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Il destino del Chino

di Michele Ferrero

Metto subito le mani avanti prima che mi si dia del rompicoglioni. Io son contento che il Chino sia tra noi. Per una volta che arriva un giocatore di livello mondiale,...

Redazione Toro News

"di Michele Ferrero

"Metto subito le mani avanti prima che mi si dia del rompicoglioni. Io son contento che il Chino sia tra noi. Per una volta che arriva un giocatore di livello mondiale, come da tanti anni non ne vedevamo, non è proprio il caso di lamentarsi. Il ricordo di Abbruscato è ancora fresco, quello di Karic, Ipoua e Franco Ramallo nemmeno troppo lontani. Non solo: da sempre ammiro Alvaro Recoba, uno dei pochi capaci di fare spettacolo. Vi consiglio la clip delle sue perle sul sito recobamania.com e poi ditemi se non sognate al derby una pigna di quelle nel sette di Buffon.Fatta tale doverosa premessa, che Recoba sia il giocatore adatto a questo Toro proprio no. Gioca nell’unico ruolo che avevamo ben coperto, quello della mezzapunta mancina tecnica e brevilinea. Siccome Rosina e Di Michele sono anche i giocatori con più qualità della rosa granata, il jolly era meglio giocarselo in un altro ruolo, tipo centravanti, centrale difensivo o addirittura portiere. Un elemento del livello del Chino inserito in queste posizioni avrebbe infatti garantito al Toro un salto di qualità enorme, perché non avrebbe comportato la rinuncia ad un altro grande giocatore, ma avrebbe al contrario colmato una lacuna.Abbiamo già visto che l’impostazione abbastanza offensiva del nuovo Toro determina una certa fragilità difensiva. Nelle prime 3 gare ufficiali la nostra difesa, mai troppo protetta dalla squadra, ha incassato 2 gol a partita. Gli equilibri sono quindi già precari (a prescindere dal Chino) perché un 4-4-2 che prevede Rosina come quarto di centrocampo è già discretamente audace. Ammiro Novellino che non ha avuto paura a proporlo, e mi auguro che i risultati non lo costringano ad un passo indietro. Credo però che una formula con 3 mezzepunte alle spalle di Ventola sia un’esagerazione che a Monzon non passerà nemmeno per la mente, se non per pochi minuti finali in situazioni di punteggio disperate. In nome dell’equilibrio, che qualunque allenatore persegue, uno dovrà star fuori. In certi casi, dove sarà d’obbligo tenere un risultato, magari anche due. Per ora ovviamente l’escluso è Di Michele, ma quando il 31 ottobre terminerà la squalifica la decisione di Novellino sarà sempre molto difficile.Chiaro che il ventiduenne Rosina gode di un benessere fisico molto migliore: la differenza tecnica tra lui e i compagni ed il suo peso a suon di gol sulle ultime partite fanno si che la formazione del Toro in questo momento sia “Rosina più altri dieci”. La sua posizione è praticamente intoccabile. Per Di Michele il discorso è diverso, non sappiamo in che condizioni lo ritroveremo dopo i tre mesi di stop, ma se fosse quello del precampionato sarebbe davvero un peccato godercelo part-time. Anche perché è uno che i gol li ha sempre fatti.Recoba è venuto qui per giocare. Per stare in panchina l’Inter era già perfetta, con i premi della Champions e le coccole di Moratti. Ora ha voglia di sentirsi ancora giocatore vero. Novellino gli deve mezzo conto in banca, perché la brillante carriera del nostro allenatore prese il volo proprio da quella difficile salvezza ottenuta a Venezia, e propiziata da 11 capolavori di Recoba. Nel calcio però non può esistere la riconoscenza: Alvaro dovrà meritarsi la maglia sul campo, facendo pesare il suo tasso tecnico più delle sue pause. Il motivo per cui questo campione, nonostante quel sinistro fatato, ha passato una vita in panchina è infatti la scarsa, per non dire nulla, partecipazione al gioco in fase di non possesso palla. Quando ce l’hanno gli altri ti ritrovi uno in meno, ed è per questo che nessun tecnico nerazzurro gli ha mai concesso piena fiducia. I vari Simoni, Lucescu, Tardelli, Lippi, Cuper, Zaccheroni, Mancini possono essere più o meno simpatici, ma certo non tutti sprovveduti. Qualcuno di questi ci ha rimesso la panca anche per il tormentato rapporto con Recoba, idolo della tifoseria ed ammirato da tutti gli amanti del bel calcio. Il Chino è del resto un calciatore paradossale, di quelli che ti fanno vincere le partite ma ti fanno perdere i campionati. Noi abbiamo esigenze diverse, e certamente Novellino ne terrà conto: dovrà essere bravo a trasformare il rapporto franco che ha con il giocatore in un vantaggio, evitando che diventi un impedimento. Il precedente di Venezia non può fare testo: nel 99 quel fuoriclasse di 23 anni, non ancora sazio di soldi e gloria, era l’unica risorsa per sopravvivere, mentre adesso è solo il valore aggiunto di un gruppo che ha fame di crescere.Da noi granata è stato accolto come un messia, ma Recoba è da sempre destinato a dividere, l’opinione su di lui non è mai stata unanime. Dirigenti, allenatori, compagni, tifosi hanno alternato nei suoi confronti sentimenti contrastanti di amore ed odio. Personalmente, avendo addirittura una sua maglia nerazzurra numero 20 appesa in stanza insieme alle tante granata, l’ho sempre adorato. Ma non ho mai messo il mio destino nelle sue mani. Potrebbe essere una sensazione da brividi.Nel suo esordio contro la Reggina il Chino, pur in comprensibile ritardo di condizione, ci ha già fatto vedere molto di se stesso: giocate entusiasmanti (anche decisive) ed il noto disinteresse per la partita a palla lontana. Questo atteggiamento però limita molto le sue modalità di impiego: non essendo un ariete può fare esclusivamente la seconda punta, mentre la freschezza di Rosina e la mobilità di Di Michele ne consentiranno l’utilizzo anche lontano dalla porta. Inoltre scambiare spesso la posizione con Alessandro non è cosa facile: presuppone una resistenza allo sforzo prolungato tutta da costruire. Da Recoba è lecito aspettarsi di tutto, ma non mi stupirei se il suo percorso futuro continuasse anche in granata sulla falsariga del passato.Se il calcio fosse un gioco individuale Recoba sarebbe uno dei più grandi di tutti i tempi. Invece è un gioco di squadra. Lui, che si è rimesso in discussione, spero abbia dentro l’umiltà per ricordarselo. Anche a 31 anni e da campione affermato. Divertirsi è bello, ma il destino del Toro è cosa molto più importante.