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…Ci vuole anche quella

La fortuna aiuta gli audaci, ma a volte aiuta semplicemente i fortunati. Non è chiaro, infatti, cosa abbia fatto ieri il Torino per meritarla: probabilmente la Dea è davvero bendata, ed elargisce secondo il puro...

Redazione Toro News

La fortuna aiuta gli audaci, ma a volte aiuta semplicemente i fortunati. Non è chiaro, infatti, cosa abbia fatto ieri il Torino per meritarla: probabilmente la Dea è davvero bendata, ed elargisce secondo il puro caso il suo aiuto. I tifosi granata, grandi di cuore, già si sentono quasi un pochettino colpevoli per il successo che la loro squadra ha trovato contro il piccolo, ammirevole Gallipoli di Giannini. Al loro posto, altre tifoserie non farebbero neppure una piega, nemmeno si sentirebbero in dovere di dire “grazie”. Questione di abitudine: stiamo parlando, se serve ricordarlo, del club che in Argentina un anno e mezzo hanno eletto “squadra più sfortunata di tutti i tempi”. Tanto per ribadire di cosa stiamo parlando, e per sottolineare come, prima di sentirsi in credito con la sorte, ce ne vogliano ben altri, di colpi di fortuna.Anche nel recente passato, perfino in questo campionato, il Toro ha vissuto anche partite dallo svolgimento opposto. Per esempio, quella interna contro il Modena. Ma, così come in quei casi non si doveva appellarsi ad un destino avverso, non è il caso di stracciarsi le vesti per una vittoria che, in quanto tale, porta comunque tre punti alla causa, e soprattutto un respiro finalmente ampio e profondo, dopo settimane di fiato corto. Mario Beretta è uno che ha detto, a precisa domanda di chi scrive, “per arrivare sesti e però dopo vincere i play-off metterei la firma subito”: insomma, in Serie A comunque, in qualsiasi modo. Apprezzabile la schiettezza di un tecnico che non afferma di voler “vincere affermando il proprio gioco”, o di dover “abbinare sempre le prestazioni al risultato”; se giocando bene è più facile vincere, e su questo non ci piove, è altrettanto vero che in Serie B molte considerazioni lasciano il tempo che trovano. E la classifica, che trovano.Il Toro è ancora malato, non è neppure convalescente. “Se non avesse avuto problemi, stareste ancora parlando con il mio predecessore, e non con un nuovo allenatore”, diceva ieri lo stesso Beretta: altre parole all'insegna del pragmatismo milanese che iniziamo a conoscere. Forse è stata sufficiente una vittoria perché la squadra sia entrata in convalescenza, e ci vorranno settimane perché il mister – sempre che vi riesca, come tutti sperano e credono – la guarisca. Le rimonte richiedono tempo, nel frattempo è importantissimo restare agganciati al treno-Serie A, fosse pure al appesi con una mano al predellino dell'ultima carrozza, perché alcuni cominciano a cadere lungo i binari, liberando posti più avanti. E' già accaduto al Frosinone, considerato ormai knock-out; da settimane sta succedendo al Padova, e chissà a chi ancora potrà toccare. Giusto comunque badare al proprio, senza confidare nei crolli altrui, guardare dunque ai propri risultati. Ai risultati, appunto; e se arrivano grazie all'aggiunta del fattore C, ben vengano comunque; le squadre che vincono normalmente lo utilizzano sempre, è il Toro l'eccezione, sempre abituato a ottenere quanto ottiene con sforzi doppi e a dispetto della malasorte.