speranzosi. Poi alziamo il cofano e guardiamo dentro il motore, irrazionalmente confidando che il nostro sguardo di per sé guarisca gli ingranaggi.Chi vuol intendere, intenda.Forza Toro al di là del tempo e dello spazio.
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