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Con le ali si vola

MICHELE FERRERO 

Uno degli aspetti più affascinanti di questo ruolo sta nel fatto che, almeno fino al recente passato, ha offerto a tutti una possibilità di giocare a calcio. Anche chi non era dotato di...

Redazione Toro News

Uno degli aspetti più affascinanti di questo ruolo sta nel fatto che, almeno fino al recente passato, ha offerto a tutti una possibilità di giocare a calcio. Anche chi non era dotato di statura e potenza fisica, se veloce e bravo tecnicamente, poteva rendersi utile sull’ala con dribbling e cross. Il calcio moderno, basato sulla fisicità e sulla corsa, ha quasi fatto scomparire questa peculiarità: con i ritmi attuali il tipo di giocatore di fascia che piace agli allenatori è quello resistente allo sforzo prolungato, capace all’occorrenza di completare il centrocampo facendo anche interdizione in mediana. Un tipo alla Fuser, insomma, più che alla Sommese. Quasi nessuno si permette più di schierare, oltre agli attaccanti, un giocatore che agisce solo da metà campo in su: quando capita di avere uno molto forte sulla fascia, tipo Lentini, viene considerato un attaccante a tutti gli effetti, e preferibilmente schierato insieme ad una sola punta.

Ho sempre trovato divertente il tipo di calcio che tende a sfruttare le fasce laterali, anche se per praticarlo con profitto occorrono giocatori della mentalità non esclusivamente offensiva, ed un equilibrio di squadra che non si può improvvisare. Non è un caso che nei momenti migliori del recente passato granata, c’è stata sempre un’ala a far volare il Toro.

Il podio granata in fatto di ali tornanti mi sembra quasi scontato: Sala, Lentini, Asta.

Claudio Sala, il capitano dello scudetto, in fatto di cross “dal fondo” è stato il numero uno, non solo della sua epoca. Lo sapeva eseguire da entrambe le fasce, dopo un dribbling molto spesso uguale a se stesso, ma nel quale aggiungeva una impercettibile variante che lo rendeva non prevedibile. Il modulo audace con il Poeta a crossare per due punte da area di rigore è stato reso vincente dal valore e dalla continuità degli interpreti.

Gigi Lentini ha forse toccato punte ancora più elevate: nelle sue due stagioni migliori (90/91 e 91/92) è stato straripante: ha saputo unire la tecnica alla prestanza fisica come poche volte accade in un calciatore. Quelle prestazioni l’hanno reso, in occasione del suo trasferimento al Milan, il calciatore più pagato del mondo. Il cammino ad alto livello del “Conte di Carmagnola” è stato folgorante, ma molto breve. Come un lampo. E’ finito con l’incidente in Porsche, il tuono che l’ha cambiato. Tutt’altro giocatore infatti è stato il secondo Lentini, quello tornato in serie B nel 97, appesantito sia nel fisico che nella testa. Raramente ha saputo fare la differenza come ai bei tempi.

Tonino Asta è già il prodotto di un calcio diverso, è nato mediano, ha dovuto ritagliarsi uno spazio nel calcio che conta con la forza di volontà. Non è stato dotato da madre natura come gli altri due, ma è riuscito ad essere anche lui un valoroso capitano. Con Camolese, che gli ha assegnato compiti di sola spinta, ha raggiunto anche la Nazionale a trent’anni. Poi si è fermato. Per un infortunio causato da Davids, ma forse anche per la consapevolezza di aver raggiunto il massimo possibile.

Diego Fuser è stato grande altrove più che nel Toro. La sua è una carriera strepitosa che lo ha visto vincere con Milan, Lazio, Fiorentina e Parma, ma è al Filadelfia che ha imparato a giocare. Potenza fisica, facilità di corsa e di tiro, continuità di rendimento. Tutte qualità che noi abbiamo solo intuito e delle quali hanno beneficiato altri, nazionale compresa.

Stesso destino, fatte le debite proporzioni, per Franco Semioli, eterna promessa granata poi sbocciata al Chievo, quando però ha saputo potenziare il suo fisico adattandolo alle esigenze del calcio moderno. Valeva la pena aspettarlo.

La schiera dei giocatori di rango si chiude con una menzione per Vincenzo D’Amico, fantasioso e discontinuo numero 7 laziale che ha deluso nel suo anno granata, ma che ha mostrato sprazzi di classe pura. La collocazione sull’ala per lui era restrittiva, ma non di rado gli allenatori impongono sacrifici tattici nel tentativo di far coesistere due trequartisti.

Passando agli onesti giocatori il primo della lista è Claudio Sclosa, che sulla fascia sinistra, ma non solo, ha ben figurato negli anni 80. Il biondo del Filadelfia è uno dei giocatori che ricordiamo tutti con particolare simpatia, anche perché in quel periodo il Toro ci rendeva orgogliosi per il cuore che i suoi giovani sapevano buttare sul campo, oltre che per i risultati sempre dignitosi.

Nello stesso periodo in vari ruoli, ma prevalentemente di fascia, ha giocato Pileggi, portato al sacrificio tattico e non certo alla giocata ad effetto. Quella che piaceva a Dante Bertoneri, talento non espresso per intero, ma cristallino. Nell’anno della salvezza 81/82 il suo apporto fu importante anche per quantità. Poi si perse, come pure capitò a Della Morte dieci anni dopo,che non riuscì ad andar oltre una dignitosa B malgrado fosse molto quotato a livello giovanile.

Il danese Berggreen arrivò dalla Roma abbastanza spremuto, ma in un contesto positivo riuscì a non sfigurare, mentre Fortunato Torrisi, che con Bersellini ebbe qualche problema a trovare il posto fisso da titolare, fece in tempo a firmare il derby della leggenda.

Infine Carillo, che dopo aver ben figurato nell’Ascoli, si trovò in mezzo a compagni troppo più forti di lui nel suo periodo, quello della sfavillante gestione Borsano.

In seguito il Toro è calato di brutto, e la qualità dei singoli ne ha risentito, in questo ruolo in particolare. Solo Vincenzo Sommese è saltuariamente riuscito a dare un contributo accettabile, malgrado il fisico minuto.

I vari Petrachi, Ivano Bonetti, Lombardini, Claudio Bonomi (sacrificato senza colpe in nome di Lentini), Parente, Rizzato, Vanin, Ferrarese, Music sono inquietanti figure di passaggio, il cui ricordo è legato a momenti talvolta molto bui della storia granata. Pur essendo superiore a tutti questi, Nikola Lazetic non è stato per ora in grado di riaccendere la luce.

Ciao a tutti, alla prossima.

Michele