"In fondo, non ci hanno detto nulla di nuovo. Che Dzemaili sia destinato al Palermo non abbiamo mai cessato di dirlo ai nostri lettori, anche quando soggetti vari tentano di illudere la tifoseria; come scritto la scorsa settimana, l’accordo è bell’e fatto, e da tempo. Non hanno detto niente di nuovo, Francesco Pratali e Matteo Rubin ai microfoni di mediterraneoonline.it, testata che segue appunto le mosse rosanero, niente di nuovo riguardo allo svizzero.Quel che ci hanno detto e che non sapevamo riguarda loro stessi, gli autori di quelle dichiarazioni (non autorizzate) e i loro intenti sul proprio futuro.
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Che fare con Rubin?
In fondo, non ci hanno detto nulla di nuovo. Che Dzemaili sia destinato al Palermo non abbiamo mai cessato di dirlo ai nostri lettori, anche quando soggetti vari tentano di illudere la tifoseria; come scritto la scorsa...
"Non tanto per quanto riguarda Pratali, che in fondo si limita a dichiarare a MOL che gli “piacerebbe andare a Palermo perché è una della prime squadre italiane”, aggiungendo però di “sentire la fiducia del mister Colantuono” e quindi di pensare “di restare a Torino”. Non tanto per lui, ma per il giovane terzino sinistro granata. Le parole di Rubin colpiscono, per il loro contenuto e per la sfrontatezza che vi è insita. Nel fare dichiarazioni d’amore verso una società quando si è tesserati per un’altra (che peraltro -ma forse chiedere memoria e gratitudine è chiedere troppo- è quella che ha trovato il ragazzo in Serie C portandolo in A) ci si attenderebbe almeno un minimo di prudenza, il dissimulare quel che magari davvero si cova, ossia il desiderio di andarsene.
"Invece no. Rubin parla già addirittura delle situazioni che si verificheranno (nei suoi sogni) quando vestirà la mitica maglia rosanero, della sfida con Balzaretti, non mostra pudore nel dichiarare il suo amore per l’allenatore che lo guiderebbe, e soprattutto non nomina neppure il Torino. Non fa nemmeno quel mezzo passo indietro, sia pure di circostanza, che invece Pratali non dimentica: ricordare cioè di essere tesserati di un club. Non nascondiamo la delusione verso un ragazzo che conosciamo bene, e del quale spesso avevamo parlato come depositario di valori granata che molti dei suo compagni non avevano. Che dire, forse è meglio augurarsi, per il futuro, meno presunti “cuori Toro” e più seri professionisti.
"I tifosi che ci scrivono ne traggono invece una linea guida che vorrebbero Cairo facesse propria, e noi ci associamo: “Chi non vuole restare, se ne vada”, o “Rimanga solo chi vuole il Toro”, che è poi la stessa cosa. Parlare con un Ivan Franceschini che non si è mai permesso neppure una sillaba fuori posto -nonostante ne avrebbe avuto qualche ragione- e che non vorrebbe altro che essere ancora in granata, e sentire parole come quelle riferiteci dal collega Alaimo ieri sera, certo fa riflettere, amaramente.
"Così come fa riflettere non solo quel che c’è, nelle parole del giocatore, ma anche quello che non c’è: ossia, la professione di dolore. La colpa della retrocessione è già lavata, già scomparsa, se mai c’è stata. Quasi si fosse già dimostrato qualcosa, dopo il disastro culminato con la penultima di campionato (e quando, nelle amichevoli con i dilettanti?). Rubin vuole una grande squadra, quasi avesse già dimostrato di meritarla. Noi abbiamo intravisto (e continuiamo ad intravedere) belle potenzialità in lui, ma queste, in tutta sincerità, devono ancora essere espresse.
"Ora ci si aspetta che la società intervenga. Come? Senz’altro, con un provvedimento disciplinare. E poi? Come comportarsi con i giocatori che dichiarano a gran voce di essere insoddisfatti e di voler essere ceduti? Accontentarli per non tenere in casa possibili piantagrane, o fare come Lotito che dice “li inchiodo un anno alla panchina”? La situazione economica generata dalla retrocessione porterebbe a optare per la prima soluzione. Con tanti saluti e pochi rimpianti.
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