Due punti in quattro partite sono pochi, pochissimi, una media da retrocessione. Una media che ha allontanato il Torino dalle posizioni di vertice e da una Serie A che ad un certo punto sembrava davvero alla portata. Soprattutto, la miseria racimolata negli ultimi turni sembra ancora meno di quanto non sia per il modo in cui è giunta: nei due match casalinghi, i granata hanno realizzato due reti con tre tiri in porta, e non possono certo recriminare sulla sfortuna. Possono imprecare contro se stessi, contro le espulsioni (Pestrin, Léon) che costringono un gruppo già provato a faticare il doppio, o contro la malasorte che si palesa sotto forma di infortuni occorsi a giocatori fondamentali.Ma nulla è più semplice che individuare nella solita figura la sede dove si annidano tutti gli errori e tutte le colpe. Parliamo ovviamente dell'allenatore, messo all'indice da più parti in questi giorni. E certo, da errori e “colpe” non è immune: “colpe” tra virgolette perché qualsiasi scelta viene fatta nell'interesse della squadra, che professionalmente, per un tecnico, coincide con il proprio. Scelte che spesso non vengono condivise da pubblico e critica: l'insistenza su alcuni elementi a discapito di altri, quasi ignorati; la riproposizione, continua e fallimentare, dei due fantasisti sulle fasce; la pochezza del gioco offensivo, ed altro ancora.Dunque, inevitabile torni in voga un argomento che in realtà, in casa Torino FC, non passa mai di moda: l'esonero. L'eventuale nuovo allenatore (Ferri? Noi, se proprio si dovesse cambiare, preferiremmo che ognuno facesse il suo attuale lavoro, quindi Big Jim il team manager e piuttosto Tonino Asta il mister, e lo stesso ex-difensore ha dichiarato "Io mai allenatore") sarebbe protagonista del decimo cambio in panchina dell'era Cairo; avrebbe davvero un senso, un'utilità l'operazione? Pare sia proprio il presidente il primo fautore del “sì”. Subito prima del suo arrivo, la cosa effettivamente servì: Zaccarelli portò in A il Toro che con Ezio Rossi stava scivolando. E le minestre riscaldate sono uno dei piatti preferiti dell'editore alessandrino, se consumate in panchina.Il fatto è che c'è un'altra persona che non la pensa come il proprio datore di lavoro, e questi non è uno qualunque ma il direttore sportivo della società: Petrachi ritiene che avvicendare nuovamente gli allenatori, a cinque turni dal termine, possa portare più danno che altro ad un ambiente che ha bisogno di unità e compattezza, e l'ha dichiarato a chiare lettere. E allora, si dibatte in società. Non in molti si aspettavano che Colantuono potesse essere messo seriamente in discussione nel proprio ruolo, in queste ore, in queste ultime settimane di campionato; eppure, Cairo (che pure qualche ora fa ha raffreddato l'ipotesi, che sappiamo però essere ancora "calda") sta seriamente pensando ad un passo inatteso. Anche se, pensandoci un attimo, l'esonero per un allenatore del Torino FC non è mai “inatteso”.
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Esonero: confronto interno in società
Due punti in quattro partite sono pochi, pochissimi, una media da retrocessione. Una media che ha allontanato il Torino dalle posizioni di vertice e da una Serie A che ad un certo punto sembrava davvero alla portata....
La conclusione più probabile, a nostro avviso, è che prevalga la posizione "moderata": avanti con Cola fino alla fine. Con Cairo che ha assunto toni più possibilisti, salvo poi, a freddo, fare mentalmente qualche passo indietro. Il fatto che in società si discuta dell'ipotesi può forse essere preso come segnale di un gruppo dirigenziale che non rinuncia a credere nel traguardo promozione. Ma che, in realtà, pensa già al futuro. Quale dei due? Entrambi, semplicemente.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Due punti in quattro partite sono pochi, pochissimi, una media da retrocessione. Una media che ha allontanato il Torino dalle posizioni di vertice e da una Serie A che ad un certo punto sembrava davvero alla portata....
La conclusione più probabile, a nostro avviso, è che prevalga la posizione "moderata": avanti con Cola fino alla fine. Con Cairo che ha assunto toni più possibilisti, salvo poi, a freddo, fare mentalmente qualche passo indietro. Il fatto che in società si discuta dell'ipotesi può forse essere preso come segnale di un gruppo dirigenziale che non rinuncia a credere nel traguardo promozione. Ma che, in realtà, pensa già al futuro. Quale dei due? Entrambi, semplicemente.
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