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E’ tornato

Lerda ha mangiato il panettore, contrariamente alle infauste previsioni sul suo conto che si facevano un paio di mesi fa, e se l'é pure gustato con calma; “devono averlo mangiato anche i suoi giocatori, e forse pure un po' troppo,...

Redazione Toro News

Lerda ha mangiato il panettore, contrariamente alle infauste previsioni sul suo conto che si facevano un paio di mesi fa, e se l'é pure gustato con calma; “devono averlo mangiato anche i suoi giocatori, e forse pure un po' troppo, però”, si sentiva ripetere come battuta da diversi tifosi granata incontrati ieri sera in tribuna allo stadio “Euganeo”. Uno stadio dove quelli del Toro erano tanti, circa cinquecento, a scandire cori per la squadra iniziando con un tributo ad Enzo Bearzot sul finire del minuto di silenzio (anche) a lui dedicato, tributo che non veniva compreso dal pubblico di casa, che se la prendeva con gli ospiti. Pubblico di casa che prima dello scoccare del decimo di gioco si era già ampiamente scatenato in un “venduto, venduto!” all'indirizzo di un arbitro, il signor Stefanini, che aveva il solo grande merito della sordità ai boati degli spalti, e dell'assoluta coerenza del metro di giudizio; una nota lieta, il direttore di gara.Note meno liete arrivavano dal campo, dove la squadra di Lerda sembrava la copia, forse ancora più brutta, di quella del primo tempo della gara di Trieste. Stavolta, però, la ripresa non regalava quell'improvviso succedersi di attacchi alla garibaldina che avevano caratterizzato la vittoria in terra giuliana; si continuava molli, e l'indolenza di cui solitamente viene accusato il capro espiatorio Belingheri era un po' di tutti, salvo eccezioni.Un tale atteggiamento generava timori, che a metà della seconda frazione prendevano forma sotto forma di svantaggio. L'azione parte da una scelleratezza che é parte del repertorio gasbarroniano (ieri solo croce, senza delizia), prosegue su uno dei mille errori di misura della serata granata, si conclude nel sacco, laddove Bassi non aveva ancora potuto compiere (né potrà in seguito) un solo intervento impegnativo, contro una squadra che in casa non ha mai fallito l'appuntamento con il gol (dato questo da non sottovalutare).E allora, riecco Bianchi. Che fin lì non aveva indovinato neppure uno stop, perdendo sistematicamente ogni pallone, senza riuscire neppure a controllarne uno, quasi imbarazzante non fosse per le attenuanti della condizione fisica. Rieccolo: Garofalo, che fino ad allora crossava come un Balestri qualsiasi, si ricordava come si calibra il traversone e ne metteva uno un po' arretrato, su cui il capitano compiva una torsione inginocchiata per arrivare all'impatto; prima volta che il bomber poteva guardare la porta, anziché mostrarle la schiena. Quindi, il terzino recapitava bene il pallone in mezzo, e Rolandinho saltava travolgente non trovando la porta per questione di poco. Allora decideva di fare da sé. Si sa, che a Bianchi vengono meglio i gol difficili; ma in quel che fa stupisce, oltre alla realizzazione, perfino la stessa concezione, l'idea di provare a fare quel che ha fatto. E che ha fatto volutamente, sia chiaro; stop e pallonetto altissimo, con l'esterno, un messaggio che alla squadra non dice “siamo stati bravi e abbiamo meritato”, ma che dice: “ragazzi, qua davanti ci sono io, tranquilli, sono tornato”. Come aveva fatto già all'ingresso in campo per il riscaldamento, balzando sull'erba davanti a tutti, guidandoli sotto la Maratona itinerante.