"MICHELE FERRERO
toro
Equilibrio e corsa
MICHELE FERRERO
Ai centrocampisti della recente storia granata abbiamo già dedicato due pagine, una sui registi (19 giugno) ed un’altra sui mediani (x luglio)....
"Ai centrocampisti della recente storia granata abbiamo già dedicato due pagine, una sui registi (19 giugno) ed un’altra sui mediani (x luglio). Rimangono da menzionare quei giocatori che completano il centrocampo con funzioni di aiuto sia per chi costruisce il gioco sia per chi lo distrugge. Il loro utilizzo, non più previsto in tutti i moduli, può garantire equilibrio alla squadra, e talvolta rivelarsi prezioso. Giocano, o meglio giocavano quando la numerazione era quella tradizionale, prevalentemente con il numero 8. Ma anche col 4, col 7 e perfino con l’11, senza peraltro mai incarnare la figura tipica del giocatore che indossa queste maglie.
"Zaccarelli di tutti questi è stato il simbolo. Non proprio regista (c’erano Pecci e poi Dossena al suo fianco) ma nemmeno mediano di fatica (Pat Sala e poi Ferri erano soliti sporcarsi la divisa più di lui). Renato però, prima di passare libero, stava lì in mezzo e faceva tutto: aiutava a costruire il gioco con idee non banali, ripiegava senza disdegnare il contrasto per recuperare palloni importanti e si inseriva con progressioni impetuose. Zac si rendeva prezioso dove c’era necessità tramite il suo lucido senso della posizione, ma ci sono stati giocatori che riuscivano nello stesso intento con una grande continuità di corsa, penso a Vergassola. Chiaro che sono due giocatori diversi, ma è il calcio che è cambiato, che ora privilegia la corsa e l’atletismo rispetto ai piedi buoni ed all’eleganza. L’equilibratore di gioco di qualche anno fa è ora un cursore al quale necessitano sette polmoni, ed appena cala di intensità viene bollato come un giocatore né carne né pesce. Come per esempio il Barone dell’ultimo anno: non incontrista di fatica (alla Ardito) e manco regista che si prende la responsabilità di far girare la squadra, come ha fatto Gallo quando ha giocato. Andrebbe però rivisto in un contesto più adatto, magari in un centrocampo a tre: se ha raggiunto la nazionale è un giocatore che vale, non può essere la copia sbiadita vista da noi.
"Prima ancora di Zaccarelli, anche capitan Ferrini, che io purtroppo non ho visto giocare se non nelle sue ultime partite, è stato un centrocampista universale. Non regista o mediano classico, ma sempre presente dove c’era bisogno. Fatte le debite proporzioni che il carisma del personaggio richiede, uno che lo ha ricordato per il tipo di gioco vigoroso e dinamico è stato Paolo Cristallini, che fu scovato a Pisa da Calleri e disputò un paio di buone stagioni in un Toro modesto, del quale divenne anche capitano.
"Quando penso al tipico equilibratore di gioco mi viene in mente Mimmo Caso, uno che se lo incontravi per strada non avresti mai pensato facesse il calciatore, ma che in campo poi trovavi dappertutto. E senza averti dato l’impressione che fosse arrivato di corsa. Si rese utile con Bersellini per supportare gente come Hernandez e Beppe Dossena, in quel periodo non ancora completamente portato al sacrificio per la squadra.
"La sua eredità fu raccolta da Antonio Sabato, che aveva corsa continua e piedi dignitosi, pur senza saper accendere la luce del gioco.
"Decisamente completo è stato Venturin, nato regista al Filadelfia e cresciuto mediano. Giorgio è uno che nella sua carriera, costellata anche di vittorie con la Lazio e di presenze in nazionale, ha fatto tutto e bene. E’ stato artefice di un gran bel Toro, permettendo la coesistenza di gente come Scifo, Vazquez e Lentini, con il solo Fusi in mediana. In un’ipotetica graduatoria per questo tipo di centrocampisti senza rigida specializzazione, lo metterei subito dietro Zaccarelli e prima di Vergassola, con Ferrini fuori concorso.
"Un posto di rilievo lo meriterebbe anche Sandro Cois, altro eccellente prodotto del settore giovanile. Centrocampista moderno per duttilità ed intensità di gioco, solido in mediana e propositivo nell’inserimento offensivo: il suo gol in finale di Coppa Italia è tra i più pesanti che ricordi. E’ arrivato a vestire anche l’azzurro, purtroppo ben dopo aver lasciato il Toro.
"Giocatori che si sono segnalati per un certo senso tattico sono Daniele Fortunato, il solito Antonio Comi, il cuore Toro Franco Ermini ed il dinamico Giuseppe Scienza, presenze comunque positive anche oltre la singola giocata. Ed un elemento di qualità è stato di recente anche Raffaele Longo, centrocampista di caratura potenzialmente assai superiore a quella realmente riconosciuta, ma frenato da continui e gravi infortuni.
"A parte Scarlato, la meteora svedese Lantz, e l’inguardabile Rocco (emblema della crisi del Toro targato Sandreani) in questo ruolo le vere delusioni sono stati Pecchia e Conticchio, due cursori che con Napoli e Lecce avevano offerto un discreto rendimento. Il primo era fisicamente inconsistente, aveva le gambe corte ma in compenso la lingua lunga: nelle dichiarazioni alla stampa faceva pesare il fatto di essere laureato e trapelare malumori di spogliatoio che non andrebbero mai messi in piazza. Il secondo ha avuto problemi fisici ed anche tattici, poche volte è riuscito a mostrare (nel Toro disastrato di Cimminelli) quell’abilità negli inserimenti offensivi che lo aveva portato a segnare parecchio negli anni precedenti.
"Rimangono alcuni giocatori che non hanno trovato spazio per emergere perché chiusi da titolari più importanti. Appartengono a epoche diverse ma sono accomunati dal destino, che per loro ha riservato poche presenze e molti rimpianti. Sono Pallavicini, Erba, Picci (capitano di una favolosa Primavera anni 80) Sinigaglia,Cinetti,Sesia e Vailatti, nel quale qualche tifoso molto ottimista ancora spera.
"Alla prossima e buone vacanzeMichele
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