"(prosegue) Se da un lato esistono gli avventurieri del calcio, i Tim Barton, dall'altro ci sono però anche le realtà solide. Rezart Taçi, per esempio, nell'immaginario pubblico è stato associato ai primi per non aver concluso l'affare-Bologna, ma in realtà è un imprenditore dotato di una liquidità molto forte, e se ha preferito tirarsi indietro con gli emiliani l'ha fatto per proprie valutazioni e non perché incapace di farvi fronte; non un Mongardini, incastrato dalla Guardia di Finanza che ha accertato come i numerosi accostamenti all'acquisto di vari club fossero in realtà solo modi di ottenere visibilità mediatica. Solo pochi giorni fa, l'ex-calciatore (ed ora dirigente della formazione magiara del Vasas) Mauro Bressan dichiarava: “In Italia non è più possibile investire nel calcio, costa troppo, ma all’estero ci sono realtà inimmaginabili e con una spesa limitata si può davvero creare tanto. Per mesi ho girato l’Europa per studiare i club, dal Belgio alla Turchia, dalla Svizzera alla Slovenia, ora ho le idee chiare e cerco investitori italiani”. Eppure, il Siena ha trovato un acquirente; si può discutere su Mezzaroma, ma un passaggio di proprietà è comunque avvenuto, nel calcio italiano.
toro
Lascia o raddoppia / 2
In seguito al susseguirsi di voci, e alle numerose e pressanti richieste, la Redazione ritiene doveroso fare il punto su tutto ciò che si sente intorno alla proprietà del Torino FC. Trattasi di un gran numero...
"E, in ultima analisi: sarà poi vero che entrare nel pallone italico costi e non produca? Il calcio è un affare inperdita? Nel particolare: Urbano Cairo ci ha perso o ci ha guadagnato, nell'acquistare il Torino (o meglio, nel diventarne proprietario)? Senz'altro, nel caso granata, la seconda. Non foss'altro perché l'”acquisto” è avvenuto a costo zero. Il che può accadere solo in caso di fallimento; ipotesi che nessuno si augura possa avverarsi una seconda volta. Ma il valore attuale del club non è molto più alto di quanto lo fosse nel 2005: i giocatori di proprietà sono pochi, le strutture non sono allegate alla confezione (tutto -proprio tutto- è in affitto), l'organigramma societario è misero. E le prospettive di guadagno, esistono? Certo che sì. Il bacino d'utenza del Torino è grande e attende solo di essere risvegliato; le tv a pagamento lo sanno, e tornerebbero presto a rendersene conto. Gli investimenti, se mirati, pososno non essere enormi, nella gestione di un club: se i 500mila euro gentilmente donati al povero Mario Beretta per 40 giorni di lavoro fossero stati destinati al settore giovanile, Comi e Benedetti avrebbero ben saputo come utilizzare tanto bendidio, per fare un esempio tra tanti.
"Dunque, ciò assodato, gli imprenditori latiterebbero davvero? Il precedente del fallimento, l'abbiamo detto, non depone a favore di un “sì”: allora non ci fu nessuno. Oggi la storia potrebbe essere diversa? Sì, potrebbe. Non ci sono certezze in merito, ma potrebbe. Ad un costo ragionevolmente basso (e qui si potrebbe aprire un nuovo capitolo, legato alle possibili pretese di Cairo in merito alla cifra richiesta per cedere) si potrebbe rilevare una società di calcio che, bene o male, non è da costruire da zero; una squadra esiste, un settore giovanile anche, tutto è da potenziare e migliorare ma non siamo alla tabula rasa del 2005. E poi, ci sono gli stadi; questione da gestire con attenzione e rispetto, ma potenzialmente portatrice di ricavi.
"Riscuote molto meno successo il nome di Luciano Gaucci. Eppure, l'ex-patron del Perugia rientrato in Italia dopo anni di latitanza è ad oggi l'unico ad aver pubblicamente ammesso il suo interesse per il Torino, e per quanto sia sempre stato soggetto piuttosto aduso alle “sparate”, chi lo conosce ci assicura che la sua volontà è piuttosto concreta. Prima di realizzarsi dovrebbe ancora passare per molte valutazioni, quindi per dialoghi con Cairo che al momento non ci sono stati, ma Gaucci è un'ipotesi che -per quanto in molti lo vorrebbero fare- non si può scartare a priori. E ben poco lo tocca l'antipatia che riscuote presso larga parte dei tifosi granata. Chi, invece, lo spingerebbe volentieri sulla poltrona (non occupata, visto che sta a Milano) di Urbano Cairo prova a far notare come alcune figure chiave dell'attuale Torino (Petrachi e Colantuono) siano legati ai trascorsi perugini dell'imprenditore romano. Ma Colantuono l'ha voluto Foschi. (2/continua)
(foto M.Dreosti)
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