I giudizi di fine anno su quei pochi che hanno vissuto in granata tutto il 2010 non potevano che chiudersi con il Capitano.Era la sera del 28 Agosto quando Rolando Bianchi rientrava, in automobile, da Cittadella a Torino. Nel piccolissimo stadio “Tombolato” aveva visto di nuovo cadere la propria squadra che aveva già perso sette giorni prima in casa contro una neopromossa dalla Lega Pro, ed arrivava sul telefono cellulare del suo procuratore (nonché fratello, Riccardo) una telefonata dalla Germania, precisamente da Gelsenkirchen: “Vogliamo che il suo assistito venga a giocare nello Schalke 04, siamo pronti ad offrire al Torino quel che chiede”.Una riflessione, doverosa in un momento tanto grigio, ma poi rapida la risposta sale dal cuore alla gola: “Io resto al Toro”.Come già a giugno, come un anno prima; come sarà a gennaio.Bianchi si è legato al granata, diventando “il capitano della sua anima”. E' il giocatore di cui a Torino c'era bisogno, quello di cui i bambini comprano le magliette, che in pochi hanno difeso quando nei primi mesi veniva da più parti definito "bidone" ma che oggi tutti giustamente amano, sperando di poterlo fare per sempre. Sarà possibile? Forse no; se anche stavolta la squadra non tornasse in Serie A, allora probabilmente ci sarà la separazione. Ma sono discorsi prematuri; ora ci si può limitare ad apprezzare il fatto che il centravanti sia ancora qua. Passato indenne dal drammatico inverno 2009-2010, ha continuato a prendersi sulle spalle il peso del reparto offensivo in un undici, quello allenato da Colantuono, dove il gioco offensivo non era certo spumeggiante; ha vissuto in prima linea lo spareggio contro il Brescia, entrando nel cuore dei tifosi con il suo “zio cane” quasi come con un gol. Ha finito stravolto, la foto qui sopra restituisce un Rolly più svuotato, che affranto.E' rimasto, ha proseguito facendo quel che sa fare, che è segnare: una rete ogni 138 minuti in questa prima fase di campionato costellata da infortuni e caratterizzata dalle difficoltà del collettivo, che ha preso a giocare bene solo in tempi recenti. E a tale proposito, qui è cascato...qualche asino; anzi, qualcuno che si è lasciato andare a considerazioni rapide e forse un po' superficiali. C'é chi é arrivato infatti ad auspicare una partenza di Bianchi a gennaio sulla base della crescita del gioco, arrivata proprio in corrispondenza della sua assenza. Ma se é vero che “Rolandinho” non é il prototipo d'attaccante ideale per lo schema di Franco Lerda, é innegabile che una punta del suo valore può giocare e rendere in qualsiasi schieramento, e che i cross che hanno preso -ironia della sorte- a piovere più copiosi nelle aree avversarie proprio in queste ultime partite hanno quasi sempre cercato il suo fantasma, non essendoci nel Toro un altro come lui, in grado di lottare anche da solo contro i difensori, saltando più alto di tutti e schiacciandola in rete. Per poi vivere quel che lui definisce “black-out”, qualche secondo di quasi incoscienza in cui esultare, con la gioia di un bambino, sotto la “sua” curva.
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Capitano dell’anima
I giudizi di fine anno su quei pochi che hanno vissuto in granata tutto il 2010 non potevano che chiudersi con il Capitano.
Era la sera del 28 Agosto quando Rolando Bianchi rientrava, in automobile, da Cittadella a Torino. Nel piccolissimo...
(foto: M. Dreosti)
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